Omelia dell’Arcivescovo Nolè: Maria ci salva ancora oggi!

Il testo integrale pronunciato dall'Arcivescovo alla comunità diocesana in occasione del 30° anniversario del patronato della Madonna del Pilerio

OMELIA

Mi unisco ai saluti e ai ringraziamenti del Vicario e, in particolare, ai confratelli Vescovi e al vicario dell’Eparchia di Lungro padre Pietro. Porgo i miei saluti alle autorità civili e militari qui presenti: desidero porgere il mio  saluto a coloro i quali ci stanno ascoltando in diretta dalla Radio diocesana: ammalati, anziani e persone che non hanno avuto la possibilità di essere qui presenti: li salutiamo e preghiamo Maria Santissima per loro, ma anche con loro. Perché per la nostra Diocesi e, in particolare, per Cosenza Santa Maria del Pilerio è così importante? Gli storici ci citano tre date importanti nella storia della Chiesa cosentina: nel 1576, Maria si dimostrò talmente pietosa verso il popolo cosentino che soffriva la peste, a tal punto da dare un segno tangibile a un fedele che pregava:  Maria intervenne portando guarigione.

E, oggi, noi siamo gli eredi di coloro che allora pregarono con fede e per questa ragione furono salvati. Ma altre due date importanti: il 1783 e il 1854 quest’ultima volta, il 12 febbraio, Maria ha difeso Cosenza da un terribile terremoto e per questo ogni anno la ringraziamo, perché Maria ci salvò dalla distruzione. E ci auguriamo che continui a salvare ancora. 

Ma oggi la peste che cos’è? Non sarà forse la corruzione a tutti i livelli? Non sarà forse la delinquenza e la malavita organizzata? Privata e non solo organizzata! Non sarà un uso improprio e dannoso dei mezzi di comunicazione, che spesso uccidono moralmente le persone? Non sarà forse una dipendenza mortale da alcool, droga, gioco d’azzardo da parte dei giovani e, soprattutto da parte degli adulti, dei genitori loro stessi genitori, i quali dovrebbero guidarli e orientali e salvarli? La peste, oggi, forse non sarà una certa indifferenza ai valori morali e cristiani con conseguente scadimento della vita sociale, politica e istituzionale, ecclesiale? Non sarà forse una coscienza anestetizzata, dove tutto è permesso e giustificato? Non sarà forse un’indifferenza, un egoismo e una chiusura nel privato  che ci isola? Non dovremmo, invece, essere più capaci di accogliere l’altro? Non sarà forse una forma di peste l’indifferenza dei genitori, che non educano più i figli a una vita morale cristiana e ai valori sociali? E i terremoti, dunque, che cosa sono? Forse, non sono i ripetuti scandali pubblici e privati, familiari e sociali, ecclesiali che minano la convivenza civile e il sentimento di fraternità all’interno della chiesa diocesana e del nostro clero? Non sarà forse la grave infedeltà perché non si ha l’umiltà di obbedire, sapendo che Cristo stesso ha imparato l’obbedienza dalla sofferenza? Perché ogni obbedienza costa sofferenza, anzitutto a Lui , a Cristo stesso l’obbedienza è costata la vita. Ma per obbedire ci vuole umiltà e coraggio. L’umiltà di non sentirsi onnipotenti e il coraggio di chiedere perdono. E i terremoti non saranno, dunque, le ripetute infedeltà nel nostro ministero di vescovi e presbiteri e religiosi, ma anche nelle istituzioni pubbliche? E i genitori non sanno più quale direzione prendere, perché vedono i figli stimolati a vivere una vita superficiale e desiderosi di guadagni facili. I terremoti a livello personale sono determinati  dall’orgoglio e dalla superbia, dall’arrivismo e dalla sete di potere, che ci impediscono di vedere l’altro come un fratello.

Abbiamo bisogno, quindi, di rimetterci a pregare affinché Maria ci liberi  nuovamente da questi mali morali e sociali. I rimedi: stiamo celebrando la messa in onore di Maria e ci affidiamo a Lei: ma ho voluto mantenere la parola di dio odierna, perché il Signore questa Parola l’ha data a noi proprio oggi questa parola e oggi ci dice che, anzitutto, c’è bisogno di una conversione personale, come quella di Paolo che la racconta bene nelle lettera ai Galati e che prima di convertirsi perseguitava la Chiesa e i cristiani.

Ma, poi, ha ascoltato e seguito il Signore e si è convertito. L’altro rimedio: Marta e Maria: ognuno di noi è chiamato a mettere in luce queste realtà. Marta è colei che accoglie generosamente Gesù a casa sua e la sorella Maria, invece, rappresenta la preghiera: prima è necessario accogliere il Signore. Tuttavia, ogni gesto di generosità deve poi essere fatto in nome di Dio, altrimenti è filantropia: dura un giorno e poi passa. Pregare e poi agire deve essere, dunque, lo stile di vita del cristiano e l’ispirazione viene dalla Parola. L’uomo ha bisogno di Cristo e di salvezza altrimenti portiamo all’altro noi stessi e non Cristo. E Cristo lo possiamo portare solo se lo abbiamo dentro di noi con una preghiera assidua e solo se abbiamo intimità con lui.  Dobbiamo fare il pieno della Parola di Dio. Senza preghiera non ci può essere azione.

La Madonna in questo è stata modello: da Madre a discepola del Figlio-Maestro. Maria ci conduce a Gesù perché lo ha ascoltato. Voglio citare due santi: Benedetto che diceva ai suoi “ora et labora”, cioè prega e poi agisci. La salvezza di Cristo non può passare se non attraverso lo Spirito;  san Francesco d’Assisi, di cui il Santo di Paola fu discepolo nell’ispirarsi come antesignano delle missioni popolari. Francesco d’Assisi gli fu modello di preghiera: il Poverello, infatti, dopo aver ricevuto le stimmate, venne definito “preghiera vivente”. Che cosa ha dato Francesco all’umanità attraverso l’ascolto della Parola e la contemplazione del Crocifisso? Tanti frati, religiose e laici che si sono ispirati al suo carisma che è quello del Vangelo.

E quanto bene ha fatto alla Chiesa Francesco a tal punto da essere reso partecipe della passione di Cristo e, poi, della sua gloria? Allora, l’insegnamento di Maria e Marta, come quello Francesco indica la via per arrivare alla salvezza: preghiera e azione. Il Cristiano, quindi, deve trovare un tempo per pregare, per agire, per contemplare e per lavorare, per ringraziare e per chiedere perdono a Dio ogni giorno. Affidiamo, dunque, a Maria la nostra diocesi e la nostra vita e la nostra santità sull’esempio di tanti figli di questa terra.

+ Francesco Nolè

Arcivescovo Cosenza-Bisignano