Attualità
L’amianto è ancora tra noi. Altri 85 anni per le bonifiche
Gli oltre 84mila decessi collegati all’inquinamento dell’aria e i 21.463 casi di mesotelioma maligno nel periodo 1993-2012 sono dati per i quali non c’è da star tranquilli. L’Italia oggi non appare come un posto sicuro dove vivere, lavorare, metter su famiglia, far nascere i propri figli. Per bonificare i 32 milioni di tonnellate di amianto ancora presenti sul nostro territorio ci vorranno decenni. Intanto lungo lo stivale si continua a morire. Dal 3 dicembre nei cinema il film “Un posto sicuro” che racconta “una storia d’amore al tempo dell’amianto”.
A leggere gli ultimi dati relativi alle morti premature per inquinamento avvenute in Italia viene da chiedersi se il nostro Paese sia un posto sicuro dove vivere, lavorare, metter su famiglia, far nascere i propri figli.
Gli oltre 84mila decessi collegati all’inquinamento dell’aria fatti registrare nel 2012 sono un numero spropositato.
Se a questi sommiamo i 21.463 casi di mesotelioma maligno nel periodo 1993-2012 evidenziati nel V Rapporto del Registro nazionale dei mesoteliomi presentato pochissimi giorni fa dall’Inail, non c’è da star tranquilli. Anche perché questo tumore è causato proprio dall’inalazione di una fibra di amianto – invisibile ad occhio nudo – con una latenza temporale anche di decine di anni.
Intervenendo all’assemblea nazionale sull’amianto, tenutasi lo scorso 30 novembre a Roma, il presidente dell’Inail, Massimo De Felice, ha affermato che “i casi mortali, limitati ai dati dell’Inail, nel 2012 erano stati 658 mentre nello scorso anno sono arrivati a 414”. Nello stesso contesto, però, Tito Boeri, presidente dell’Inps, ha stoppato ogni entusiasmo: l’amianto – ha detto – “è un problema lontano dal trovare una soluzione: ci sono 32 milioni di tonnellate ancora presenti sul territorio e con il ritmo attuale si completerà la bonifica solo da qui a 85 anni, un’infinità”.
A Casale Monferrato, cittadina piemontese “capitale mondiale” della lotta all’amianto, là dove la bonifica è partita da oltre 20 anni e per gran parte è stata ultimata, le morti non accennano a diminuire. I numeri forniti dal sindaco Titti Palazzetti sono decisamente negativi: “Solo nel 2015 – ha affermato – abbiamo già avuto 78 decessi per mesotelioma, contro i 54 del 2014. E sono tre i casi di nostri concittadini morti sotto i 40 anni”.
A poco più di un anno dalla sentenza con cui la Corte di Cassazione ha annullato per prescrizione la condanna a 18 anni di reclusione a carico del magnate svizzero Stephan Schmidheiny, ex proprietario di Eternit,
non passa giorno durante il quale in Italia non venga fuori un problema legato all’amianto e ai suoi effetti disastrosi e dolorosi.
Dalle mattonelle divelte nel reparto di chirurgia dell’ospedale di Lanciano al quantitativo di fibre “killer” – definito per ora non preoccupante – nelle tubature dell’acquedotto di Pistoia. Ma oltre all’attualità, è il passato a portare un carico di sofferenza e angoscia preoccupante. Come nel caso della fabbrica chimica di Ottana, in provincia di Nuoro, dove l’asbesto veniva utilizzato in diversi prodotti finiti o assemblati (coibentazioni, valvole, guarnizioni…). “Contrariamente a quello che è avvenuto per altri stabilimenti italiani che utilizzavano lo stesso know-how – si legge sull’ultimo numero de L’Ortobene, il settimanale diocesano di Nuoro – le Contarp-Inail chiamate già nel 2003 a effettuare accertamenti tecnici circa la presenza di amianto all’interno dello stabilimento di Ottana, sono addirittura arrivate ad escludere pregresse situazioni di esposizione ad asbesto e l’Inail ha definito negativamente oltre 289 domande del riconoscimento di esposizione ad amianto”. Ma anche qui si muore di mesotelioma o asbestosi. Di casi che meritano un’attenzione urgente ne è piena l’Italia.
E forse non si conoscono ancora tutti, visto che, a fronte di Regioni virtuose nel settore, altre hanno ancora mappature incomplete o datate. Un secondo problema è legato al fatto che sono oltre 400 le norme regionali e nazionali sull’amianto, a volte in contraddizione tra di loro. Nel corso dell’assemblea nazionale sull’amianto è emerso come sia improcrastinabile l’adozione di un Testo unico per superare anche la frammentarietà degli interventi di bonifica.
Quanto sia faticosa l’opera di rimozione e sostituzione dell’amianto lo sanno bene a Casale Monferrato, dove dieci anni fa veniva abbattuto quello che fu il più grande stabilimento di manufatti in cemento-amianto d’Europa. Nel corso del ‘900 chi veniva assunto alla Eternit si considerava una persona fortunata, perché ottenendo un posto fisso ci si era sistemati per tutta la vita. Da questa amara realtà prende spunto il film “Un posto sicuro”, dal 3 dicembre nelle sale di tutta Italia. Girato proprio a Casale Monferrato, racconta “una storia d’amore al tempo dell’amianto” avendo come sfondo la vicenda che ha attraversato Casale Monferrato nell’ultimo secolo. Una cittadina di provincia che con determinazione e coraggio ha saputo reagire per poter essere la prima al mondo “totalmente libera dall’amianto”, com’è scritto prima dei titoli di coda. “Un posto sicuro”, insomma. Come vorremmo fosse tutta l’Italia intera.