Cultura
Il ruolo strategico di Torre Mordillo
Le prime frequentazioni risalgono al Neolitico fino all’età della colonizzazione greca e oltre.La torre circolare risalente al Medioevo, da cui prende il nome l’intera area, è stata oggetto di restauri
Il sito di Torre Mordillo, oggi Parco archeologico, si trova alla confluenza dei fiumi Coscile ed Esaro, proprio al centro della piana di Sibari, a controllare i percorsi costieri e quelli verso l’interno della Sibaritide fino al mare Tirreno. La frequentazione dell’area, costituito da un vasto altipiano situato a quota 118 m. s.l.m. a sommità appiattita e con ripide pendici che delimitano un’area abitabile di 14 ettari, collegata verso Sud-Ovest, mediante una sella, ai rilievi retrostanti, è attestata, a parte sporadici indizi di una frequentazione risalente al Neolitico antico e medio, dagli inizi del Bronzo Medio (1700 a.C. circa) fino all’età della colonizzazione greca ed oltre. La sua importanza strategica fu valorizzata fino all’epoca normanna e successivamente ancora nel XVI secolo. L’insediamento protostorico occupava una altura affacciata sulla piana di Sibari, al centro dell’arco di rilievi che le fanno corona. Il pianoro è posto all’estremità di un’ampia struttura terrazzata di origine marina, ed è collegato ai terrazzi retrostanti da una sella il cui profilo originario è stato trasformato sia da interventi antichi che da più recenti lavori agricoli.Il sito è noto dalla fine dell’Ottocento quando Luigi Viola nel 1888, durante le ricerche per individuare l’antica Sibari, scoprì, nei pressi dell’altura di Torre Mordillo, una necropoli riferibile alla fase avanzata della prima età del Ferro, costituita da circa 250 tombe a fossa con inumazione distesa. Comprendendo di non trovarsi di fronte a materiali di produzione greca attribuì i reperti ad un insediamento Enotrio. Notevole, è nei corredi di queste tombe, l’omogeneità dei materiali come il ricorrere costante delle medesime associazioni. Accanto ai più frequenti tipi di fibule ereditati dalla fase precedente, quello serpeggiante ad occhio con spillone ricurvo e quello a quattro spirali, compaiono forme nuove, come la fibula a sanguisuga con staffa a disco, assieme a quelle, come le fibule ad occhiali e le serpeggianti a gomito, in cui l’impiego del ferro è ormai prevalente o esclusivo, o invece il metallo è sostituito da altro materiale: è questo il caso delle fibule a placchetta romboidale in avorio e in osso su supporto in bronzo. Oltre che dalle fibule, nelle tombe femminili, la parure è composta da braccialetti a spirale, qualche collare, orecchini o fermatrecce anch’essi a spirale di filo ad estremità ondulate, pendagli a cerchi concentrici o raffiguranti una coppietta nuda. Nelle sepolture maschili compare spesso il rasoio bitagliente a lama rettangolare; è noto un solo esemplare a foggia lunata, così frequente nell’Italia centrale e invece quasi ignota in Calabria. Per quanto riguarda le armi, si fa ora schiacciante la prevalenza del ferro: più rare le spade, di cui una sola in bronzo, con fodero riccamente decorato, numerosissime le lance, a cui di tanto in tanto si aggiunge l’ascia. Per quanto concerne il vasellame troviamo, a Torre Mordillo, per la prima volta assieme, e in rapporto quantitativo bilanciato, la ceramica d’impasto e quella figulina enotria a pittura geometrica del cosiddetto stile “a tenda”. Consistenti sono i dati relativi all’età del bronzo recente. Di particolare rilievo in questo periodo, per il ruolo svolto nei confronti dello sviluppo sociale ed economico della comunità di Torre Mordillo e più in generale delle comunità indigene della Sibaritide, sono i contatti con il mondo greco. Tali contatti sono testimoniati dalle particolari ceramiche con superficie chiara, tornite e dipinte con motivi che imitano quelli diffusi nella Grecia micenea ma la cui manifattura è da localizzare per lo più nella stessa Sibaritide, e da altri prodotti di ispirazione “tecnologica” egea, quali la ceramica grigia depurata e tornita ed i dolii cordonati. Ad un momento finale di questo periodo appartengono i resti di una fortificazione ad aggere, edificata per difendere il lato più vulnerabile dell’abitato. Il terrapieno era sormontato da una sovrastruttura lignea indiziata dalla presenza di una serie di buche di palo.All’età del bronzo finale si data un’abitazione, distrutta da un incendio, che conserva all’interno, parzialmente carbonizzati, resti strutturali e arredi. Tra le suppellettili della casa vi erano due grandi vasi, l’uno di impasto scuro, l’altro di argilla chiara dipinto con motivi geometrici bruni. Oltre a questi, di particolare interesse, è il rinvenimento di un pettine in avorio, ora custodito nel Museo archeologico della sibaritide. Gli scavi eseguiti negli anni sessanta (1963-66-67) diretti da F. Rainey e condotti da O.C. Colburn dell’Università di Pensylvania, con la collaborazione della Soprintendenza archeologica della Calabria, hanno rivelato anche tracce dell’abitato pre-greco che doveva svilupparsi sul pianoro, oltre ad un piccolo tratto di cinta muraria del IV-III sec. a.C., che vennero, inizialmente erroneamente interpretati come il sito della città panellenica di Thurii.La cinta muraria era costituita dal muro Nord, che correva lungo il ciglio della collina per 30 m. circa. Anche il ciglio Sud-Ovest del versante orientale ha restituito un tratto murario a doppia cortina, con andamento a cremagliera, lungo metri 17 e orientato in senso Est-Ovest. Nel settore Ovest del lato Nord del pianoro fu scavato un complesso abitativo probabilmente di IV sec. avanzato, che era stato preceduto sullo stesso sito da una struttura dell’età del Ferro: si trattava anche in questo caso di una struttura abitativa, di cui si rinvenne l’area del focolare, con ceramica in situ databile nella seconda metà dell’VIII sec., mentre, evidenti erano le tracce di distruzione.Anche presso l’estremità Sud-Est del pianoro l’indagine archeologica rivelò i resti di una abitazione dell’età del Ferro con un pavimento in battuto annerito da cenere e bruciato, distrutta probabilmente contemporaneamente all’altra struttura individuata. Indagini più recenti, condotte dalla fine degli anni ottanta e nei primi anni novanta dello scorso secolo, per urgenti motivi di tutela a causa della crescente e inarrestabile attività abusiva di cave di sabbia lungo le pendici del pianoro, hanno permesso di arricchire la conoscenza di queste fasi dell’abitato protostorico. La caduta della città alla fine del III sec. a.C., sotto un fitto assedio attestato dalle numerose palle di balista trovate incastrate nel manto stradale, e databile con precisione dalla chiusura di una cisterna di una casa privata prossima alle mura, non aiuta a dirimere la questione se Torre Mordillo possa essere stata in mano ai Brettii, come punta avanzata di scorribande verso la città di Thurii, o in rapporto con il sistema territoriale thurino, e quindi come avamposto a difesa delle frequenti incursioni ad opera degli italici.