Territorio
Banco Alimentare, la forza di un miracolo
Oggi in Seminario il convegno per celebrare i venti anni del servizio in Calabria. Parla il direttore generale Gianni Romeo.
Il Banco Alimentare della Calabria, nato a Cosenza nel 1996, svolge la sua attività da 20 anni in modo ininterrotto e con una presenza capillare in tutta la Regione attraverso una sede direzionale ubicata a Montalto Uffugo (CS) e 4 sedi provinciali, una per ogni provincia, cui collaborano circa 30 volontari, 6 dipendenti, 2 ragazze a progetto e 6 giovani in servizio civile. Il 17 giugno, al Palacultura Giovanni Paolo II del Seminario di Rende, il Banco celebra i 20 anni della sua attività alla presenza anche di monsignor Francesco Nolè. Un traguardo significativo, di cui abbiamo parlato con Gianni Romeo, tra i fondatori a Cosenza e oggi direttore generale Banco Alimentare della Calabria.
Che bilancio possiamo fare di questi venti anni?
Il bilancio è senza dubbio assai positivo, nel senso che potremmo parlare veramente di quella “forza di un miracolo”, per usare un’espressione usata da Papa Francesco quando l’anno scorso ha ricevuto tutta rete italiana dei Banchi Alimentari. Quello che noi facciamo non è il miracolo dei pani e dei pesci che ha fatto Gesù, però la nostra azione si avvicina molto a questo significato, nel senso che noi in questi anni siamo venuti incontro a tantissima gente. C’è un bisogno così devastante e diffuso in tutta la nostra regione, la più povera economicamente secondo i dati, e c’è un esercito di bene e un fiume di carità cui attingono veramente tantissimi fratelli che vivono in condizioni di disagio e di sofferenza.
Qual è il vero miracolo del Banco Alimentare?
La cosa eccezionale è avere l’onore di servire questa causa molto più grande di noi. Anche il fatto di essere un’opera partita da uno sparuto gruppo di persone che però nel tempo, senza aver avuto finanziamenti, è andata crescendo e si è diffusa in tutta la nostra regione in maniera capillare. È la nostra prima sorpresa vedere come col tempo il Banco è cresciuto fino a diffondersi come una rete, su tutto il territorio regionale. Questo grazie alla rete nazionale della Fondazione Banco Alimentare, che per noi è una rete di fecondità e di unità fondamentale.
Come siete nati?
Quando siamo nati alcuni di noi eravamo già impegnati nel sociale, il Banco è nato proprio da questa sensibilità. Quando c’è stata la possibilità nel ’96 di diffondere prima era fermo a Caserta, abbiamo preso al volo questa opportunità e attualmente arriviamo ad aiutare oltre 120 mila persone. Qui non ci siamo in gioco solo noi e le nostre possibilità, ma siamo convinti che è la mano della Provvidenza che ha operato in questi anni e opera attraverso le nostre umili e fragili persone. La sensazione è quella dello stupore per come il Padreterno si serve di noi per il suo disegno.
Fra i vostri vari interlocutori, le parrocchie hanno un ruolo importante.
Proveniamo dall’esperienza cristiana, il nostro primo interlocutore a Cosenza fu l’allora Vescovo monsignor Dino Trabalzini. Ricordo che, quando andammo a trovarlo, ci disse con la sua prudenza: “siete conviti che questa cosa funzioni?”. Poi dopo qualche mese ci è arrivato l’aiuto del Vescovo, 13 milioni dati al Banco Alimentare. Da questo è stato un crescendo nel rapporto con le diocesi. A noi piace avere questo confronto, non soltanto offrire la possibilità di avere beni alimentari, ma anche coltivare un dialogo sul senso che ha la carità oggi, soprattutto per indagarne l’impatto su chi ha bisogno. Il nostro gesto di carità diventa un modo per creare un dialogo con chi, stretto da tanti drammi, rischia di essere sopraffatto dalle difficoltà e di essere tagliato fuori dalla società. Le Caritas svolgono un ruolo fondamentale soprattutto nei paesi più piccoli.
Quali sono le povertà oggi?
La problematica è abbastanza vasta, tanta gente non ha lavoro, ma ci sono anche tante forme nuove di povertà: pensiamo all’immigrazione, ai divorziati, a chi perde il lavoro a 50 anni.
Quali sono le aspettative e i progetti futuri del Banco Alimentare della Calabria?
Le aspettative sono quelle che questo lavoro venga maggiormente riconosciuto soprattutto dalle istituzioni. Crediamo che di questo ci sia bisogno per avere un impatto più organico e forte. Vorremmo che le Istituzioni prendessero più sul serio le difficoltà della gente, perché ci rendiamo conto che tante volte si sfrutta la povertà a mò di spot elettorale. Questa è una delle cose che ci fa più male. Vorremmo che ci fosse uno sforzo continuo, perché noi da soli non possiamo sconfiggere la povertà. Possiamo incontrare tanta gente e dare una parola di speranza e un aiuto concreto ad alleviare, ma le richieste sono tantissime, la crisi ancora morde e occorre che anche le istituzioni si mobilitino con un vero e proprio piano.