Chiese di Calabria
Al San Pio X la formazione non si ferma
Il coronavirus un'occasione di discernimento per i seminaristi studenti a Catanzaro. Diverse le iniziative e gli incontri di formazione, preghiera e meditazione.
Per i seminaristi del Pontificio Seminario Teologico Calabro il cammino di formazione non si è interrotto malgrado le misure restrittive e di isolamento a cui siamo tutti sottoposti per l’emergenza sanitaria da coronavirus. Il rettore e l’equipe stanno assicurando il proseguo della proposta formativa ai seminaristi, tramite programmi di video-conferenza e altri mezzi di comunicazione digitale: il lunedì con la lectio divina sul vangelo della domenica, al martedì con gli incontri formativi come di consueto suddivisi per classi, al giovedì con una meditazione spirituale e al venerdì con una riflessione sulla via crucis. Questo tempo di prova, di sconcerto e di restrizione se vissuto con fede e speranza può trasformarsi, soprattutto per i candidati al sacerdozio, in occasione altamente formativa perché proprio «l’atteggiamento interiore del sacerdote deve essere caratterizzato da una disponibilità permanente alla volontà di Dio che implica una continua conversione del cuore, la capacità di leggere la vita e gli eventi alla luce della fede» (cfr. Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, 56).
Il momento di “grande fragilità a livello mondiale” che improvvisamente e senza preavviso ci ha colti tutti di sorpresa impone al credente – e a maggior ragione al seminarista chiamato in un futuro prossimo come sacerdote a dare ragione della speranza che è in lui -, di acquisire l’arte del discernimento spirituale che secondo Antonio, il padre dei monaci: «è la via più adatta per essere condotti a Dio». La comunità del nostro seminario, proprio attraverso la sua offerta formativa, sta riflettendo appunto su come valorizzare “il tempo del coronavirus” considerandolo “tempo di incontro con Dio” e di ascolto della Sua parola di salvezza. Siamo provati perché privati momentaneamente dell’Eucaristia ma siamo consolati perché l’oscurità del virus non ha spento la luce della Parola di Dio alla quale, ora più che mai, dobbiamo «volgere l’attenzione, come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori» (cfr. 2Pt 1,19).
Come non ricordare, in questi giorni, l’esilio del popolo di Israele? Quando il popolo fu deportato in esilio, l’angoscia più grande fu proprio quella della distruzione del Tempio, non potersi radunare più in assemblea e non poter offrire i sacrifici al Signore. Tutto era ormai sparito. Fu il momento in cui il popolo si preparò ad un altro tipo di presenza da parte del Signore, che è la presenza di Dio nella sua Parola. È scomparso il tempio ma in esilio nacquero le sinagoghe, luoghi di riunione in cui il popolo cominciò a predicare a piccoli gruppi, diremmo oggi, con un termine moderno, “in piccoli centri di ascolto” a meditare la Parola del Signore. Per i seminaristi questo tempo rappresenta allora una opportunità per entrare in relazione sempre più intima con la Parola di Dio «che prima di diventare predicazione deve essere accolta nel proprio cuore e diventare il riferimento continuo per la vita discepolare e la configurazione spirituale a Cristo Buon Pastore» (cfr. Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, 103).
Questo è il momento in cui giorno per giorno, come comunità di preti e seminaristi, dovremmo rinnovare la nostra adesione alla Parola del Signore e, facendo nostra la l’invocazione del salmo 91 (90), dire: «Mi fido di Te, Signore. Tu sei mio rifugio e mia fortezza. Tu sei mia dimora».
E’ questo il tempo propizio che ci offre “la divina clemenza” per imparare a scendere nel profondo di noi stessi, nel “segreto dell’anima” e li trovare quella verità consolante che è Cristo stesso, Dio vero, «interior intimo meo et superior summo meo» secondo la felice espressione di sant’Agostino (Confessioni, III,6,11). E’ questo il tempo per dedicarsi a “dissotterrare” la Parola di Dio dal cumulo di parole umane spesso superflue e inopportune con le quali l’abbiamo sepolta, come ci invita a fare Etty Hillesum, ebrea olandese deportata ad Auschwitz, che nel suo diario scrive: «Dentro di me c’è una sorgente molto profonda. E in quella sorgente c’è Dio. A volte riesco a raggiungerla, più sovente è coperta di pietre e di sabbia: in quel momento Dio è sepolto, bisogna allora dissotterrarlo di nuovo».
Anche se in luoghi ristretti, nella solitudine delle nostre abitazioni, si può concretizzare ciò che dice il Signore: «Quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,6). Nei tempi lunghi passati nel segreto della nostra stanza cerchiamo il Signore e scopriremo una profonda verità: nel segreto dell’anima è Dio che cerca ciascuno di noi perché ci ama e ce lo vuole comunicare proprio nell’intimità. Nel nascondimento Dio si svela e si rivela. Si scende nel profondo dell’io per elevarsi alle altezze di Dio. Per seminaristi che si prepararono ad essere annunciatori e testimoni della buona notizia che Dio ci ama in Cristo Gesù questa è una esperienza formidabile e profondamente formativa, certificata dall’esperienza di molti santi come, per esempio, Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo che nella sua autobiografia attesta: «Gesù è un tesoro nascosto, non l’ho mai sentito parlare ma è in me con la sua parola che è Gesù stesso, con l’eucaristia che si nasconde dentro il mio cuore, con la sofferenza, il volto santo di Gesù sofferente».
Perciò, ogni tempo dell’esistenza di un seminarista e di un prete, anche quello più buio e desolante, più isolato e ristretto, è tempo di “formazione continua” che non si interrompe perché «né morte né vita, né presente né avvenire, ne alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù nostro Signore» (Rm 8,38-39).