I Vescovi calabresi: “A Pasqua impariamo a leggere la nostra storia”

Una sintesi delle omelie celebrate dai Vescovi delle Chiese che sono in Calabria nella domenica di Pasqua. Le Sante Messe sono state celebrate senza concorso di popolo. 

Reggio Calabria – Bova. “La fede non è un pacchetto di verità, ma il fermento con cui guardiamo la vita. La verità del Cristo morto e risorto sia il principio con cui leggiamo la nostra storia”. Lo ha detto nell’omelia della messa di Pasqua in cattedrale monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, arcivescovo di Reggio Calabria – Bova. “Questa Pasqua oggi noi l’accogliamo per capire quello che ci sta accadendo, chiusi nelle nostre case, pieni di paura – ha detto il presule -. Ora siamo chiamati a tradurre questa pandemia in decisioni forti della nostra vita, a usare questo tempo per comprendere che la fede deve animare la vita, nella famiglia e nei rapporti interpersonali”. Mons. Morosini ha constatato che “la società consumistica ci chiede di goderci il momento e basta, mentre il Vangelo ci invita a guardare oltre, al nostro futuro”. Evidenziando il significato della Pasqua, il presule ha ricordato che “il primo grande dono della Pasqua è la ricerca del Signore per riproporre a noi stessi una fede che interpreti la vita, perché la fede non è credere una verità estranea a noi. Si tratta – ha aggiunto – di trasmettere la nostra fede, di annunziarla”, perché “è attraverso il mistero della Pasqua che guardiamo la nostra vita, gli accadimenti, la società che ci circonda, la storia di oggi”.

Cassano all’Jonio. “La Risurrezione di Gesù è l’ossigeno che ci dà respiro, oggi e sempre, per la vita eterna”. Lo ha detto monsignor Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio, nella celebrazione eucaristica della Pasqua.  “Da quel sepolcro vuoto, da quel primo giorno della settimana, la vita si rimette in cammino, per tutti, per sempre”, la certezza del presule, perché “non siamo fatti per la morte, siamo fatti per la vita: questo ‘rimbalza’ con la Risurrezione e ci fa balzare”. Mons. Savino ha ammonito che, “anche se, in questa Pasqua tutta particolare a causa del coronavirus, non possiamo muoverci dalle nostre case, andiamo anche noi con la Maddalena al sepolcro e con Simon Pietro e Giovanni entriamo lì dentro e guardiamo”. Il presule ha rassicurato che “credere nella Risurrezione significa credere che non c’è una situazione che non possa cambiare, trasformarsi, evolvere. Significa credere che anche un ‘male necessario’ serve al bene, che anche l’egoismo, la sfiducia e la tristezza possono essere luogo di amore, fiducia, gioia”.

Catanzaro – Squillace. “Resuscitiamo la speranza. Decidiamoci di muovere incontro a Cristo sul serio. Se vogliamo diventare segni luminosi ed esemplari di Cristo, specchiamoci in lui, imitiamolo. Rinvigoriamo la nostra fede, la nostra speranza, che oggi è medicina più di ogni altro periodo della storia”. Lo ha detto monsignor Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro – Squillace, che ha presieduto la Santa Messa di Pasqua nella chiesa dell’Immacolata, nel capoluogo catanzarese. “È faticoso celebrare questa Pasqua in questo momento in cui, chiusi in casa, siamo paurosi di contrarre il coronavirus, è difficile celebrare la domenica di Pasqua nel venerdì di passione che stiamo vivendo – ha detto il presule -. Però dobbiamo imparare a leggere la nostra storia alla luce della fede”. “Il Signore continua a dirci di non avere paura, perché egli è con noi – il messaggio di mons. Bertolone -, pronto a rialzarci se cadiamo, ad illuminare anche la storia di questi poveri giorni della pandemia”. Il presule ha richiamato le figure principali del vangelo giovanneo della Resurrezione, evidenziando che “la fede pasquale degli apostoli e della Chiesa primitiva ha generato la nostra fede. Gli occhi della fede vedono credendo”. Da qui l’invito: “rinnoviamo la nostra fede nel Signore, così da credere nel bene, nel futuro, nelle persone, nella fraternità umana”.  

Lamezia Terme. “Viviamo da risorti apriamoci ad accogliere i più deboli e poveri, ci sia maggiore fraternità e solidarietà tra di noi. Portiamo resurrezione ovunque, lasciamo correre questa buona e bella notizia nella nostra esistenza di cristiani”. Lo ha detto monsignor Giuseppe Schillaci, vescovo di Lamezia Terme, che nella cattedrale lametina ha presieduto, senza concorso di popolo, la messa nel giorno di Pasqua, trasmessa in streaming sui media diocesani. “L’uomo desidera toccare con mano e poter padroneggiare tutto – ha detto il presule -, salvo verificare che basta quasi niente per renderlo timoroso e pauroso, basta un virus incredibile che mette sotto scacco il nostro mondo. Oggi però il nostro cuore è invitato a fare festa, perché Gesù è veramente risorto”. Commentando il brano evangelico, mons. Schillaci ha invitato i fedeli a “correre al sepolcro con la fede che nasce dall’amore, e che permette di guardare oltre”. “Malgrado il peso di questi giorni – ha proseguito il presule – la resurrezione di Cristo è l’evento che ci permette di leggere tutto quello che stiamo vivendo oggi, perché il Cristo risorto è l’autentica intelligenza della fede”. Per questa fede, “vale la pena amare e salvare vite come stanno facendo tanti”.

Oppido Mamertina – Palmi. “Ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva. Il Signore ci interpella dalla sua croce a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiamma d’amore”. Lo ha detto monsignor Francesco Milito, vescovo di Oppido Mamertina – Palmi, nella celebrazione pasquale presieduta in Cattedrale. “È una Pasqua diversa, di certo prima ed unica. Vogliamo pregare che sia anche una Pasqua che ci ha fatto risorgere a una lettura della storia che va oltre il solo sensibile”. Infatti – ha detto il presule – “il virus fa paura perché invisibile, è un ospite violento. Il Signore ci liberi da tutti i virus che ci contagiano dentro”, a partire “dalla lontananza da Dio e dall’indifferenza nei suoi confronti, dagli stili di comportamento opposti al suo disegno di amore, dalla smisurata avarizia che si traduce nell’accumulo di beni nelle mani di pochi, da politiche internazionali egocentriche, da fughe da sé verso spazi del nulla”. Piuttosto – ha chiosato mons. Milito – “il risultato della Pasqua deve essere l’immunità dal male, perché siamo chiamati a contagiare di vita nuova il mondo”. “Questa è la Pasqua – ha ribadito – passare da forme di vita evanescenti alla vita nuova in Cristo”.

Mileto – Nicotera – Tropea. “Il Signore è risorto.Questo è il grande annuncio che dobbiamo dare al mondo. È un annuncio di gioia e di speranza all’umanità, soprattutto in questo periodo in cui sembriamo tutti finiti in un sepolcro di morte”. Questa la certezza di monsignor Luigi Renzo, vescovo di Mileto – Nicotera – Tropea, nella messa della domenica di Pasqua celebrata in Cattedrale e trasmessa in streaming sul sito della diocesi. “Siamo tutti giustamente preoccupati di quanto accadendo, e ci chiediamo se cambierà qualcosa per il futuro” – ha detto il presule -. “Se dopo il coronavirus continueremo a tenere lo stesso stile di vita, allora avremo perso la guerra. Non avremo sfruttato l’esame di coscienza che questo tempo ci propone, non avremo fatto come Giovanni che, arrivato al sepolcro, ha fatto funzionare il cuore, ha amato”. Per mons. Renzo “questo è il segreto della resurrezione dalla pandemia: amare”. Infatti, “oltre alla ragione dell’economia deve prevalere il cuore, l’amore verso l’altro, perché solo questa sarà la strada dell’umanità vera, con rapporti di pace e fraternità universali”.

Cosenza – Bisignano. “Con l’evento della risurrezione l’unigenito di Dio, Gesù, ci rende fratelli”. È la certezza di monsignor Francesco Nolè, arcivescovo di Cosenza – Bisignano, nella messa celebrata in cattedrale nella domenica di Pasqua. “Non pensavamo di celebrare la Pasqua così – ha detto il presule. Forse noi stessi ci eravamo stancati di una vita frenetica, fatta solo di cose da fare senza pensare davvero a noi stessi. Forse avevamo bisogno di riscoprire gli affetti più cari”. In questo tempo, per il vescovo di Cosenza, “la vera preghiera che dobbiamo fare al Signore non è di salvarci da questo virus, ma di salvare la nostra vita dal male”. Infatti, “il Signore ci chiede di avere fede quanto un granellino di senape. Questo è il momento in cui il Signore è venuto a bussare alle nostre porte, ci chiede di togliere l’odio e il rancore e ci chiede l’umiltà del cuore, di non essere superbi”. Per questo, per mons. Nolè, “ora tutti dobbiamo sentirci famiglia, non c’è più il velo della falsità, dell’inganno, del dialogo sincero tra marito e moglie, tra genitori e figli”, perché “senza il velo abbiamo il dovere di dire la verità e di vivere la verità. Questa è la risurrezione di Cristo”. Al termine della celebrazione mons. Nolè ha affidato la Città di Cosenza e la diocesi alla sua patrona, la Madonna del Pilerio.