Sport
La sciabolata dell’ucraina Kharlan tradisce lo spirito dello sport
Ai mondiali della nobile arte della scherma non c'è spazio per contese ma solo per sana competizione. Una stretta di mano avrebbe fatto tanto per la pace
Se bastasse una stretta di mano a lenire la sofferenza, sarebbe un po’ più facile immaginare la finedi una guerra. Invece, dai Mondiali di scherma in corso a Milano, arriva la doccia fredda, il bagno dicruda realtà, la distruzione di fragili utopie: raggiungere la pace soltanto con i gesti simbolici èimpossibile. Anzi, bisogna accettare con sconforto che anche lo sport, generalmente isola felice dichi vuole distrarsi, finisce inevitabilmente per essere inquinato dagli orrori di un conflitto armato.Competizione di sciabola femminile, in palio un oro mondiale: l’ucraina Olga Kharlan, atleta daquattro medaglie olimpiche in palmares, è chiamata a incrociare le lame contro la russa AnnaSmirnova. Combattuta tra una vittoria che sembra scritta e la rabbia per una guerra infinita, lasciabolatrice chiede di avere la garanzia di non essere squalificata se non dovesse stringere lamano alla propria avversaria. Garanzia che, in effetti, riceve, grazie a un “cavillo” subentrato nelregolamento dopo gli anni di pandemia di coronavirus: dal 2020, per ragioni sanitarie chi vorràpotrà scegliere di salutarsi soltanto con un tocco di lame a fine assalto.Kharlan vince e offre l’arma a Smirnova. Ma la russa, offesa per il trattamento ricevuto, non ci sta.Si siede in pedana, blocca il regolare svolgimento di gara per 45 minuti e, alla fine, ottiene unasqualifica che, a vederla così, sembra effettivamente un po’ furbetta. Il supporto per Kharlan èunanime e, tra tutte, spicca la solidarietà di Elina Svitolina, medaglia di bronzo nel singolarefemminile di tennis alle Olimpiadi di Tokyo 2021, ma, soprattutto, tra le prime a sdoganare lamancata stretta di mano, in uno sport in cui salutarsi è cortesia, ma non regola. Il collega russo è ilnemico, il promemoria di una scia di morte e distruzione che sembra non aver fine, il simbolo di unconflitto da cui molti si sono dissociati in modo tiepido, trincerati dietro la paura di rappresaglie inpatria: così dicono gli atleti e le atlete ucraine. E d’altronde esiste anche chi, nonostante non abbiascelto la propria nazionalità, comprende e capisce il dolore portato dalla guerra: al Roland Garros,la russa Daria Kasatkina ha scelto di non avvicinarsi lei stessa a rete a Svitolina per non mettere lacollega nella scomoda posizione di dover “negare” il saluto, dimostrando umanità e maturità chesicuramente Smirnova non ha avuto.Se anche lo sport inizia a impregnarsi di politica, però, rimane la sensazione di non avere spiragli difuga dal male e di non trovare appigli per cercare il perdono. Nell’immediato Kharlan è statariabilitata per la competizione a squadra di sciabola femminile. In più, la campionessa ucraina è giàsicura di avere il pass per gareggiare a Parigi 2024, come detto dal capo del CIO Thomas Bach inuna lettera direttamente indirizzata a lei. Che Olimpiadi saranno, però, se, in netto contrasto conlo spirito incarnato dai Giochi, il conflitto tra Mosca e Kiev continuerà a esistere? E che momentodi svago e sollievo dalla guerra toccherà agli esseri umani se neanche il cameratismo che soltantolo sport sa creare, non riesce più a essere medicina per l’anima?