L’oro di Djokovic, il suo crocifisso e…

La sensibilità del campione, che riconosce - quasi come un moto del cuore - il desiderio di mostrare un aspetto rilevante della propria vita: la fede

L’oro di Djokovic vale tanto, tanto quanto il crocifisso chiaramente mostrato alla fine della sua straordinaria gara. Da uno dei migliori tennisti di tutti i tempi il segnale chiaro: c’è ancora spazio per la fede religiosa nell’agone pubblico. In un’Olimpiade così controversa, piena di polemiche, mentre c’è un divieto di esposizione di simboli religiosi (il che è già ampiamente discutibile), la sensibilità del campione, che riconosce – quasi come un moto del cuore – il desiderio di mostrare un aspetto rilevante della propria vita: la fede, appunto.Scandalizzarsi è inutile, quanto insensatamente polemico. Non si tratta di fare moralismi o di entrare nell’annoso dibattito sullo spazio pubblico delle religioni, quanto di riconoscere che l’istanza religiosa, la fede, la credenza, è inevitabilmente parte dell’uomo.Proprio questo, verrebbe da dire, le assicura spazio nella società. Senza vergogna. Senza paura. Senza scandalo.