Il pane del giorno prima

Questo il progetto presentato dall'Anteas di Cosenza per partecipare al Bando delle Idee indetto dalle Acli che destineranno un fondo straordinario con i proventi del 5xmille per contribuire alla realizzazione delle migliori idee presentate da associazioni, parrocchie e gruppi di persone. Il progetto è focalizzato sulla ridistribuzione dei prodotti da forno invenduti il giorno prima.

L’obiettivo del progetto dell’Associazione Nazionale Tutte le Età Attive per la Solidarietà di Cosenza è quello di recuperare il pane e i prodotti da forno invenduti ma ancora perfettamente utilizzabili per il sostegno alle fragilità sociali presenti sul territorio e per implementare un reale supporto solidale di prossimità. Il progetto si sviluppa su tutto il territorio del comune di Cosenza attivandosi in una prima fase nella zona urbana con il successivo sviluppo verso le frazioni corollario ricadenti nella stessa area. La realizzazione del progetto può essere sintetizzata nelle seguenti azioni: 1) monitoraggio, individuazione e selezione delle imprese di panificazione presenti sul territorio di riferimento;2) adesione e coinvolgimento attivo delle imprese di panificazione 3) stesura e firma di protocolli di intesa fra l’Amministrazione Comunale, Anteas e Acli e le imprese che collaborano al progetto e conseguente rilascio di un’attestazione di partecipazione che si concretizza in un adesivo di riconoscimento con i loghi delle associazioni Acli e Anteas.4) comunicazione e promozione del progetto; 5) distribuzione dei voucher ai cittadini disagiati seguendo il criterio della cosiddetta “porta sociale” 6) esternalizzazione del servizio per n. due giorni alla settimana in cui i forni convenzionati, mettono a disposizione gratuitamente pane e altri prodotti da forno ancora del giorno prima ma ancora edibili alle persone in stato di disagio economico; 7) monitoraggio del progetto; 8) disseminazione dei risultati: per la trasparenza; per la replicabilità su altri territori comunali; per incrementare la tipologia dei beni alimentari da distribuire e per una valutazione oggettiva del progetto per calibrare eventuali punti di debolezza e valorizzare i punti di forza.

Qual è l’utilità sociale?

L’idea progettuale è destinata alle persone e alle famiglie che vivono in uno stato di povertà ed emarginazione, e che hanno, per ragioni di ordine economico, un limitato accesso a beni essenziali e primari, ovvero a beni e servizi sociali d’importanza vitale. Possono considerarsi beneficiari diretti tutti quei soggetti che, trovandosi in condizioni di difficoltà, non sono in grado di provvedere all’acquisto di beni di prima necessità. Sono altresì beneficiari indiretti tutte le imprese che aderiscono all’iniziativa e che si rendono protagonisti delle responsabilità verso il prossimo, mediante interventi di natura sociale, grazie all’utilizzo di beni di prima necessità inutilizzati e ancora integri; di natura economica poiché permettono alla persona in difficoltà di consumare un bene essenziale; di natura ambientale infatti il recupero di alimenti ancora perfettamente commestibili impedisce che questi divengano rifiuti. Beneficiario indiretto è anche il territorio, poiché in esso si attiva una rete locale e solidale, dinamica e stabile, tra mondo profit, non profit ed istituzioni, formata da solide interazioni e scambi di beni e valori attraverso il dono. Il che fa assumere al bene invenduto un valore relazionale, oltre che socio-assistenziale. L’azione del progetto si fonda sui principi di fiducia e solidarietà tra i soggetti coinvolti, in questo modo la società civile, la società politica e la società economica dialogano a stretto contatto, concretizzando capitale sociale e si realizza così una forma concreta e sostenibile di economia della reciprocità, permettendo di identificare una risposta unica a due problemi che caratterizzano la realtà locale: lo spreco e la scarsità di risorse.

Come coinvolge la comunità?

Il coinvolgimento della comunità viene realizzato in una duplice modalità: i gestori dei forni attraverso il dono del “bene pane” attivano la loro solidarietà e nel contempo configurano il loro atto come esempio verso la comunità. I risultati raggiunti all’interno della comunità saranno: a breve termine: l’offerta di un servizio di sostegno all’emergenza a medio termine: per i soggetti che usufruiranno del servizio una riduzione dell’impatto economico sulla propria spesa, risorsa che a medio termine potrà essere destinata al soddisfacimento di altri bisogni. a lungo termine: ampliamento e potenziamento della rete sociale ( no-profit, profit e pubblico) per estendere il progetto ad altre realtà con servizi consolidati e con tipologie di beni alimentari diversificati.

A quali bisogni del territorio risponde?

La crisi economica, la disoccupazione, la precarizzazione delle situazioni di lavoro e la contrazione dei consumi espongono sempre più individui ad una condizione di vulnerabilità e povertà. L’analisi sul Rapporto sulla Povertà in Italia evidenzia una situazione generale peggiorata proprio a partire dalla data di inizio della crisi e cioè il 2008. Ma se a un primo colpo d’occhio è l’11,1% delle famiglie definite relativamente povere ed il 5,2% di quelle povere in termini assoluti a fare più effetto più dirompente è il 7,6% di popolazione che nel viene definita come “quasi povera”. Questa percentuale, infatti, mostra come la crisi della società salariale moderna, l’indebolimento delle regolazioni collettive e delle forme di protezione assicurate dalle politiche sociali, nonché la crisi dei legami sociali e familiari, abbiano finito per moltiplicare la vulnerabilità, allargando le fasce sociali soggette a rischio ed accrescendo l’ansia nei confronti del futuro. In particolare è di evidente rilevanza come la zona di vulnerabilità si sia amplificata fino a superare e raggiungere la sfera dell’integrazione: sono coinvolte in queste nuove situazioni di “povertà” soggetti con un’apparente sfera di stabilità di vita sociale e professionale che si ritrovano in un breve lasso di tempo a confrontarsi con emergenze legate alla precarietà e alla disoccupazione. Il crollo economico con il conseguente suo peso di fallimenti e instabilità allarga il cratere della povertà non più solo per i poverissimi o per le persone afflitte da problemi, ricomprende anche le vite della classe media: un evento problematico di uno dei soggetti coinvolge in modo completo tutto il nucleo familiare e porta alla insicurezza ( e spesso alla malattia depressiva) e all’emarginazione più soggetti incrementando il numero dei poveri. Lo scenario sociale contemporaneo, caratterizzato da competitività, concorrenza, riduzione delle possibilità di impiego, contratti precari e aticipici, pensioni minime e indicizzati al costo della vita, cassa integrazione e stipendi non corrisposti, lavoro sommerso, si presenta come una piattaforma in cui le persone vivono, loro malgrado, una precarietà permanente e una insicurezza perpetua in assenza di un mercato del lavoro organizzato. L’esclusione sociale è diventato quindi un processo che non condanna più solo i soggetti che si collocano ai livelli più bassi della stratificazione sociale, ma anche quel “ceto medio” che inserito nel circuito del lavoro e del consumo si trova per una circolarità perpetua della crisi economica, ora privo di supporti, di appartenenza e di legami sociali. “Ciò che era impossibile un tempo oggi può verificarsi con qualche probabilità: si può essere poveri pur con la casa ed il lavoro” . Tutto ciò è ancora più esplosivo in un territorio come quello cosentino che nei numeri della disoccupazione fa emergere tutta la sua drammaticità. Considerando i dati emersi da una specifica analisi condotta dall’assessorato comunale alla coesione sociale guidato dall’assessore Alessandra De Rosa, in città sono circa 4.000 le famiglie che vivono in uno stato di nuova povertà, quindi al di sotto di quella soglia minima che consente una vita dignitosa. E sono circa 10.000 i cosentini che su 70.000 possono essere collocati nella fascia dei nuovi poveri. Il 15% della popolazione ( Fonte Lavocecosentina.it). Per rispondere a tale emergenza è necessario attivare una rete di attori sociali che operino nell’ottica del principio di sussidiarietà e accolgano anche inedite forme di solidarietà e responsabilità sociale: gli enti profit e le istituzioni pubbliche, a loro fianco la rete del volontariato e del Terzo Settore per coinvolgere il territorio e per rendere la comunità consapevole del problema e dotarla di nuovi strumenti per attivarsi.