Salute mentale, 17 milioni di italiani in sofferenza

Un dato in linea con la popolazione europea che conta un 27% di individui che "ha sofferto una forma di disordine mentale nel corso dell'ultimo anno". La ricerca Caritas "Liberi tutti! Salute mentale: non gabbie ma dignità per i malati" resa nota per il 10 ottobre, Giornata mondiale della salute mentale. In Italia riflettori puntati su depressione, schizofrenia, disturbo bipolare e abuso di alcol.

“Il 27% della popolazione europea ha sofferto una forma di disordine mentale nel corso dell’ultimo anno, con un impatto economico stimato complessivamente intorno ai 798 miliardi di euro. Fra le persone colpite nel Vecchio Continente solo una su tre sceglie di curarsi, e meno del 10% dei soggetti interessati arriva a rivolgersi a uno specialista”: questo dato decisamente allarmante, se pensiamo a cosa significa in concreto che 3 cittadini europei su 10 soffrono di disagio mentale, lo si trova in apertura del dossier “Liberi tutti! Salute mentale: non gabbie ma dignità per i malati”, curato da un team di ricercatori di Caritas Italiana sotto la guida del direttore don Francesco Soddu. La ricerca viene resa pubblica in occasione del 10 ottobre, Giornata mondiale della salute mentale voluta dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), e analizza il tema della salute mentale a livello internazionale, europeo e con un approfondimento in particolare su Serbia e Montenegro, dove Caritas italiana ha avviato programmi di sostegno. Uno dei primi dati che viene evidenziato riguarda la spesa pubblica media annua pro-capite nel mondo per le cure psichiche, che oscilla dai 2 dollari per i paesi con reddito medio-basso ai 50 dollari per i paesi ad alto reddito. In molti paesi europei ancora oggi la società risponde alla presenza di malati psichici con l’internamento in strutture manicomiali, luoghi – dice Caritas – formalmente di “cura” ma dove prevalgono l’isolamento e a volte la violazione di basilari diritti umani e terapeutici.

In Italia 17 milioni di persone coinvolte. A fronte del rischio che l’opinione pubblica consideri “marginale” il tema del disagio psichico, il dossier spiega che tra le principali cause di disabilità, ben quattro sono legate alla salute mentale: depressione, schizofrenia, disturbo bipolare e abuso di alcol. In particolare la depressione costituisce la quarta causa di disabilità nel mondo e da sola rappresenta il 12% del carico di malattia a livello globale. Non si tratta quindi di quei “pochi pazzi” che hanno bisogno di cure e magari di essere segregati in luoghi di contenimento, bensì di un numero tendenzialmente crescente di persone che sperimentano difficoltà a livello interiore, che possono tramutarsi in vero e proprio disturbo mentale anche grave. Al 23° congresso dell’Associazione europea di psichiatria (Epa) del marzo 2015, è emerso che entro il 2030 le patologie psichiatriche saranno le malattie più frequenti a livello mondiale. I disturbi mentali già attualmente contribuiscono al 26,6% della disabilità totale e riguardano, solo in Italia, circa 17 milioni di persone. Del resto il Mental Health Atlas (atlante della salute mondiale), pubblicato dall’Oms nel luglio scorso attesta che nel mondo circa 1 persona su 10 soffre di disturbi mentali, ma solo l’1% della forza lavoro sanitaria mondiale lavora su queste tematiche. Anche guardando alla legislazione statale in materia, la situazione appare piuttosto difficile. Solo il 68% dei paesi membri dell’Oms ha una strategia governativa in tema di salute mentale; appena il 51% ha una legge apposita; soltanto il 41% degli Stati ha elaborato e messo in atto un programma definitivo di prevenzione del disagio mentale. In Italia, come si sa, con il varo della legge 180 del 1978, conosciuta come “legge Basaglia” (dal nome dello psichiatra che ne è stato il principale ispiratore), si è scelto di mettere al centro dell’interesse la persona del malato psichico. La decisione di procedere a una progressiva chiusura dei manicomi, compresi gli “ospedali psichiatrici giudiziari” (soltanto 6 sono ancora parzialmente funzionanti), ha comportato il passaggio dall’internamento fino ad allora prevalente alla cura dell’individuo nella propria comunità, appoggiandosi ad apposite strutture sanitarie che purtroppo non in tutte le regioni sono state realizzate e implementate. Del resto, a livello europeo e mondiale sono ancora numerosi i manicomi, a dimostrazione che non si è ancora registrato un allineamento nelle procedure terapeutiche su scala globale, sia per motivi economici sia per scelte sanitarie precise dei vari governi. La diffusione di malattie mentali. Alcuni dati forniti dal dossier sulla situazione in Europa (Italia compresa, che si colloca attorno al dato medio continentale) ci dicono quanto il problema sia serio e molto diffuso. L’1-2% dei cittadini europei soffre di varie forme di psicosi, in pari misura per uomini e donne, mentre il 5,6% della popolazione maschile e l’1,3% di quella femminile presentano disturbi da uso di sostanze stupefacenti. Si registra un po’ dovunque l’incremento dei casi di demenza senile, attorno al 5% delle persone con più di 65 anni e il 20% degli ultra-80enni. I disturbi mentali in senso lato rappresentano il 44% delle prestazioni sociali e delle pensioni di invalidità in Danimarca, il 43% in Finlandia e Scozia, il 37% in Romania e il 25% nella Repubblica Moldava. I tassi di occupazione per le persone con problemi di salute mentale in Europa variano dal 18% al 30%. Quanto alla presenza di manicomi, come già detto, l’Italia ne ha ormai solo 6 parzialmente in funzione (gli Opg), mentre in numerosi altri paesi tali strutture resistono. Ad esempio, in Serbia ce ne sono 5 (su 7 milioni di abitanti) con 2.981 pazienti, cioè 1 paziente ogni 2.415 abitanti, media considerata molto elevata.