Uno studio percettivo sulla Gioconda

I segreti della Monna Lisa svelati mediante l'analisi del tocco artistico di ambiguità

Possono gli studi psicologici sulla percezione intersecare il mondo dell’arte, svelando aspetti curiosi e innovativi sui capolavori del nostro patrimonio culturale? Ne parliamo con Alessandro Soranzo, psicologo presso il Dipartimento di Fisica dell’Università della Calabria, che ha condotto un interessante studio sull’aspetto mutevole della “Mona Lisa” di Leonardo Da Vinci, partendo dalla teoria psicologica dell’organizzazione percettiva.

 

Dottore, può spiegarci in che cosa consiste questa teoria psicologica dell’organizzazione percettiva e come la percezione impatta sulle nostre esperienze estetiche?

La teoria dell’organizzazione percettiva, proposta da Max Wertheimer all’inizio del XX secolo, descrive come la nostra percezione riesce a trasformare gli stimoli frammentati e discontinui che giungono all’occhio in immagini unificate e coerenti. Immaginiamo di guardare la finestra di una casa dall’altra parte della strada: anche se un ramo d’albero la copre parzialmente o se la luce  su di essa è disomogenea per via delle ombre proiettate dal tetto, noi vediamo comunque una finestra intera, un oggetto unico. Noi quindi siamo in grado di organizzare questi “frammenti visivi” in modo da percepire un oggetto completo e riconoscibile.

Questo processo si basa sui principi dell’organizzazione percettiva che operano costantemente nel nostro cervello. Non ci permettono solo di riconoscere oggetti visivi, ma anche di identificare stimoli provenienti da altri sensi. Ad esempio, possiamo riconoscere una melodia anche quando è suonata da strumenti diversi.

I principi di organizzazione percettiva sono quindi cruciali per le nostre esperienze estetiche. Quando osserviamo un’opera d’arte, come la Monna Lisa, automaticamente applichiamo questi principi per organizzare i dettagli visivi in un’immagine armoniosa e piacevole. In sostanza, è grazie a questi meccanismi che possiamo apprezzare la bellezza e la coerenza di ciò che vediamo.

La celebre “Gioconda” di Leonardo è avvolta da tanti misteri, enigmi e ambiguità riguardanti, tra le altre cose, il suo sorriso. Che cos’è “l’Ambiguity-Nuance”?

Uno degli elementi che rendono la Monna Lisa famosa è l’ambiguità espressiva: a volte sembra sorridere, altre volte sembra malinconica. Ma come è possibile che la stessa immagine susciti sensazioni così diverse?

Nel corso dei secoli, sono state proposte diverse interpretazioni del mistero del sorriso della Monna Lisa. Tuttavia, nessuna di queste ha considerato i principi dell’organizzazione percettiva. La scoperta del “tocco artistico di ambiguità”, una piccola macchia sopra gli angoli delle labbra, offre una nuova chiave di lettura di questo straordinario fenomeno in cui da una singola immagine si percepiscono due emozioni diverse e opposte. Questo dettaglio, che ho osservato anche in altri due capolavori di Leonardo, La Bella Principessa e La Scapigliata, sembra essere una tecnica deliberata di Leonardo per creare un’ambiguità espressiva. Quando osserviamo la bocca di questi ritratti direttamente, da vicino, il tocco artistico di ambiguità viene percepito come un’ombra che si stende sulle guance, facendo sembrare i bordi della bocca rivolti verso il basso e dando un’espressione malinconica. Al contrario, quando la bocca viene osservata indirettamente, con la coda dell’occhio o da lontano, l’organizzazione percettiva cambia. In questo caso, il tocco artistico non appare più come un’ombra, ma come un’estensione della bocca verso l’alto, creando un’espressione di contentezza. La scoperta del “tocco artistico di ambiguità” non solo ci aiuta a capire meglio l’ambiguità espressiva della Monna Lisa, ma dimostra anche come Leonardo abbia applicato, con secoli di anticipo, principi che la scienza ha formalizzato solo nel XX secolo. Questo rende questa scoperta un contributo significativo sia alla storia dell’arte che alla psicologia della percezione.

 

Ha impiegato particolari strumenti scientifici, software o ausili meccanici per condurre la sua analisi?

In campo scientifico le ipotesi devono essere testate sperimentalmente. La mia ipotesi era che l’ambiguità espressiva della Monna Lisa, della Bella Principessa e della Scapigliata, dipende da come il “tocco artistico di ambiguità” si organizza percettivamente. Per testare questa ipotesi, ho manipolato l’organizzazione percettiva di questo tocco. In base sperimentale, se l’organizzazione percettiva del tocco di ambiguità cambia, anche l’espressione percepita deve cambiare. Per questo, ho impiegato copie digitali ad alta risoluzione dei dipinti ed ho usato Photoshop, un software di modifica delle immagini, per alterare l’organizzazione percettiva del “tocco”. Ho quindi creato versioni dei ritratti in cui l’organizzazione del tocco artistico di ambiguità era modificata. Successivamente, ho stampato queste copie modificate con una stampante di alta qualità e le ho mostrate a un totale di 64 partecipanti. I partecipanti dovevano valutare il livello di contentezza percepito in questi ritratti da diverse distanze. I risultati degli esperimenti sono stati entusiasmanti. È emerso che l’espressione percepita cambiava sulla base dell’organizzazione percettiva del tocco artistico di ambiguità. Quando il tocco appariva come un’ombra sulle guance, i partecipanti percepivano una espressione di malinconia. Quando, invece, il tocco appariva come un’estensione della bocca verso l’alto, l’espressione risultava più contenta. Addirittura, ho creato copie delle immagini in cui il tocco di ambiguità appariva come un’estensione della bocca verso il basso. In questo caso l’espressione appariva ancora più malinconica. Insomma, una Monna Lisa dall’ambiguità opposta! Questi risultati supportano l’ipotesi che l’organizzazione percettiva del tocco artistico di ambiguità sia la chiave per comprendere l’ambiguità espressiva della Monna Lisa. La mia scoperta dimostra come Leonardo abbia utilizzato tecniche avanzate di percezione visiva molto prima che fossero formalizzate dalla psicologia moderna. Questo apre nuove prospettive sia nello studio dell’arte rinascimentale sia alla comprensione dei processi percettivi

 

Ha analizzato altri quadri di Leonardo applicando la medesima tecnica? Quali sono i risultati a cui è pervenuto?

Ho applicato la stessa tecnica di indagine ad altri due capolavori di Leonardo: La Bella Principessa e La Scapigliata. Ho riscontrato la presenza del “tocco artistico di ambiguità” in entrambi i ritratti, confermando che l’ambiguità espressiva non è esclusiva della Monna Lisa, ma una caratteristica distintiva dello stile di Leonardo. In entrambi i casi, ho osservato che il tocco artistico di ambiguità influenzava significativamente la percezione dell’espressione dei soggetti. Quando il tocco era percepito come un’ombra, i ritratti trasmettevano un senso di malinconia. Quando, invece, il tocco era visto come un’estensione della bocca verso l’alto, i volti sembravano più contenti. Questo pattern conferma che Leonardo utilizzava consapevolmente questa tecnica per creare ritratti dalla complessa e mutevole espressività. Questi risultati rafforzano l’idea che Leonardo da Vinci avesse una comprensione quantomeno intuitiva dei principi di organizzazione percettiva secoli prima che fossero formalizzati dalla psicologia moderna. La mia scoperta non solo illumina un aspetto fondamentale della tecnica artistica di Leonardo, ma anche la sua straordinaria capacità di sfruttare i meccanismi della percezione umana per arricchire l’esperienza visiva dei suoi ritratti. In conclusione, la genialità di Leonardo non risiede solo nella sua maestria tecnica e artistica, ma anche nella sua capacità di anticipare scoperte scientifiche che avrebbero rivoluzionato la comprensione umana della percezione visiva. Il “tocco artistico di ambiguità” è una testimonianza di questa straordinaria intuizione e della profondità del suo talento. La mia ricerca aggiunge un tassello alla nostra comprensione di uno dei più grandi geni della storia, dimostrando come la scienza e l’arte possano intersecarsi in modo proficuo e profondo.

 

Ha collaborato con altri esperti del settore scientifico o con altri enti di ricerca nazionale o internazionale? 

Ho collaborato con diversi esperti nazionali e internazionali per studiare i fattori dell’organizzazione percettiva. In particolare, ho lavorato con colleghi delle università di Trieste e Padova in Italia, e con ricercatori della Rutgers University negli Stati Uniti, dell’Università di Belgrado in Serbia e dell’Università di Liverpool nel Regno Unito. I primi esperimenti sui lavori di Leonardo li ho condotti in Inghilterra, durante il mio periodo di lavoro presso l’Università di Sheffield Hallam.

La corrente psicologica della Gestalt, nata in Germania agli inizi del novecento sulla scia delle ricerche di grandi psicologi tra cui Wertheimer, Köhler e Koffka, ha proposto la “teoria della forma” dando rilievo al concetto della totalità che supera la semplice somma delle parti. A suo avviso, questa teoria può aiutare a comprendere meglio l’identità del personaggio rappresentato?

Assolutamente. La corrente psicologica della Gestalt è fondamentale per comprendere i fattori dell’organizzazione percettiva. Nel suo articolo del 1922, considerato il manifesto della psicologia della Gestalt, Wertheimer inizia con le seguenti parole: “Sto alla finestra e vedo una casa, alberi e il cielo”. Si chiede poi come sia possibile vedere queste cose se nell’occhio riceviamo solo miriadi di diverse intensità di luce. È questo stupore, quasi infantile, davanti al mondo che caratterizza il genio di Wertheimer. Da questa osservazione di una scena quotidiana, con occhi da genio, nasce la psicologia della Gestalt, che ha posto le basi della psicologia moderna. Spesso, ciò che gli scienziati scoprono viene intuitivamente colto prima dagli artisti. Il mio studio sul “tocco artistico di ambiguità” suggerisce che Leonardo da Vinci aveva intuito l’importanza dei fattori di organizzazione percettiva secoli prima che Wertheimer li formulasse scientificamente. Leonardo ha saputo sfruttare questi principi per creare ritratti complessi e ambigui come la Monna Lisa, dimostrando una comprensione intuitiva della percezione umana. La teoria della Gestalt ci aiuta a vedere come l’identità del personaggio rappresentato non sia solo la somma delle sue parti (occhi, naso, bocca), ma il risultato di come queste parti sono percepite nel loro insieme. La mia scoperta dimostra come Leonardo abbia utilizzato questi principi per creare un ritratto in cui le parti si organizzano per dare origine ad un assoluto capolavoro, di straordinaria complessità e fascino. Questa intuizione non solo arricchisce la nostra comprensione dell’arte di Leonardo, ma anche della natura stessa della percezione umana.