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La terra dei ghiacci ha conquistato l’Europeo della simpatia
Tutta l'isola ha seguito le gesta di Sigurdsson, Arnason e Gunnarsson e del loro allenatore, lo svedese “re Lars” Lagerbäck. Ieri sera festa grande in piazza a Reykjavik, con abbracci, birra e cori folkloristici. Tra i tifosi anche il vescovo cattolico David Tencer. Per la prima volta alla competizione continentale, la Nazionale vichinga ha eliminato l'Inghilterra prima di capitolare con i padroni di casa francesi, che hanno concesso l'onore delle armi agli avversari: "Avete dato credito allo sport".
Hanno vinto l’Europeo della simpatia, conquistando i cuori di mezzo mondo, islandesi umili e vulcanici, com’è la terra da cui provengono. L’isola dell’Oceano Atlantico, non distante dalla Groenlandia e grande quasi quanto la Bulgaria, era in festa fin dall’inizio di Euro 2016, semplicemente perché quel manipolo di ragazzi era riuscito a qualificarsi per i campionati continentali di calcio. Non era mai successo. Ad Arnarhóll, nel centro di Reykjavik, ieri sera, lunedì 4 luglio, è stata ancora festa, grande, autentica, per accogliere i 23 della Nazionale di ritorno dalla Francia come si accoglie un eroe che torna dalla guerra. Che l’abbiano persa non importa, perché l’importante, in questo caso, è stato davvero partecipare. Tanto di cappello, dunque, a questa Nazionale coriacea e volenterosa, e ai suoi rumorosi tifosi (20mila dei quali hanno seguito i beniamini in terra francese), con la faccia dipinta di bianco, rosso e blu e i caschi da vichinghi.A guidare la squadra lo svedese Lars Lagerbäck, “il re Lars” come già da giorni lo avevano proclamato i fans, tanto che il suo nome è stato scritto persino su una ventina di schede alle elezioni presidenziali del 25 giugno scorso. Lo stesso è successo al suo vice, il commissario tecnico Heimir Hallgrímsson, il dentista per cui gli amici birrai della Brothers Brewery nelle isole Vestmannaeyjar, dove abita, hanno creato la birra Heimir. Hanno guidato la squadra fino agli ottavi di finale, passando per una vittoria sorprendente sull’Austria e una ancor più inattesa sull’Inghilterra, che ha così subito un Brexit calcistico, né voluto né tanto meno votato.C’era il sole a Reykjavik domenica sera, mentre allo Stade de France di Saint-Denis pioveva a dirotto sui giocatori. L’Islanda è rimasta con il fiato sospeso per 90 minuti sperando fino alla fine che la favola potesse continuare ancora un poco, sfidando nuovamente i pronostici. Tutta l’Islanda ha alzato le braccia e ha battuto le mani a ritmo di quel canto un po’ preistorico ma avvincente la cui simpatica energia per un momento ha fatto temere anche i francesi. “Áfram Island”, forza Islanda, ha gridato sulla piazza di Reykjavik il vescovo David Tencer, il frate cappuccino dalla barba lunga che arriva dalla Slovacchia ed era lì a fare tifo con il suo cancelliere, il reverendo Jakob Rolland.Forse – ma è praticamente certo! – hanno guardato la partita tutti i 332mila abitanti della “terra del ghiaccio”, che si sono ritrovati più uniti grazie a quest’esperienza mai vissuta. “Le persone stanno dimenticando per un momento il loro modo individualista di pensare e comportarsi e fanno il tifo non solo per la squadra di calcio, ma anche gli uni per gli altri”, raccontava il cancelliere diocesano prima della partita con la Francia, anch’egli stupito “per quell’incredibile successo”.“Grazie perché eravate lì per noi. È il vostro sostegno che ci ha portato così lontani. State con noi e potremo andare oltre. Pace e amore a tutti voi dai giocatori e dallo staff della nazionale islandese”, è comparso sul profilo facebook della squadra a notte fonda, dopo la sconfitta a Saint-Denis. Persino ai padroni di casa è dispiaciuto un po’ essere stati causa dell’eliminazione degli inusuali avversari:“Grazie Islanda. Avete dato credito allo sport, al vostro Paese e a questo campionato. È stato un onore giocare con voi e i vostri tifosi sono stati tra i migliori qui in Francia” hanno scritto i blu dopo la partita. E così la “Cenerentolsson” calcistica è diventata agli occhi del mondo una principessa per il suo coraggio ingenuo e pulito, per la sua determinazione, pur nella dichiarata consapevolezza dei propri limiti. Questo è il calcio che ci piace…