Cultura
In Kenia ritrovati utensili di 3,3 milioni di anni fa
Risalenti al periodo del Pliocene, sono stati ritrovati nel sito di Lomekwi 3. L'uomo è sempre stato molto laborioso...
La storia dell’evoluzione umana è una scienza in continuo sviluppo. Le sue acquisizioni, infatti, sono certe finché il ritrovamento di un reperto archeologico o paleontologico non costringe a cambiare le carte in tavola.Le prime forme di vita sulla Terra, per quello che ne sappiamo fino ad oggi, risalgono a circa 4,5 miliardi di anni fa. Ma gli “ominidi” si evolvono da un gruppo di primati solo 5-6 milioni di anni fa (ma), in Africa. Tra questi anche il genere Australopithecus, da cui 2,3-2,4 ma si differenzia finalmente il genere Homo. Di questo, la prima specie conosciuta è l’Homo habilis (ca 2 ma), ancora molto simile all’australopiteco, ma con maggiori abilità manuali (per questo detto anche “uomo manuale”): utilizzava infatti strumenti rudimentali per la caccia. Siamo nell’ultima fase del periodo detto Pliocene. Ora, da tempo, gli studiosi dell’evoluzione umana sono convinti che i primi strumenti di pietra siano stati costruiti proprio dal genere Homo, come risultato di uno sviluppo “tecnologico” direttamente legato sia al cambiamento climatico che al trasferimento dei gruppi umani nelle praterie della savana, in zone prima occupate da alberi ad alto fusto, dove era più facile procacciarsi il cibo. In effetti, i reperti di questo tipo più antichi finora ritrovati risalivano proprio a quel periodo, una coincidenza temporale che rafforzava la teoria di base.Ma nuove ricerche sul campo effettuate nel West Turkana (Kenya) – riportate in un recente articolo di Nature, firmato da Sonia Harmand, dell’Università di Stony Brook, nello stato di New York, e colleghi – hanno trovato evidenze di un comportamento umano tecnologico molto più antico. Ci riferiamo alla scoperta di Lomekwi 3, un sito archeologico con reperti che risalgono a 3,3 ma. Là, infatti, sono stati ritrovati artefatti in pietra unitamente a fossili umani del Pliocene, entrambi collocati in un paleoambiente di tipo boschivo. Questa scoperta, dunque, consente di riscrivere una parte della storia evolutiva dell’uomo. Viene, infatti, retrodatata di ben 700.000 anni l’uso di utensili in pietra da parte di nostri antenati del genere Homo, in questo caso ominidi di una specie ancora non ben specificata.In base alle conoscenze finora acquisite, la prima cultura nota di Homo habilis è quella di Oldowan, i cui reperti, datati a 2,4-2,3 ma, sono stati scoperti nel 1964 nelle gole di Olduvai, in Tanzania. Successivi ritrovamenti nello stesso sito, datati a 2,6 ma avevano però suggerito che la prima produzione di utensili litici sia da attribuire a specie precedenti di ominidi, dotati già di una discreta abilità nello scheggiare la pietra.Ora gli studiosi devono fare un ulteriore salto all’indietro. I nuovi utensili in pietra ritrovati nel sito di Lomekwi 3, infatti, risalgono a 700.000 anni prima. Si tratta di incudini, pietre utilizzate come martelli, ciottoli lavorati e nuclei, cioè ciottoli non lavorati da cui si ottenevano, per scheggiatura, strumenti appuntiti. Ovviamente, l’analisi dei reperti ha già dato il via alle congetture sulle capacità motorie e cognitive degli ominidi che le hanno prodotte, già battezzati “Lomekwiani”. Secondo gli autori, gli utensili di Lomekwi indicano il possesso di una forte presa e di un buon controllo motorio: la forma delle pietre e i segni che vi sono impressi dimostrano che venivano usati con vigore per pestare oggetti o produrre schegge affilate. I movimenti della mano e del braccio richiesti per queste azioni, secondo Harmand e colleghi, probabilmente erano molto più simili a quelli utilizzati dagli scimpanzé e dagli altri primati per rompere i gusci dei frutti che a quelli necessari all’uso degli utensili delle culture Oldowan. Resta il fatto che la scheggiatura delle pietre per renderle affilate è un passaggio decisivo rispetto alla semplice battitura, e ciò fa propendere per l’appartenenza dei Lomekwiani al genere Homo.La nostra storia evolutiva si allunga, dunque, aumenta ndo la distanza tra i nostri progenitori “ominidi” e noi, appartenenti alla specie Homo sapiens, differenziatasi “appena” (si fa per dire) 200.000 anni fa.