Territorio
Il diritto alla vita tra scienza ed etica
L'incontro dal titolo "La tutela della vita" al Salone degli Stemmi del Palazzo Arcivescovile
L’embrione è protagonista: sin dal primo istante vive in stretta relazione con la madre, come ha dimostrato la scienza, mandandole tutti i segnali comunicativi necessari affinché venga alla luce. Tali segni di contatto tra madre e figlio, di misteriosa bellezza, sono definiti “relationship channels”, cioè canali di relazione biologica e psicodinamica.
Con queste parole, tra etica, poesia e scienza ha catturato l’attenzione dell’uditorio il medico ginecologo, Giuseppe Noia, Direttore dell’Hospice Perinatale – Centro cure palliative prenatali “Santa Madre Teresa di Calcutta” del Gemelli, che è stato il primo fra i relatori intervenuti all’incontro del 7 aprile al Salone degli Stemmi del Palazzo Arcivescovile in Piazza Parrasio intitolato “La tutela della Vita. Dai diritti dell’embrione al Testamento Biologico”. Ad aprire i lavori Vittorio Gallucci, presidente dell’Ordine degli Avvocati e Sergio Crudo, delegato nazionale giovani delle ACLI. Ha moderato l’evento, Giovanni Gigliotti di Alleanza Cattolica.
Sin dal concepimento nelle tube l’embrione ha diritto alla vita, in quanto in potenza è già una persona e non semplicemente un individuo. Questo diritto dovrebbe essergli garantito per tutto il corso della sua esistenza, sino in età adulta avanzata. Il diritto alla vita dovrebbe essere il frutto di un’armoniosa e sapiente danza tra scienza ed etica, in cui l’interesse primario è generare e salvare vite. Ma il condizionale è d’obbligo, ai nostri giorni, quando si fanno tali affermazioni. Il diritto alla non-vita sembra, invece, prestarsi meglio a forme verbali che indicano certezza. Le leggi, infatti, si stanno orientando in tal senso assecondando il pensiero contemporaneo ermeticamente individualista “facendoci dimenticare che bisogna alleviare la sofferenza con le cure mediche, ma non di certo eliminando il malato – continua il professore Noia – e questa tendenza è figlia della filosofia dello scarto e vale sin dal primo istante in cui l’embrione esiste. Se si riconosce che esso ha anomalie congenite non vi è alcuna pietà praticando l’aborto eugenetico che dal 1981 al aumentato di 10 volte e così, un bambino su quattro viene abortito dopo il terzo mese”.
Il mondo della terminalità è nutrito della cultura della morte e dell’eugenismo, ignorando che l’embrione può essere curato. Le nuove leggi a tutela del più debole ignorano questi aspetti, come hanno messo in luce con forza Domenico Airoma, magistrato e vice presidente del centro “Rosario Livatino” e Giancarlo Cerrelli, avvocato consigliere centrale “Unione Giuristi Cattolici Italiani”. A chiudere i lavori il dottore Gennaro Cera, che ha affrontato da un punto di vista etico, riflessioni sul fine vita.