Chiesa
Dialogo con gli ebrei. Tra Gerusalemme e Roma una nuova tappa di amicizia e fraternità
Presentato al Papa il documento “Tra Gerusalemme e Roma – Riflessioni sui 50 anni dalla Nostra Aetate” che una delegazione formata da tre delle principali istituzioni rabbiniche internazionali. "Noi ebrei consideriamo i cattolici come nostri partner, come stretti alleati, amici, fratelli nella comune ricerca di un mondo migliore che sia benedetto dalla pace, dalla giustizia sociale e dalla sicurezza”. Monsignor Ambrogio Spreafico (Cei) parla di documento "storico": "È la prima volta che l’ebraismo ortodosso fa un documento ufficiale in risposta non solo a Nostra Aetate ma alla storia di dialogo con il mondo ebraico che il documento conciliare ha messo in movimento”.
C’è chi parla di documento storico. Chi di un piccolo miracolo. E chi di un testo uscito al momento giusto, frutto di due anni di lavoro. È il documento intitolato “Tra Gerusalemme e Roma – Riflessioni sui 50 anni dalla Nostra Aetate” che una delegazione formata da tre delle principali istituzioni rabbiniche internazionali – la Conferenza dei rabbini europei, il Rabbinato centrale d’Israele, il Consiglio rabbinico d’America – ha consegnato a papa Francesco. Per la prima volta – ed è per questo che lo si può definire storico – il rabbinato ortodosso internazionale ha dato una risposta unitaria sul tema del Dialogo interreligioso con la Chiesa cattolica. “Nonostante le inconciliabili differenze teologiche, noi ebrei consideriamo i cattolici come nostri partner, come stretti alleati, amici, fratelli nella comune ricerca di un mondo migliore che sia benedetto dalla pace, dalla giustizia sociale e dalla sicurezza”, si legge nel documento.
Grande amico degli ebrei, fin da quando era arcivescovo di Buenos Aires, il Papa ascolta, saluta. È contento. I tempi sono maturi. Ebrei e cattolici – dice – “nel corso degli ultimi decenni” si sono potuti “avvicinare, dialogando in modo efficace e fruttuoso” e soprattutto intensificando tra loro “i vincoli di amicizia”. Ci sono, tra gli altri, rav Pinchas Goldschmidt, rabbino capo di Mosca e presidente della Conferenza dei rabbini europei, il vicepresidente e rabbino capo di Roma, rav Riccardo Di Segni, rav Ratzon Arusi, presidente della Commissione del Rabbinato centrale d’Israele per i rapporti religiosi, rav Elazar Muskin, presidente del Consiglio rabbinico d’America. Nel testo, da una parte si ricordano le sofferenze patite per secoli dalla minoranza ebraica a causa dell’antisemitismo di matrice cristiana, dall’altra si riconoscono i grandi passi avanti fatti dalla Chiesa nel riconoscere le proprie responsabilità, culminate nella Nostra Aetate (1965): dichiarazione con cui cinquant’anni fa la Chiesa “ha iniziato un processo di introspezione che ha sempre più spogliato la sua dottrina da qualsiasi ostilità verso gli ebrei, consentendo di far crescere fiducia e amicizia tra le nostre rispettive comunità di fede”.
Dichiarazioni importanti, anzi “storiche”, dichiara monsignor Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone e presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, perché “è la prima volta che l’ebraismo ortodosso fa un documento ufficiale in risposta non solo a Nostra Aetate ma alla storia di dialogo con il mondo ebraico che il documento conciliare ha messo in movimento”. E aggiunge: “È chiaro che nel preambolo loro parlano anche della storia passata e, quindi, della sofferenza e della persecuzione vissuta, ma mettono in risalto come la Chiesa cattolica in questi anni ha riconosciuto le radici della sua fede nell’ebraismo e affermato che il dono dell’Alleanza di Dio con il popolo ebraico è irrevocabile”. “Forte” è poi il passaggio in cui gli ebrei definiscono i cattolici “amici e fratelli”. “È questa alleanza di Dio con l’umanità – spiega il vescovo Spreafico – a renderci tutti fratelli”. La diversità permane e, come afferma il rabbino Di Segni, il dialogo teologico tra Chiesa cattolica ed ebraismo è “comunque e sempre nelle sue fonti asimmetrico, nel senso – spiega il vescovo – che mentre per noi l’ebraismo è alla radice della nostra fede, non così per loro è il cristianesimo”. Ma il testo – ed è questa la grande novità – indica anche vie di dialogo concrete soprattutto nell’impegno condiviso a liberare le religioni da ogni deriva di fondamentalismo e le società moderne da ogni forma di violenza. “Viviamo tempi di oscurità, segnati da conflitti e minacce di guerra, e pervasi da paura, resistenze, e purtroppo anche nuove forme di razzismi”, osserva sempre Spreafico. “Ed è proprio alla luce di questi tempi che si può comprendere il valore di un documento di questo genere perché sottolinea che o noi ci convinciamo che l’unica via alla pace è il dialogo oppure perderemo la sfida. È quello che papa Francesco e la Chiesa sottolineano in continuazione: l’unica via alla pace è il dialogo”.
Parla di “piccolo miracolo”, padre Norbert Hoffmann, segretario della Commissione vaticana per i rapporti religiosi con l’ebraismo, che a Pagine Ebraiche commenta: “Mai prima d’ora tre organizzazioni rabbiniche ortodosse avevano parlato in modo unitario e così positivo della promozione del dialogo. Leggere parole come ‘stretti alleati, amici, fratelli’ è molto importante”. Concorda Di Segni, secondo il quale “il documento rappresenta la possibilità di fare insieme alla Chiesa delle cose concrete nel mondo”. È Goldschmidt a tracciare vie di impegno condiviso: “La libertà religiosa – dice – è sempre più minacciata ed ebrei e cattolici hanno un doppio fronte comune contro cui combattere: da una parte, l’estremismo secolare; dall’altra quello religioso”. Il riferimento è a quei movimenti xenofobi che colpiscono le libertà religiose e confondono, ad esempio, l’Islam come religione con il radicalismo; dall’altra, proprio alla minaccia della versione estremizzata e distorta dell’Islam, “che fa vittime in Medio Oriente e in tutto il mondo”. “Il nostro impegno con la Chiesa – dice Arusi – deve poi fare in modo di mobilitare più persone possibili affinché cessi questo odio costante verso l’altro, verso lo straniero”.