Diocesi
Mons. Nolè: la via della sinodalità
L'Arcivescovo ha concluso i lavori del Convegno pastorale diocesano parlando anche delle cinque vie di Firenze e degli impegni che attendono la nostra Chiesa.
“Dobbiamo vivere la vita ecclesiale che la Chiesa ci indica con stile sinodale collaborando negli organismi di partecipazione, quali consiglio pastorale, affari economici, Caritas”. E’ la ricetta che monsignor Francesco Nolè, arcivescovo di Cosenza – Bisignano, ha dato alla fine del Convegno pastorale diocesano tenutosi ieri sera e dal titolo: “Nel nuovo umanesimo una nuova umanità”. Il presule ha auspicato un maggior protagonismo nella vita delle comunità parrocchiali per tutti i fedeli, spiegando che “sacerdoti e laici devono camminare insieme”. Tutto da solo, infatti, il Vescovo o il parroco non possono fare. Riflettendo sulle cinque vie del prossimo Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, che già nei mesi scorsi hanno coinvolto la nostra diocesi e al centro dell’assemblea diocesana di ieri, mons. Nolè ha chiesto ai presenti di “uscire”: “dobbiamo sfoltire le nostre valigie di tutto quello che è di più per andare incontro all’altro, portando tutto noi stessi e anche i nostri difetti”. “Annunciare” – l’altro verbo analizzato: “se io non ho incontrato Gesù Cristo annuncerò una dottrina, ma non sarò mai credibile e convincente, perché non porterò una testimonianza” – ha detto mons. Nolè, che alla fine ha anche augurato ai tantissimi presenti di “testimoniare Gesù in famiglia e nella comunità”.
“Abitare”, il terzo verbo: in Italia rispetto ad altri Paesi abbiamo il privilegio di una Chiesa che abita attraverso le parrocchie in tutto il territorio. Ma i nostri cristiani sono più credibili degli altri? Che uso ne facciamo di questa nostra presenza così capillare se la società vive senza Dio o facciamo leggi che vanno contro la nostra testimonianza o se in famiglia non riusciamo a entrare nell’altro? – si è chiesto il presule, sottolineando il valore delle relazioni. Relazioni importanti anche in campo educativo. Parlando anche dell’iniziazione cristiana e del verbo “educare”, mons. Nolè ha chiesto di “educare a un’umanità nuova, a un uomo nuovo. E questi non è soltanto nella cultura, nella televisione, in internet, è l’avere uno spirito nuovo”. Grande rilievo è stato dato al Battesimo e all’educazione catechetica. Si è poi rivolto ai catechisti: “cominciate dall’inizio a dare le verità della fede ai ragazzi o date per scontato, si va subito al Vangelo, alla dottrina della fede, ai testi? Vi siete interessati se i bambini sanno fanno il segno della Croce? Una volta erano i genitori a farlo, ma oggi?”. Mons. Nolè ha considerato che i giovanissimi “forse non sanno neanche i comandamenti”, e ha consigliato: “non abbiate paura di farli imparare ai ragazzi. Le prime verità della fede devono impararle”.
Per spiegare la trasfigurazione, mons. Nolè ha richiamato il brano evangelico matteano della vocazione di Levi. “Abbiamo letto il Vangelo di Matteo. Era seduto al banco delle imposte, arriva il Signore e lo chiama. Al banco delle imposte, in realtà – ricorda l’Arcivescovo – c’era Levi l’uomo vecchio che può esistere dentro di noi. Levi è un ebreo, una persona osservante, religiosa, ma non aveva incontrato il Signore. Spesso noi siamo religiosi ma non capaci di trasmettere l’incontro. Possiamo essere bravissimi, predicatori, trasmettere principi, fare una bella predica, ma alla fine non rimane nulla. Poi c’è la conversione, diventa Matteo, subito si alza e segue il Signore. E fa una festa per dire a tutti che ha incontrato il Signore, è una gioia che non può tenere per sé”. L’augurio di mons. Nolè, alla fine, è di “testimoniare il Signore nelle famiglie e nelle parrocchie”.