Territorio
La spiritualità del Pettoruto
Il mese di settembre è sempre meta di pellegrinaggi. A inizio del mese la festa annuale che richiama diverse migliaia di persone.
“L’aria frisca settembrina
E la genti s’avvicina
Porta iurj e pecurelle
Mamma mia, quantu sii bella”.
Questa è la strofa di un canto popolare composto negli anni ’60 e prodotto dalle edizioni musicali fratelli Giordano di Cosenza, che nel mese di settembre, dedicato alla Madonna del Pettoruto, spesso ascoltiamo dalla Voce dei devoti della Madonna che si recano in pellegrinaggio in questo sacro luogo, situato alle pendici di monte Mula nella verdeggiante gola del tumultuoso fiume Rosa. È un via vai di gente che sale dalla valle fino alla spianata della bianca facciata della basilica del Pettoruto. Questo rituale abbastanza identico si ripete nel mese di settembre di ogni anno e soprattutto nei giorni di domenica. Nei miei oltre quarant’anni di servizio pastorale in questo antico santuario, ho avuto modo di ammirare ed accogliere i gruppi in pellegrinaggio provenienti da molti paesi dalla terra di Calabria e dalle confinanti regioni meridionali di Campagna, Puglie, Basilicata e Sicilia. Molti di essi, particolarmente caratteristici si sono stampati così profondamente nella mia memoria che sarebbe difficile cancellare. È impossibile descriverle tutti in un breve articolo – ricordo come questo. Ne riporto, per adesso almeno, soltanto alcuni. Come dimenticare i gruppi provenienti da Acri – Bisignano, chiassosi e ballerini, ma generosi e fortemente attaccati alle tradizioni della Madonna del Pettoruto. Il pellegrinaggio di Corigliano Calabro la cui devozione alla Madonna del Pettoruto è talmente forte che in molti famiglie, come anche a Lungro, al nome Maria che portano le ragazze aggiungono Pettoruto. I pellegrinaggi appunto delle zone dei paesi albanofoni, che giungono al Santuario nei loro sgargianti e ricchi d’oro dei loro tradizionali costumi. Il pellegrinaggio della zona di Cetraro, Buonvicino, Verbicaro, Aieta – Tortora, che hanno effettuato il loro pellegrinaggio con l’offerta dei ceri alla Madonna e dell’agnellino adornato di nastri colorati (“ le zagarelle”), tradizione questa che ormai va perdendosi, come mano mano che il tempo passa, va perdendosi, con mio grande dispiacere la preghiera del suonatore di zampognia, organetto e tamburello. Come dimenticare il pellegrinaggio di Paola e zone Alto – Tirreno con il capo gruppo che, novello Giosuè radunava i partecipanti al suono del corno. Come dimenticare lo stanco e curvo suonatore di cornamusa che in ginocchio davanti alla Madonna proteso in un profondo inchino faceva l’ultima sua serenata alla Madonna. Ma voglio ricordare per questa volta un pellegrinaggio particolare fatto nell’anno 2000 Giubileo Mariano da alcune famiglie di Longobardi composto da persone davvero preparate all’evento pellegrinaggio. Lo notai questo dal modo come loro avevano gradito l’accoglienza nel Santuario nonostante l’avessero trovato un po’ in disordine per i grandi lavori di ristrutturazione di tutta la zona Sacra. Ma lo notai soprattutto per la devota partecipazione alle celebrazioni. Ragazze dagli occhi vivaci e dalla mente intelligente vestite con abiti coloratissimi, oggi ormai donne, che ritornano compiaciute al Pettoruto, forse non per la stessa accoglienza ma per aver trovato il Santuario completamente restaurato e con la Basilica perfettamente in ordine.
Per la vita cristiana e per far crescere sempre più in noi la persona di Gesù è sempre bello e utile andare dalla mamma nei suoi Santuari perché sarà lei a condurci per mano al suo figlio Gesù.
Il Santuario del Pettoruto, poi favorisce la realizzazione del pellegrinaggio per la sua particolare posizione, per le bellezze dei monti sempre verdi che lo circondano, per la quiete e il silenzio che l’avvolgono e l’invito alla preghiera e al raccoglimento, lontano dal rumore della vita della Valle.
* Parroco di San Sosti e Rettore del Santuario del Pettoruto