La Corte Costituzionale: l’embrione è da rispettare

Altra pronuncia della Consulta sulla legge 40/2004.

La Corte Costituzionale è tornata a pronunciarsi sulla legittimità della l. n. 40/2004, che disciplina le tecniche di fecondazione assistita, da anni al centro del dibattito pubblico. Lo fa questa volta accogliendo parzialmente il giudizio di legittimità richiesto dal Tribunale di Napoli all’interno di un procedimento penale, ma ribadendo la dignità dell’embrione. La decisione, presa in un giudizio incidentale, ha consentito al collegio di esprimersi su alcune disposizioni contenute nella legge in questione. Nello specifico il procedimento penale  vede imputati alcuni professionisti, rei di aver commesso il  reato di selezione eugenetica e di soppressione degli embrioni soprannumerari, per evitare che questi venissero trasferiti nell’utero di una donna. Ad avviso dei giudici del Tribunale di Napoli, prevedere astrattamente tale selezione come reato, determinerebbe una illegittimità della legge, nonché una contraddittorietà con le finalità di tutela dell’embrione.

In particolare, secondo il giudice a quo, sanzionare l’ipotesi in cui la condotta dei sanitari sia finalizzata ad evitare l’impianto di embrioni affetti da malattie genetiche, contrasta con il principio di eguaglianza e di tutela del diritto alla salute contenuti negli art. 3 e 32 della Costituzione, nonché con la Convenzione Europea per la salvaguardia del diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. In riferimento al principio di eguaglianza, la Corte, in linea con la sua giurisprudenza, ha ritenuto fondata la questione posta dal Tribunale di Napoli. Vi è da dire che tale decisione è coerente con l’orientamento della Consulta sul punto, la quale ritiene che la legge 40 discrimini alcune categorie di donne e di coppie. Vi è da ricordare che è stata palesemente dichiarata contraria ai principi costituzionali la presunta discriminazione posta per l’accesso alle tecniche di fecondazione omologa e di fecondazione eterologa. E’ da evidenziare, però, come la Corte non manchi di ribadire in maniera espressa che l’embrione, “non è certamente riducibile a mero materiala biologico”. Viene prospettata, dunque, la necessità di tutelare l’embrione, indipendentemente dal riconoscimento della sua soggettività giuridica, e una eventuale manchevolezza in tal senso rappresenterebbe un vulnus difficile da colmare. La decisione della Corte Costituzionale, se appare meritevole di approfondimento sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza, rappresenta un punto fermo per la tutela dell’embrione quale espressione del principio personalista contenuto nell’art. 2 della Costituzione.