7 ottobre, un anno dopo. Il mondo che rivendica civiltà, diritti umani e libertà dovrà vergognarsi

"Perdere la speranza è estremamente pericoloso": è il monito lanciato dal vicario della Custodia di Terra Santa, in un articolo pubblicato ieri sul quotidiano palestinese Al-Quds, la testata più diffusa nei Territori palestinesi. Il Sir ne ripropone una sintesi con l'appello: "Tutti i leader e i popoli amanti della pace devono unirsi e agire prima che questo sottile filo di speranza si spezzi"

È tornato il 7 ottobre, si è compiuto un anno intero di una guerra feroce che devasta non solo le persone, ma anche la terra già ferita. Ogni alba di ogni nuovo giorno di quest’anno ha portato con sé la speranza che questo odio potesse finire, che la macchina della distruzione si fermasse, che i governanti recuperassero il senso di responsabilità e che, per una volta, il mondo potesse tradurre le parole in azioni.  Purtroppo, la macchia e il fango della guerra si sono allargati. Dopo il tragico attacco del 7 ottobre, la violenza è continuata a Gaza e si è estesa in Cisgiordania, Libano e nell’intero Medio Oriente, proseguendo in una fase ancora più oscura di quella precedente.

Dove stiamo andando? Le soluzioni pacifiche in questo mondo sono davvero finite? Chi si aspetta che la Terra Santa venga svuotata del suo popolo? I sostenitori della guerra stanno aspettando di rimanere soli con i loro simili? Questa è la terra per cui Dio Onnipotente ha voluto la pace, ma questo dono è stato forse rifiutato dall’umanità? Purtroppo, questo è il quadro della realtà in Palestina e in Medio Oriente oggi. Dopo 35 anni di servizio nell’amata Terra Santa, mi rendo conto che questa nuova e dolorosa esperienza è diversa da tutte le precedenti. Non solo per l’enorme distruzione e per l’enorme numero di vittime innocenti, ma per ciò che vedo negli occhi delle persone: disperazione e mancanza di speranza.

Ricordi. La mente mi riporta a tutto ciò che ho vissuto in questa terra, con la sua gente, in questi lunghi anni. Abbiamo vissuto la prima Intifada, con sacrifici e con sofferenze, e ancora la prima e la seconda Guerra del Golfo, con tutte le sue conseguenze.

Ricordo leader con una visione pragmatica che hanno dimostrato di essere impegnati e responsabili per raggiungere un obiettivo alto: la pace per il loro popolo. Governanti che hanno dimostrato di lavorare con e per la loro gente, e non di sfruttarla. Hanno intrapreso azioni di pace molto coraggiose, superando tutte le avversità per il bene del proprio popolo. 

In quelle esperienze la speranza, la determinazione e le sfide erano vissute pienamente e non sono annegate nel mare della violenza. Ma il male doveva tornare, scatenando la seconda Intifada, che fu crudele, feroce, distruttiva e letale. Non risparmiò uomini e terre, pietre vive e pietre della memoria della Terra Santa. La gente ha vissuto l’amara esperienza di un assedio, con grandi restrizioni e condizioni difficili, ma anche allora questo popolo ha mantenuto la speranza, strumento di fede per tornare nuovamente a ricostruire e a rinnovare il cammino verso la libertà della dignità umana. I giorni passano, e il mondo sembra sottrarsi sempre più ai suoi obblighi.

Fase del conflitto decisiva. Il potere del male è tornato a diffondere il suo veleno, riuscendo questa volta a infliggere un colpo quasi fatale. Non solo alle pietre e alle persone, ma al concetto stesso di determinazione, di sfida e di speranza, che questo popolo ha portato avanti come esempio per il mondo. Questa fase del conflitto è decisiva, e dopo questa guerra la Terra Santa non sarà più la stessa.

Perdere la speranza è estremamente pericoloso.

Mi sconvolge l’esodo delle famiglie, in generale, e dei cristiani, in particolare, specialmente a Betlemme. Migliaia di bambini uccisi, e altre migliaia sono rimasti orfani. Questi bambini vivranno immersi nell’angoscia della morte, nell’oppressione e nel dolore ogni giorno della loro vita, se riusciranno a sopravvivere. Le cifre sono enormi e non fanno sperare bene. La guerra non riguarda solo eserciti, missili, ma anche crisi economica e distruzione di tutte le aspettative e occasioni della vita.

Verità amare. Per quanto riguarda Gaza e i suoi abitanti, purtroppo, tutto ciò che è accaduto è indescrivibile. Questa guerra deve finire e chiediamo a Dio che ciò accada presto. Verranno alla luce verità amare e dolorose, insieme a cifre scioccanti di morti e di distruzioni, aumenteranno disabili e orfani, migranti e sfollati.

Il mondo che rivendica la civiltà, i diritti umani, la libertà e tutti quei valori di cui tanto si vanta, dovrà vergognarsi.

I potenti del mondo saranno ricordati dalla storia per questi omicidi e per questa distruzione e dovranno vergognarsi. Che civiltà é questa? Persone innocenti vengono uccise fisicamente, uccise dalla fame e per un solo peccato: essere nati in Terra Santa.

Scenario di morte. Viviamo in un contesto internazionale di disinteresse e di indifferenza per i popoli oppressi dalle guerre, in cui lo scandalo del commercio delle armi nasconde gli interessi di pochi: sono queste alcune delle ragioni per cui siamo precipitati in un baratro? Il declino continuerà, a meno che questa società non si svegli, non torni in sé e non utilizzi tutte le sue risorse, tutto il suo potere, per fare pressione sulle parti coinvolte, affinché questa tragedia giunga finalmente al termine. Quello che rappresentava la bellezza e la particolarità dell’Oriente in generale, e della Terra Santa in particolare, è diventato uno scenario di morte.

Preghiamo perché chi governa passi dalle parole ad azioni concrete e consapevoli. Se la speranza si perde nell’amata Terra Santa e scompare anche altrove, chi potrà mai riportarla indietro?

Un futuro per l’interesse di pochi. Chiunque pianifichi e semini questa quantità di distruzione, senza preoccuparsi delle persone, delle loro vite, del loro presente e del loro futuro, sta costruendo un futuro che serve solo ai suoi interessi e a chi sostiene la morte e la devastazione. Si sono poste le basi per far allontanare dalla propria terra chi ha diritto a una vita dignitosa, rispettosa dei valori umani. Si cerca di liberare la terra degli avi di questo popolo, per far spazio al desiderio di potere?  E se ci riusciranno, li vedremo continuare sulla stessa strada, questa volta contro quelli che una volta erano i loro alleati. Un albero buono produce frutti buoni, e un albero cattivo produce frutti cattivi, e ogni albero si riconosce dai suoi frutti.

È per questo che tutti i leader e i popoli amanti della pace devono unirsi e agire prima che questo sottile filo di speranza si spezzi per sempre.