L’omelia pronunciata da Giovanni Paolo II allo stadio di Cosenza il 6 ottobre 1984

In occasione del quarantennale della visita del Pontefice Santo in Calabria, che sarà accompagnata dal peregrinatio di una reliquia, punnlichiamo l'omelia pronunciata da Giovanni Paolo II il 6 ottobre 1984 allo stadio San Vito di Cosenza. 

1. “La vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele; gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita” (Is 5, 7).

La liturgia odierna è dominata dall’immagine biblica della vigna. Nel canto del profeta Isaia e nella parabola evangelica che abbiamo ora ascoltato, possiamo intravedere tutta la storia della salvezza, in ogni sua fase: possiamo leggere la storia delle alterne vicende dell’uomo, le sue infedeltà, le sue ingratitudini, ma soprattutto possiamo ammirare le molteplici e continue manifestazioni dell’amore di Dio per l’uomo, amore sempre fedele, sia nell’antica che nella nuova alleanza.

Dio aveva scelto per sé un popolo, il popolo di Israele; con lui aveva stabilito un’alleanza e gli aveva dato leggi, capi, sacerdoti, profeti che lo aiutassero nel cammino verso la terra promessa, la liberazione dalla schiavitù, la salvezza.

Ma il popolo eletto non è stato fedele all’alleanza; non ha corrisposto all’amore di Dio; non ha ascoltato i suoi profeti; non ha osservato le sue leggi. La vigna così ben coltivata e curata avrebbe dovuto produrre uva buona, invece “essa fece uva selvatica”. Il Dio dell’alleanza aspettava dal suo popolo giustizia “ed ecco spargimento di sangue”, attendeva rettitudine “ed ecco grida di oppressi”. Ma nonostante tutto ciò, Dio non ha mai abbandonato il suo popolo, gli è rimasto fedele, ponendosi sempre dalla sua parte.

2. Nella vicenda del popolo eletto si riflette tutta la storia dell’umanità e la stessa storia di ciascuno di noi. Noi, che siamo la vigna del Signore, quanta uva selvatica abbiamo prodotto, invece dell’uva buona! Quanti odi e vendette, spargimenti di sangue, furti, rapine, sequestri di persone, ingiustizie e violenze di ogni genere!

Di fronte a questa triste realtà, le espressioni del salmo responsoriale accendono una luce di speranza; il popolo eletto comprende il suo peccato e la sua ingratitudine e si rivolge al Dio dell’amore e della fedeltà per invocare perdono e aiuto; “Dio degli eserciti, volgiti . . . / proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato . . . / Da te più non ci allontaneremo, / ci farai vivere e invocheremo il tuo nome. / Rialzaci Signore . . . fai splendere il tuo volto / e noi saremo salvi” (Sal  79).

Ecco, il salmista parla col linguaggio della conversione e della contrizione. È la vigna del Signore che grida, a colui che l’ha piantata e coltivata, il suo pentimento, la sua implorazione di aiuto e di salvezza.

Essa vuole rigenerarsi e rinnovarsi. Questo deve essere l’atteggiamento di chi vuole dare un senso alla propria vita: riconoscere il proprio errore e il proprio peccato, riconciliarsi con Dio e convertire il proprio cuore al disegno di amore e di salvezza che egli ha per noi.

3. Al canto del profeta e del salmista fa seguito l’insegnamento di Gesù di Nazaret. Con lui si attua il disegno di Dio per la salvezza dell’uomo. Tutto ciò che i profeti avevano preannunciato come prospettiva in lui si compie e si realizza a beneficio di tutta l’umanità. Il significato della vigna non è più limitato alla casa di Israele, ma comprende tutti gli uomini della terra senza distinzione alcuna.

La parabola riferita nel Vangelo di oggi è drammatica perché in essa si parla anche di violenza e di morte; ma il suo epilogo si apre alla speranza perché la morte del figlio del padrone prefigura quella del Cristo da cui il mondo è stato redento.

“Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: avranno rispetto di mio figlio!” (Mt 21, 37). Ma quei vignaioli uccisero pure lui.

Con la morte del Figlio di Dio si avvera il canto della vigna, già da secoli intonato dal profeta Isaia, e il suo valore salvifico entra nell’economia della nuova alleanza, in cui si inaugura una nuova stagione della storia della salvezza; la vigna del Signore incomincia a vivere una nuova vita, e un popolo nuovo è chiamato a far parte del regno di Dio.

4. Nell’immagine della vigna, la Chiesa vede anche se stessa. Nella costituzione apostolica Lumen Gentium la Chiesa è anche rappresentata come il podere o “il campo di Dio” (1 Cor 3, 9).

Questa nuova vigna, che è la Chiesa, è chiamata dal Padre a portare i frutti della redenzione e della salvezza in ogni tempo e in ogni luogo. Deve portare questi frutti in ogni uomo.

Nell’immagine della vigna, eternamente amata da Dio, ritroviamo ognuno di noi, ritroviamo il popolo di Dio, ritroviamo la Chiesa che è in Calabria, la Chiesa che è in Cosenza e Bisignano e che saluto cordialmente: l’arcivescovo monsignor Dino Trabalzini, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i giovani che sono la speranza della Chiesa cosentina, i lavoratori, i rappresentanti della cultura, gli anziani e gli ammalati.

Rivolgo un deferente pensiero anche alle autorità civili e militari, con i numerosi sindaci presenti.

La storia religiosa della Calabria ci dice che questa porzione della vigna del Signore ha accolto il messaggio del Vangelo fin dal primo secolo, producendo molti frutti, permeando di spirito cristiano gli animi, la vita, la cultura, l’arte, il folklore della sua gente. Questa storia ci ricorda figure di uomini santi che hanno arricchito con la loro spiritualità non solo la Chiesa di Calabria ma tutta la Chiesa di Cristo: ricordiamo san Nilo e san Bartolomeo di Rossano, che sono le figure più rappresentative del monachesimo cenobitico italo-greco; san Bruno che, pur provenendo da Colonia, in Calabria diede impulso al monachesimo certosino, fondando la certosa di Serra San Bruno, che ieri con commozione ho potuto visitare; san Francesco di Paola, fondatore dell’ordine dei Minimi, che fu il santo dell’umiltà e della carità più vicino al cuore della gente di Calabria.

Anche nei tempi recenti la vivacità dei cattolici cosentini ha dimostrato che questa vigna del Signore sa produrre i suoi frutti: basti ricordare i sacerdoti Carlo de Cardona e Luigi Nicoletti, animatori intrepidi del movimento cattolico calabrese, che sotto la spinta della Rerum novarum e della Quadragesimo anno, seppero promuovere iniziative sociali di grande rilievo per la promozione dei lavoratori.

5. Ma ora è necessario guardare al presente, ai frutti di redenzione e di salvezza che la Chiesa in Calabria – e qui la Chiesa cosentina – deve produrre per l’uomo del nostro tempo; per far fronte alla nuova realtà sociale e religiosa, diversa dal passato, forse più carica di difficoltà, ma anche più ricca di potenzialità, è necessario un lavoro pastorale moderno e organico che impegni intorno al vescovo tutte le forze cristiane: sacerdoti, religiosi e laici, animati dal comune impegno di evangelizzazione e promozione umana.

Si impone innanzitutto un lavoro di catechesi per una continua formazione delle coscienze cristiane dei fanciulli, dei giovani e degli adulti; una catechesi solida, fondata sull’autentica dottrina della fede, che dia all’uomo di oggi le motivazioni più profonde della propria adesione a Cristo e al suo insegnamento.

Una valida azione pastorale deve promuovere con impegno l’assidua partecipazione dei fedeli alla vita liturgica e sacramentale, con particolare riguardo alla celebrazione della domenica, giorno del Signore: è qui che la vita cristiana, attraverso l’alimento della parola di Dio e del pane eucaristico, cresce, si irrobustisce e diventa portatrice di testimonianza in mezzo al mondo.

Mediante un continuo itinerario formativo di catechesi e una vita liturgica vissuta secondo le norme stabilite dalla Chiesa, va ricuperato quel vasto fenomeno della religiosità popolare che, se liberato dalle eventuali incrostazioni superstiziose, costituisce una grande ricchezza spirituale delle genti di Calabria; le feste religiose e i pellegrinaggi ai santuari, se ben preparati e guidati, sono occasioni propizie di formazione e crescita nella vita religiosa.

L’impegno di apostolato, per essere credibile ed efficace, deve produrre nella Chiesa e nei cristiani l’esigenza della testimonianza; non vi può essere frattura o contraddizione tra la fede cristiana e tutte le implicazioni che essa ha nella vita di ogni credente. La Chiesa e il cristiano sono portatori di luce, e la luce è fatta per illuminare: “Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa” (Mt 5, 15).

La Chiesa di Calabria, con la sua ansia religiosa e pastorale, deve essere presente nella realtà sociale di questa terra. La Chiesa ha una grande missione da compiere dinanzi all’uomo e alla società.

La Chiesa deve aiutare l’uomo e la donna di Calabria a rinvigorire il senso della propria dignità umana, il senso dei propri diritti e doveri, il senso morale del rispetto dei diritti altrui, il senso della giustizia e della solidarietà nei rapporti umani e sociali.

La Chiesa deve avere un’attenzione particolare alla pastorale della famiglia, perché questa comunità di vita e di amore corrisponda al disegno di Dio, conservi la sua stabilità, sia difesa e culla della vita nascente, adempia al compito primordiale e originario di educazione umana e religiosa dei figli e sia insieme cellula della società e chiesa domestica.

6. In una città come Cosenza, che ha un’antica tradizione culturale di grande prestigio, e dove oggi ha sede una delle più importanti università statali italiane, l’impegno della Chiesa per la cultura deve avere un posto preminente. I cristiani devono animare col loro apporto la cultura dell’uomo moderno, quella cultura cioè che costruisce il modo di essere dell’uomo e della società, quella cultura che con tutte le sue interrelazioni e influenze è capace di creare una più elevata qualità della vita.

Vi sono poi le scuole cattoliche che qui in Cosenza svolgono un ruolo insostituibile per la formazione culturale e cristiana della gioventù; come pure la scuola di servizio sociale e la scuola di teologia per laici.

C’è poi l’impegno della Chiesa per la giustizia sociale. In questa regione la questione sociale si chiama “questione meridionale” e più specificamente “questione calabrese”. Si tratta di una questione che investe complessivamente tutti gli aspetti della vita di un popolo: c’è l’aspetto economico relativo al diverso grado di sviluppo tra Nord e Sud d’Italia, c’è l’aspetto sociale riguardante le differenti condizioni di vita delle popolazioni meridionali, c’è l’aspetto morale legato a talune forme di comportamento e a talune manifestazioni di criminalità, vi sono tante preoccupazioni sociali, la prima delle quali è oggi la disoccupazione, e in particolare quella giovanile e intellettuale, che richiedono urgentemente di essere sanate.

Di fronte a questi problemi la Chiesa non può tacere, non può restare assente o indifferente. La Chiesa e i cristiani hanno il dovere di porsi in prima fila nel denunciare le ingiustizie ma soprattutto per creare una forte coscienza morale, sociale e politica, che susciti concrete iniziative.

7. Avendo davanti agli occhi tutta questa problematica, mi rivolgo ancora una volta alla parola di Dio per trarre incoraggiamento e sostegno.

San Paolo ci invita a non angustiarci ma, in ogni necessità, ad esporre a Dio le nostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti.

Ed ecco ancora san Paolo: “Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri. Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi!” (Fil 4, 8-9).

Si, cari fratelli e sorelle!

Il Dio della pace sia sempre con voi!

Estendo questo augurio, unitamente a un cordiale saluto, anche ai membri della Comunità italo-albanese di rito greco dell’eparchia di Lungro, convenuti numerosi a questo incontro, accompagnati dal loro vescovo, monsignor Giovanni Stammati.

Carissimi, desidero esprimervi il mio sincero affetto e quello di tutta la Chiesa; conosco le vostre vicende storiche, apprezzo le vostre doti di fortezza, di fierezza e di gentilezza. Con le Chiese sorelle vostre vicine abbiate relazioni fraterne e raggruppatevi organicamente con esse, in modo speciale in seno alla conferenza episcopale. Con mutuo rispetto arricchitevi a vicenda dei vostri tesori propri, perché in tutta la Calabria il nome di Cristo sia sempre meglio conosciuto e il suo messaggio più pienamente compreso e vissuto.

Nel ricordare il vostro nativo legame con l’Albania, la terra patria così ricca di tradizioni culturali e religiose, così vicina al di là delle sponde dell’Adriatico, auspico che la vostra presenza qui, nell’accogliente e amata Italia, sia per i cristiani di quella nobile nazione, e anche per quanti vi professano la fede in Dio, come una luce che indica la speranza di un avvenire migliore, quando la libertà religiosa allieterà il cuore di tutti i credenti.

La liturgia odierna è dominata dall’immagine biblica della vigna. La vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele. La vigna del Signore è la nostra carissima Calabria. Che sia sempre amata da Dio creatore, da Dio redentore, come fu amata la vigna di cui parla il profeta Isaia. Così, carissimi fratelli e sorelle, auguro durante questa celebrazione eucaristica a tutti voi, alla vostra Chiesa di Cosenza, di tutta la Calabria e, tramite la Chiesa, a tutto l’amato popolo di questa regione.

Il Dio della pace sia sempre con voi tutti. Amen.