Chiesa
La carezza del papa ai sacerdoti italiani
I preti sono la cerniera della sinodalità e della cura delle ferite matrimoniali, stanno in trincea ma devono sentirsi amati veramente dai loro Vescovi
Una carezza, una attenzione ai sacerdoti. Fra i tre argomenti proposti all’attenzione dei pastori italiani, quasi come cerniera del suo discorso tra sinodalità vera e cura delle ferite familiari, il papa ha posto la sua attenzione ai sacerdoti.
Che i preti stiano nel cuore del proprio Vescovo, non solo quelli adulatori o più presenti nelle stanze ovattate. Questo l’invito di papa Francesco ai presuli italiani per quella schiera di preti che stanno in trincea e che sono la spina dorsale delle Chiese che sono in Italia. Il papa ha chiesto un accesso diretto alla paternità, una presa di coscienza che essi (come ricorda il rito di ordinazione) sono fra i più preziosi collaboratori, ma che necessitano anche di una cura particolare. Questo rapporto vero costituisce, a parere del papa, una questione vitale per la chiesa stessa e Francesco riconosce che “alcuni vescovi fanno fatica a stabilire relazioni accettabili con i propri sacerdoti, rischiando così di rovinare la loro missione e addirittura indebolire la stessa missione della Chiesa”.
E qui innesta il comandamento dell’amore. Quasi per far risentire a tutti, sacerdoti e vescovi, da una parte e dall’altra, la risposta che Gesù ha dato al giovane che chiedeva lumi sull’amore e su chi è il prossimo: ai vescovi il papa ha ricordato che “il prossimo più prossimo” è proprio quel suo prete. Un prete giovane o anziano, nel pieno del vigore o incappato nei briganti della storia, del peccato, della critica o dell’errore. E’ proprio lui quello da amare di più, da cercare così come si deve cercare ogni pecorella che si smarrisce.
Un pastore vero ha detto con chiarezza il santo Padre “vive in mezzo al suo gregge e ai suoi presbiteri, senza discriminazione e senza preferenze, e sa come ascoltare e accogliere tutti senza pregiudizi”. Di qui la necessità di “non cadere nella tentazione di avvicinare solo i sacerdoti simpatici o adulatori e di evitare coloro che secondo il vescovo sono antipatici e schietti; di consegnare tutte le responsabilità ai sacerdoti disponibili o ‘arrampicatori’ e di scoraggiare i sacerdoti introversi o miti o timidi, oppure problematici”.
Poi il grido d’allarme, la campanella suonata a tutti vescovi: “I nostri sacerdoti si sentono continuamente sotto attacco mediatico e spesso ridicolizzati oppure condannati a causa di alcuni errori o reati di alcuni loro colleghi e hanno vivo bisogno di trovare nel loro vescovo la figura del fratello maggiore e del padre che li incoraggia nei periodi difficili”.
La cura per i preti è quella dell’amore, dell’attenzione non vera, che però nasce da cuori che sanno davvero amare, esercitare la paternità, soffrire per essa, attendere come il padre Misericordioso alla finestra, correre verso il figlio che torna a casa, uscire ancora verso l’altro che ancora non ha capito.