Cultura
Questione cachet
Il compenso a Yanis Varoufakis per la presenza a "Che tempo che fa" rilancia la polemica.
È stato lo stesso Yanis Vaorufakis, ex ministro delle Finanze del governo Tsipras in Grecia, a rivelare il cachet percepito per la sua recente ospitata a “Che tempo che fa” di Fabio Fazio: 24.000 euro, più il costo del viaggio di andata e ritorno in prima classe. Calcolando che l’intervista è durata poco più di una ventina di minuti, la sua presenza in trasmissione è costata più di 1.000 euro al minuto.Comunque la si giri, sono soldi che paghiamo noi: sia che vengano erogati direttamente dalla Rai, sia che passino attraverso il subappalto alla casa produttrice del programma che la Rai acquista (in questo caso Endemol), la sostanza non cambia. Sono (anche) i soldi del canone, in questi ultimi tempi di nuovo alla ribalta delle cronache. Se si pensa che la Bbc ha pagato a Varoufakis soltanto il viaggio, peraltro in seconda classe, si percepisce ancor più nettamente la distanza tra il valore del servizio pubblico televisivo in Gran Bretagna e in Italia.Come al solito, il recinto è stato chiuso dopo che i buoi erano scappati. Dopo che il fatto è stato reso noto, i vertici della Rai hanno emanato una direttiva che ha “rafforzato e reso più stringente” il divieto di erogare compensi a politici che partecipano a trasmissioni televisive e radiofoniche, estendendolo anche a tutte le società che producono per la Rai (sulle quali, peraltro, si potrebbe aprire un ulteriore interessante capitolo, a base di favoritismi, sprechi e appalti non sempre alla luce del sole). Rafforzare un divieto è una procedura che ne certifica la scarsa valenza, ma tant’è.La televisione di Stato ha un dovere di trasparenza verso i propri utenti che imporrebbe di rendere noti i suoi conti, soprattutto per la parte che riguarda gli stipendi e gli ingaggi dei conduttori di maggior richiamo, i costi complessivi delle trasmissioni e gli introiti pubblicitari. Invece, su tutto ciò scende spesso un silenzio imbarazzato, probabilmente proprio perché s’immagina che certe cifre da capogiro non possano non destare scandalo.Oltre alla questione economica, c’è anche un tema di opportunità che riguarda la Rai in particolare e la emittenti televisive in generale. Il loro obiettivo principale è raggiungere il numero più alto possibile di ascolti. Per questo, invitano nelle loro trasmissioni i personaggi che più di altri possono richiamare l’attenzione del pubblico. Il meccanismo si presa a pesanti distorsioni, soprattutto quando alimenta il protagonismo di chi ha compiuto malefatte o addirittura veri e propri crimini. Basti pensare alle recenti performance televisive del comandante Schettino, protagonista del naufragio della Costa Concordia costato la vita a 32 persone, come pure alla presenza in video dei presunti autori degli omicidi dell’attualità più recente (Sara Scazzi, Yara Gambirasio, Meredith Kercher, Melania Rea).Se le reti Mediaset in questo senso si sono sempre mostrate più disinvolte, le altre emittenti non sono da meno. Lo confermano l’intervista di Enrico Mentana (“Bersaglio mobile”, La7) all’allora latitante Valter Lavitola, le numerose ospitate di Annamaria Franzoni – poi condannata invia definitiva per l’omicidio di Cogne – da Maurizio Costanzo e da Bruno Vespa, l’intervista al serial killer Donato Bilancia da parte di Paolo Bonolis in una “Domenica In” di qualche anno fa, la chiacchierata a “Porta a porta” fra il conduttore e la coppia formata dai giovani assistenti universitari Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, poi condannati per l’omicidio della studentessa romana Marta Russo.L’avvenuta erogazione di un compenso in molti di questi casi aggiunge un ulteriore motivo di riprovazione.