La sapienza dei Santi Bonaventura da Bagnoregio e Tommaso d’Aquino

Ricorrono quest’anno i 750 anni dalla morte dei dottori Angelicus e Seraphicus 

La Chiesa ricorda quest’anno i 750 anni dalla morte di due tra le più grandi personalità della storia del cristianesimo: San Bonaventura da Bagnoregio e San Tommaso d’Aquino. Papa Francesco ha recentemente parlato del Doctor Seraphicus e del Doctor Angelicus, inviando un messaggio a mons. Vincenzo Zani, bibliotecario e archivista di Santa Romana Chiesa, in occasione dell’apertura della mostra “Il libro e lo spirito” dedicata proprio a questi due sapienti. L’esposizione è stata allestita presso la Biblioteca Apostolica Vaticana ed è visitabile fino al 14 dicembre. Nasce dalla collaborazione tra la Bav e l’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede, il Centro San Luigi di Roma, la Commissione Leonina, le Pontificie Università Angelicum, Antonianum e Gregoriana e l’Università di Parigi I Sorbona, dove i due religiosi hanno studiato teologia. Bonaventura e Tommaso “continuano ancora oggi a rappresentare delle fonti di luce e di ispirazione per la Chiesa e per la cultura, in quanto “luminari” per un approccio alla teologia in cui si compenetrino e si nutrano reciprocamente la profondità intellettuale e la vita spirituale, la scienza e la sapienza, l’umiltà e la carità. Sono santi maestri che non hanno trattenuto i frutti dei loro studi, ma li hanno condivisi con generoso slancio pastorale e missionario” le parole del Sommo Pontefice. La mostra espone una serie di codici e di documenti a testimonianza della grande erudizione di Bonaventura e di Tommaso d’Aquino. La Biblioteca Apostolica Vaticana, che preserva anche i loro autografi originali, custodisce un legame fecondo con il Serafico e l’Angelico, un rapporto che risale fino a Sisto IV, il quale inaugura nel 1475 i primi locali di questa biblioteca proprio quando ricorre il secondo centenario della loro scomparsa. I fratelli Ghirlandaio, autori, fra gli altri, di un ciclo di pitture all’interno della Biblioteca della Santa Sede, hanno ritratto i due santi insieme nella sala della Biblioteca Latina, dando loro il giusto riconoscimento tra i grandi autori cristiani antichi. In seguito Papa Sisto V, che conferisce alla Bav la sua attuale conformazione architettonica, paragona queste due personalità all’immagine biblica dei “due olivi e dei due candelabri che stanno davanti al Signore della terra”, come ha ricordato anche Bergoglio. La loro dottrina rappresenta un valido aiuto per qualsiasi pellegrino che intende cercare Cristo. Nel 1974 San Paolo VI definisce l’Angelico come “Luminare della Chiesa e del mondo intero”, mentre Benedetto XVI, che approfondisce il pensiero del Serafico, ne parla come di un “uomo buono, affabile, pio e misericordioso, colmo di virtù, amato da Dio e dagli uomini”.

San Buonaventura, vissuto insieme a Tommaso d’Aquino nel Basso Medioevo della borghesia mercantile e dei traffici commerciali, viene ricordato per le sue indubbie capacità intellettuali. Dedica tutta la sua vita agli studi filosofico-scientifici e teologici e aderisce all’Ordine francescano, dandosi alla contemplazione come percorso ascensionale verso il cielo e cercando di conciliare lo spirito dell’Universo con quello del Poverello d’Assisi, l’anima scientifica con l’erudizione. Facendo suoi gli insegnamenti di Sant’Agostino, caldeggia l’idea della subordinazione della filosofia alla teologia, poiché quest’ultima tratta della materia più importante che è Dio. La filosofia deve aiutare la ricerca umana e deve riportare l’uomo alla sua dimensione interiore che è l’anima, la quale deve tendere sempre al Signore. L’essere aspira, per naturale desiderio, a raggiungere la beatitudine di un pieno e progressivo incontro con il Padre Celeste, dando così compimento alla sua esistenza. Tutto si riconduce a Dio (reductio), qualsiasi realtà e qualsiasi esperienza vanno verso di Lui. In più, sempre sulla falsariga di Agostino, il Minimo di Bagnoreggio ritiene che la Trinità abbia creato il mondo e che Dio uno e trino sia presente in tutti gli esseri animati e inanimati.

Anche Tommaso d’Aquino unisce teologia, vita spirituale e ministero apostolico. Il frate domenicano, esponente principale della Scolastica, sceglie di servire la Chiesa conducendo una vita mendicante. È nella povertà che vede la vera sequela a Dio, che dev’essere imitato in tutto e per tutto. Tommaso mette a disposizione la sua fede e il suo intelletto per far dialogare il Vangelo con il contesto culturale a lui coevo. Il Doctor Angelicus è convinto che tra fede e ragione non ci sia contraddizione, e che la ragione umana possa cogliere l’esistenza di Dio e dimostrala. Tommaso innesta il pensiero aristotelico nel cristianesimo, sostenendo che Dio è l’essere, è la vita, mentre gli uomini hanno l’essere, hanno la vita perché, grazie a Dio, partecipano all’esistenza. L’Aquinate parla nella sua “Summa Theologiae” delle “cinque vie” per dimostrare razionalmente l’esistenza di Dio, coniugando fede e ragione: la via del motore primo (Dio artefice di qualsiasi movimento), il rapporto effetto-causa (la prima causa è sempre Dio), il rapporto tra contingente e necessario (tutto esiste perché Dio l’ha voluto), i gradi di perfezione (la perfezione alle cose viene data da Dio), l’ordinamento finalistico (l’intelligenza ordinatrice di Dio conferisce ordine alle cose che perseguono un fine). Ogni verità deriva dallo Spirito Santo, perché Dio è l’unica fonte di verità, naturale e rivelata, è inizio e fine di tutta la realtà, da lui tutto discende e a lui tutto torna. Nel 1588 Papa Sisto V annovera l’Angelicus e il Serafico tra i Dottori della Chiesa, due giganti che – come dice Papa Francesco – “ci insegnano a guardare alla felicità eterna come supremo frutto della sapienza, della scienza e della carità, spronandoci a farci pellegrini nella fede”. La loro testimonianza deve diventare modello di vera speranza, specie in questo periodo preparatorio in vista dell’apertura dell’anno giubilare.