Che tempo fa domani?…bel tempo si spera

Le previsioni metereologiche sono tra i programmi più seguiti.

Complice l’ondata di caldo di queste ultime settimane, il meteo è tornato a essere un argomento da prima pagina su tutte le testate. In televisione, in realtà, non ha mai smesso di esserlo, se è vero – come è vero – che sul piccolo schermo le previsioni del tempo sono un appuntamento fisso, molto atteso e seguito.La meteorologia è un argomento decisamente appetibile dal punto di vista mediatico, soprattutto perché si può facilmente rappresentare attraverso le immagini. I simboli del sole, della pioggia, dello stato dei venti e dei mari e delle altre variabili legate al meteo sono facilmente utilizzabili a beneficio del pubblico e rendono spettacolare l’argomento, insieme alle vedute dal satellite e all’infografica. Inoltre, le tecnologie moderne mettono a disposizione degli utenti previsioni aggiornate in tempo reale relative alla propria città o addirittura alla propria zona di residenza, territorio per territorio e ora per ora.La “sacralità” dell’appuntamento con il meteo è ribadita dall’ospitalità fissa che le previsioni trovano all’interno di molti telegiornali, luoghi tradizionalmente riservati alle notizie. E negli anni la televisione ha dato larga e duratura celebrità ai protagonisti del meteo, a partire dall’indimenticato Colonnello Bernacca, fino ad arrivare a Mario Giuliacci e ai numerosi seguaci che i due nel tempo hanno prodotto.Quando il meteo degenera verso il “troppo” (troppo caldo, troppo freddo, troppo vento, troppa pioggia…) la capacità di coinvolgimento perfino empatico degli spazi televisivi dedicati alle previsioni cresce a dismisura, fino a sfiorare i confini della metafora. Il maltempo è connotato sempre meno come un fenomeno atmosferico e sempre più come una pseudo-entità astratta in grado di condizionare negativamente, attraverso la sua azione, la realtà e il corso degli eventi. Non di rado si personalizza una sorta di soggetto capace di manifestarsi in forme violente e pericolose come uragani, bufere, piogge torrenziali oppure ondate sovrumane di caldo e di umidità. Questa soggettivizzazione del brutto tempo tocca inevitabilmente il suo apice quando evento l’atmosferico provoca danni alle persone o alle cose.La funzione della meteorologia mediatica è duplice: se da un lato fornisce informazioni tendenzialmente utili al pubblico, dall’altro può disporre di materiale sempre fresco per raccontare situazioni straordinarie e aperte a nuovi sviluppi in tempo reale, che – in quanto tali – tengono alta l’attenzione dei destinatari.Il racconto del meteo, si tratti di previsione o resoconto, consente anche una certa sperimentazione linguistica, a partire dal frequente ricorso a un uso degli aggettivi iperbolico, basato sulle categorie dell’eccesso o della scarsità dei fenomeni rispetto alla media stagionale. È proprio il superamento dei limiti previsti – con le inevitabili conseguenze – a provocare l’allarme fra il pubblico e l’allerta dei soggetti preposti a intervenire in caso di catastrofi naturali, Protezione Civile e Vigili del Fuoco in primis.La pregnanza del linguaggio meteorologico è tale da estendere ad altri ambiti tematici molti termini usati come metafore. Si parla di “tempesta”, “bufera” o “disgelo” e “rasserenamento” anche nel linguaggio della politica, dell’economia e dello sport. Forse – come si suol dire – non ci sono più le stagioni di una volta, ma per i professionisti delle previsioni meteorologiche questo potrebbe non essere uno svantaggio…