A Cosenza una giornata di sensibilizzazione sui tumori rari

L'inrevista all'oncologo Salvatore Turano dell'Annunziata

Sensibilizzare la comunità medico-scientifica calabrese su patologie rare come i tumori endocrini o i sarcomi dei tessuti molli, è stata la principale finalità della giornata di convegno svoltasi lo scorso sabato, presso la Sala Nova del Palazzo del Governo in Piazza XV Marzo, intitolato “NET e STAM. rare ma non troppo. Approccio multidisciplinare alle neoplasie a bassa incidenza”. Abbiamo intervistato uno dei due organizzatori scientifici della giornata, l’oncologo dott. Salvatore Turano, che assieme al collega dott. Serafino Conforti, entrambi specialisti dell’U.O.C. d’Oncologia medica dell’Annunziata di Cosenza diretta dal dott. Salvatore Palazzo, hanno messo a confronto medici specialisti provenienti da diverse parti d’Italia per affrontare l’argomento.

Partiamo dal tema del convegno: NET. (tumori endocrini) e STM, (Sarcomi dei Tessuti Molli) sono patologie “rare ma non troppo” perché oggi rispetto al passato si diagnosticano di più o perché sono in aumento?

È un tema che sentiamo vicino e per questo stiamo sentendo l’esigenza di metterci a confronto con altri specialisti calabresi e non: i tumori rari rappresentano il 20% rispetto a tutti i tumori, mentre tutti i sarcomi rappresentano l’8% e i NET intorno al 4%. E quindi, sommati assieme questi dati, si ricava una percentuale d’incidenza importante che l’oncologo si trova ogni giorno a dovere valutare. Quindi può capitare che ci sia una percentuale importante di tumori rari. Magari uno specialista in ambulatorio vede un sarcoma, un altro un tumore neuroendocrino costituendo in questo modo un quinto dell’attività clinica.

Dato che sono patologie che richiedono un approccio multidisciplinare di più specialisti, quanto è importante creare maggiori legami tra ospedali di riferimento e ospedali periferici?

Un po’ in tutte le patologie oncologiche si procede in questo modo: c’è una legge nazionale la quale dice che i pazienti non possono essere valutati più nel rapporto uno a uno, ma devono esserlo nell’ambito di team multidisciplinare. Questo in Francia avviene al 100% dei casi, in Italia meno e in Calabria ancora meno. Questa realtà poi è ancora più vera nel caso dei tumori rari, perché non tutti hanno le competenze necessarie per gestire questi casi. E da questa presa di coscienza prende il via, con delibera regionale del 2015, la Rete Calabrese dei Tumori Rari (ReCaTuR) con lo scopo di mettere in collegamento la rete oncologica calabrese di cui l’Annunziata è il referente territoriale per l’area clinica, mentre l’ospedale di Catanzaro per quello laboratoriale.

Si tratta quindi di un vero e proprio ‘network oncologico’ che porta a collaborare con specialisti calabresi tra di loro ma anche con altri specialisti dicevamo sopra. Lei ha collaborazioni con altri colleghi?

Sì, io collaboro da molti anni con il gruppo di specialisti guidato da Casali, che si cura in particolare dello studio dei tumori rari, dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano. Da loro sono rimasto due mesi nel 2009 e nel 2011 ho avuto un’esperienza di tre mesi a Parigi. Da queste esperienze d’intensa formazione è poi nata una rete di contatti con cui mi confronto costantemente, a vantaggio dei nostri pazienti. La rete si crea proprio così: acquisendo le competenze necessarie, condividendo casi: i colleghi calabresi mi inviano i loro casi e io a mia volta mi confronto con i colleghi di Milano.

Quali prospettive terapeutiche e quali novità dal mondo della ricerca scientifica?

È di questi giorni la notizia che il reparto d’oncologia dell’Annunziata è fra i primi centri in Italia a utilizzare un farmaco innovativo nella gestione dei sarcomi dei tessuti molli. A Milano lo hanno utilizzato nell’ambito di uno studio clinico e adesso noi siamo riusciti ad averlo come farmaco utilizzabile.

Quale l’approccio con il paziente e con il familiare?

Da noi non è facile individuare queste tipologie di tumori: si tratta di diagnosi incidentali, e quindi spesso viene localizzato a seguito d’intervento chirurgico. Il più delle volte sono i chirurghi e gli ortopedici che c’inviano il paziente. Una volta che accolto, viene centralizzato ossia gli viene fatta una visita istologica e si spiega al paziente la malattia da cui è affetto e la prognosi. Purtroppo questi tumori rari colpiscono persone in prevalenza i giovani. Si sconosce ancora la loro origine, che cosa li determini.

Nell’ambito dell’incontro ha parlato un suo collega che ha ricevuto un riconoscimento da papa Francesco. Ci può raccontare della sua testimonianza data in questo convegno?

Si tratta del dott. Francesco Nigro Imperiale, specialista nella Terapia del dolore ed è il responsabile dell’hospice di Cassano. L’hospice è il luogo in cui il malato oncologico terminale trascorre gli ultimi mesi di vita, non essendo più suscettibili di trattamento chemioterapico attivo. Quando papa Francesco è stato qui in Calabria a fare visita a questi malati ha avuto un incontro con il collega Nigro. Nell’ambito del nostro convegno, il dott. Nigro ha presentato immagini importanti e ci ha dato preziose indicazioni sull’approccio ai malati in fine vita. È stato un momento di valore scientifico ma anche molto toccante: il collega ha messo in luce come molti malati terminali siano accolti nell’hospice perché le famiglie non sono in grado oggettivamente di prendersi cura del malato affetto da patologie ad uno stadio di gravità avanzato: soprattutto nelle patologie cutanee o del testa-collo, hanno difficoltà a relazionarsi col loro ma anche il malato stesso con il proprio familiare, ecco perché non ricevono visite. Altre volte invece vengono totalmente abbandonati per paura, come il caso di un uomo che a causa della malattia aveva il viso deforme e che sprigionava cattivi odori e che è stato ‘lasciato’ abbandonato al suo destino in solitudine. C’è quasi una sorta di rifiuto del familiare nel riconoscere in quel volto il proprio caro e da qui, l’abbandono. Quindi l’hospice di Cassano crea momenti di aggregazione, come feste o incontri con specialisti, che possano alleviare la condizione di totale solitudine del malato. A volte non si comprende che basta una carezza o anche lo stare lì vicino, in silenzio, per portare conforto al proprio caro e scacciare quel senso di impotenza nell’assisterlo.

Un’ultima domanda: quale il suo rapporto con la fede e quale la spinta che prova ogni giorno nell’affrontare casi destinati, spesso, alla guargione?

Sono un credente e in alcune situazione anche io mi rapporto ai pazienti mi rivolgendomi al Signore cercando un aiuto e vicinanza, anche se per molti di questi pazienti mi rendo conto che c’è una strada segnata. Però credo davvero che “le vie del Signore sono infinite” e che non sta a noi dire il perché esitano queste patologie, altrimenti non potrei fare il lavoro che faccio. Tante volte possiamo sembrare freddi nell’approccio col paziente o col familiare, ma proprio nell’interesse del paziente bisogna mantenere un certo distacco emotivo al fine di garantire una tempestiva e corretta diagnosi, che spesso fa la differenza. Noi non affrontiamo singoli casi in reparto, ma ogni giorno accogliamo moltissimi malati affetti da patologie oncologiche, che bussano alle porte dell’Annunziate per soprattutto ricevere cure e assistenza medica qualificata. E i medici sentono sulla propria pelle questa forte responsabilità.