Chiese di Calabria
Una riflessione di papàs Elia Hagi, parroco di Vaccarizzo Albanese
Pensieri e percezioni di un parroco che vuole testimoniare la bellezza di un incontro autentico.
Ho letto tante piccole storie (gravi, divertenti o drammatiche), tanti pezzi del puzzle esistenziale; già i primi giorni di quarantena si mostrano in rete come un pavone mostra la sua coda, nella pletora di singolarità insolite.Il bric-à-brac di preoccupazioni quotidiane è rimasto in secondo piano, le cose importanti davvero, (più attenzione ai veri valori della vita, la fede) possono emergere come se eruttassero dalle fiamme della preoccupazione, dal rosso scuro di una crosta di sangue su una ferita. La celebre formula che riassume la filosofia di Berkeley, «Esse est percipi», (e che significa “Essere è essere percepito”) da persino una giustificazione filosofica all’ansia da virus e al sovrappiù di attenzione verso le nostre nuove percezioni. Scrivo percezioni perché nel nostro microuniverso paesano il virus non c’è e spero tanto non arrivi mai. Ma anche così, preoccuparsi ora dell’ultimo modello di cellulare sembra assurdo.
La cattiveria e l’invidia é entrata in quarantena. Davanti al l’epidemia ci sentiamo di nuovo uniti, non fisicamente ma spiritualmente. La scala umana diventa cosmica. Niente unisce di più il sole dalla terra che la distanza che li separa. Semmai ci fosse una variazione, un avvicinamento del pianeta, il sole ci farebbe male. Osservare rispettosamente la giusta distanza é fondamentale. Dovrebbe essere sempre così, non certo il metro di distanza obbligatorio ma la distanza che ci salvaguardia da dare giudizi acerbi, giudizi astiosi verso chi conosciamo, chi ci é vicino; in un piccolo paese la prossimità é totale, sempre. L’altra sera, l’aria mi é sembrata di foglie secche, olivastra, da ipogeo. Un silenzio attivo, tensionato, gravido di attesa degli annunci sempre più incalzanti da parte delle autorità. Qualcuno chattando da Perugia mi dice che in città si sente ancora di più. Siamo tutti a casa, non come fossili, non ci si arrende nel chicco d’ambra traslucido della propria stanza. Nel codice Atlantico, accanto a uno schizzo rappresentante alcune farfalle che svolazzano attorno a una fiamma, Leonardo aveva annotato “Te di diletto la tua mente pasci”.
Possiamo sopratutto a casa nutrirci di cose belle. Non solo tramite la “solidarietà digitale” che apre il scrigni di bellezza dei musei, della cinematografia ecc. ma anche aprendo libri e soprattutto Il Libro. Il nostro Vescovo di Lungro – Donato Oliverio ci ammaestra: “la Parola di Dio è fuoco che riscalda” . State attenti che la Bibbia non prenda polvere, lo ricorda a tutti. Il concetto ripetuto continuamente dall’altro nostro pastore vescovo di pia memoria Lupinacci: “famiglia – piccola chiesa domestica” é diventato anch’esso più concreto che mai. In famiglia invochiamo e sentiamo la presenza di Gesù, della Madonna, dei santi. Le icone ci avvolgono nella loro ragnatela dolce e dorata. Le preghiere, la gentilezza, l’amore vicendevole cresce come il pane che cuoce e si sente un profumo inebriante, come una nuvola d’incenso. Ogni privazione materiale e persino spirituale, in queste circostanze eccezionali, diventa un sacrificio gradito a Dio.