Cultura
Beatrice Capizzano Verri: una poetessa e insegnante cosentina
La sua produzione letteraria, risalente al periodo compreso tra gli anni Venti e Sessanta del Novecento, riguarda principalmente il rapporto tra io e natura, la memoria e la spiritualità.
Beatrice Capizzano Verri è stata un’insegnante e poetessa cosentina. La sua produzione si compone principalmente di liriche di stampo classicheggiante, molte delle quali incentrate sul rapporto tra l’io e la natura, la memoria e la spiritualità tra speranza e attesa.
Nata a San Lorenzo del Vallo nel 1904 da una famiglia originaria di Rende, Beatrice Verri (assumerà dopo le nozze anche il cognome del marito, quindi Beatrice Capizzano Verri), prima di cinque figli, dopo i primi studi al paese, si diplomò nel 1921 presso la scuola normale femminile “Lucrezia della Valle” di Cosenza. Si avviò quindi alla carriera di maestra tra i comuni di San Donato di Ninea, Trebisacce e San Lorenzo. Negli anni Quaranta assunse la carica di direttrice didattica; poi quella d’ispettrice didattica. Nel contempo, si dedicò all’attività letteraria e alla partecipazione attiva alla vita culturale e religiosa cosentina. Tra le varie, collaborò con riviste letterarie e scolastiche calabresi e nazionali, conobbe letterati del calibro di Enrico Falqui, fu socia dell’Accademia Cosentina e della sezione locale dell’Aimc (associazione italiana maestri cattolici) che aveva sede nel palazzo arcivescovile. Nel 1970 fu anche insignita della “Medaglia d’oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell’arte” della Presidenza della Repubblica.
Il corpus più consistente della sua produzione si colloca tra la metà degli anni Venti e i primi anni Sessanta del Novecento. Tra le sue raccolte poetiche si ricordano i volumi “Cetra giovine”, “Echi”, “Giardino in ombra” e “Prima che tramonti la luna”. Ancora, una serie di tre poemetti dal titolo “Costruttori” di cui il primo è dedicato ai morti della guerra d’Africa, nonché un saggio critico sulla produzione letteraria di monsignor Aniello Calcara. Non tutti, infatti, sanno che l’arcivescovo di Cosenza è stato anche uno studioso e letterato, autore di poesie e drammi di carattere religioso.
Le prime raccolte giovanili di Beatrice Capizzano Verri sono contrassegnate da un’ evidente erudizione e dall’invito alla meditazione. Con “Giardino in ombra”, pubblicato nel 1933, si suscitò, come si legge nei giornali dell’epoca, un’ondata di ammirazione attorno alla poetessa, finanche in Francia. Qui “la forma – scrive Sergio Pisani in un saggio critico – pur sempre classica si fa più agile e viva”. In appendice, “I colloqui” ispirata alla leggenda per cui la notte dell’Epifania gli animali parlano come gli uomini, discorrendo sul bene e il male. Dopo “Costruttori”, pubblicato sul crinale degli anni Trenta, seguì un lungo periodo di stasi, quindi la pubblicazione “D’inverno, qualche rosa” del 1953, composto di 145 brevi componimenti di cui il critico Cesare Maretti evidenzia “la visione rinfrescante e gradevole della natura”. Al 1960 risale invece la raccolta “Prima che tramonti la luna”. Beatrice Capizzano Verri è morta nel 2006.
Un’autrice che ha rappresentato, a cavallo del secolo passato, la Calabria nel panorama letterario nazionale, la cui attività merita di essere meglio conosciuta e studiata.