Diocesi
Grazie, coraggio, rialziamoci
Il messaggio al popolo di Dio dell'Arcivescovo di Cosenza-Bisignano Francesco Nolè
Grazie, popolo santo di Dio della Chiesa di Cosenza-Bisignano!
Popolo di battezzati, di Sacerdoti e di Consacrati.
Popolo ferito, provato, infangato, ma non corrotto nè disperato;
popolo santo e peccatore, in cammino con Cristo, nell’umiltà della conversione quotidiana, verso la Pasqua di Risurrezione.
Grazie perché avete manifestato in mille modi a me e alla nostra amata Chiesa Diocesana che l’amore a Cristo e la fedeltà a Lui passa anche e soprattutto attraverso la prova della sofferenza e dell’umiliazione.
«L’umiltà, per essere vera deve essere provata dall’umiliazione», ha detto Papa Francesco qualche settimana fa in una delle sue omelie a S. Marta; essere umiliati è una grazia che ci permette di riconoscere i nostri limiti, correggere i nostri errori e, con animo contrito, riprendere il cammino della salvezza. Grazie dunque per la vicinanza, la preghiera, l’affetto e l’incoraggiamento che avete dimostrato in questi giorni di prova!
Ma ora vi dico: Coraggio!
Trasformiamo il fango che ci hanno buttato addosso in mattoni per costruire una Chiesa nuova, bella, trasparente, gradita al Signore e testimone della sua misericordia.
Con la vostra preghiera e la vostra vicinanza è più facile rialzarsi e riprendere il cammino, con le lacrime agli occhi e la gioia nel cuore, memori delle Parole del Signore che ci ammonisce e ci rassicura: «Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo. Mostrati dunque zelante e ravvediti. Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3, 19-20).
E’ profondamente vero e personalmente sperimentato quanto afferma il mio Predecessore, Mons. Salvatore Nunnari, che in coscienza ritengo completamente innocente rispetto a questa vicenda, anche se brutalmente aggredito ogni giorno su certa stampa denigratoria: «alla fine un Vescovo è un uomo solo, profondamente solo e, nel silenzio a volte opprimente delle sue stanze deve pur trovare la forza di andare avanti ed affrontare le mille storie di solitudine che arrivano alla porta della sua casa».
Ho chiesto perdono a tutti, a nome di tutti i sacerdoti, per gli errori commessi e lo scandalo che alcuni di noi vi hanno procurato, amplificato poi dai mezzi di comunicazione; ma non è giusto generalizzare e colpire indistintamente la Chiesa che, in quanto tale, è santa, perché è del Signore. Così come ha scritto don Maurizio Patriciello, il prete della terra dei fuochi, della diocesi di Aversa, su Avvenire di Sabato 17 febbraio: «noi preti non dobbiamo mai dimenticare che le nostre parole, i nostri gesti, le nostre scelte, hanno un peso grande e terribilmente diverso dalle cose dette e fatte dai fratelli laici».
Noi siamo figli e servi (inutili) di questa Chiesa e non ci è permesso sporcarla con i nostri comportamenti sbagliati, ma abbiamo bisogno del vostro perdono e della vostra preghiera per invocare dallo Spirito Santo il dono della fortezza e la grazia della fedeltà!
Mettiamoci in ascolto della voce stessa di Gesù Maestro, il quale ha detto: «è inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono. E’ meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!» (Lc 17, 1-3)
E oggi, con gli strumenti potenti della comunicazione mediatica, certamente Gesù aggiungerebbe: guai a colui che diffonde e amplifica, distorce e mortifica la verità, sotto le mentite spoglie del diritto di cronaca! Quando la verità è rispettata e la dignità della persona non calpestata, ben venga la cronaca e l’informazione per una piena conoscenza della verità dei fatti; ma quando è usata in modo improprio e parziale, per colpire nel mucchio, senza rispetto e senza possibilità di replica, quando si vuole trasformare la piazza mediatica in tribunale della verità, allora non ci stiamo.
Avvertendo gli Scribi e i Farisei di oggi che anche Gesù fu chiamato a giudicare una donna adultera in piazza «per metterlo alla prova», come dice il Vangelo, quale sarebbe la sorpresa?
«Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra contro di lei. E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino all’ultimo. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Donna dove sono? Nessuno ti ha condannata? Nessuno, Signore. E Gesù le disse: neanche io ti condanno». (Gv 8, 6-11).
Ecco la sorpresa: gli accusatori se ne vanno coperti di vergogna, l’accusata riceve il perdono e l’ammonizione: «Va’ e non peccare più!» (Gv 8, 11).
L’accusata si converte e inizia una nuova vita; i farisei e gli scribi, invece, come ci racconta il Vangelo, continuarono a tendere insidie e ad accusare Gesù fino ad ottenerne la condanna a morte. Ma il terzo giorno Egli è risuscitato e ci ha salvati tutti, consegnandoci come figli adottivi all’unico Padre celeste!
Allora, fratelli e sorelle carissimi, con S. Pietro, peccatore pentito e perdonato, riconciliato con quel Gesù che aveva rinnegato, vi ripeto anch’io: «Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che i vostri fratelli sparsi per il mondo subiscono le stesse sofferenze di voi. E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, egli stesso vi ristabilirà, dopo una breve sofferenza vi confermerà e vi renderà forti e saldi». (1Pt 5, 8-10). Il Signore della Misericordia, infatti, «non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva!» (Ez 33, 11).
Voglio perciò, con gratitudine e fraterna riconoscenza, riportare la recente riflessione di don Patriciello:
«Anche l’Arcivescovo di Cosenza ha sentito il bisogno di chiedere perdono per alcuni preti che avevano sbagliato. Ancora una volta c’è chi sbaglia e chi deve arrossire il volto e correre ai ripari. Anche il Presbiterio della Chiesa di Cosenza è amareggiato e addolorato. Non è giusto però generalizzare. Chi sbaglia, chiunque sia, non l’innocente, deve avere il coraggio di farsi avanti, assumersi le proprie responsabilità, chiedere umilmente perdono, accettare di pagare gli errori commessi e, per quanto possibile, rimediare in qualche modo. Cristo è in agonia fino alla fine del mondo. E’ vero! La Chiesa, sua sposa, lo segue sulla via della croce. Nel condannare con fermezza questi ed altri abusi, chiediamo al Signore la grazia della fedeltà, della carità, della verità, per tentare di tamponare le sue ferite sanguinanti e lenire le sue sofferenze».
Parole taglienti come lama e vere come il Vangelo, dettate da un amore appassionato alla Chiesa e alla verità, scritte da chi vive e soffre per lo scandalo dei fratelli, senza giudicarli e senza farsi maestro, ma nella carità che purifica ed edifica, rafforzando quel vincolo di comunione che deve avvolgere la vita dei nostri Presbiteri. Grazie, don Maurizio, per questo servizio alla verità nella carità.E noi vogliamo affidare ancora una volta la nostra vita e la nostra vocazione a Lui, Gesù Buon Pastore, con la materna vicinanza di Maria, Avvocata dei peccatori e Madre nostra amorosissima, invocando l’intercessione dei nostri Santi Protettori.
«Ritorniamo a Lui, il Signore ci aspetta tutti a braccia aperte» ci ripete il nostro Patrono S. Francesco di Paola. Aspetta proprio tutti, le vittime dello scandalo e chi ha scandalizzato, e anche chi si è reso cassa di risonanza dello scandalo, senza calcolarne le nefaste conseguenze.
Coraggio, Chiesa di Cosenza-Bisignano!
Alzati, canta e cammina, e va’ incontro al tuo Signore che ti aspetta a braccia aperte per ricoprirti col suo manto di misericordia, convinta che tutti, anche se peccatori, siamo sempre figli suoi!
Cosenza, 18 Febbraio 2018
+ Francesco Nolè, Arcivescovo