Sibari in festa per la Madonna delle Grazie

Presiede le celebrazioni monsignor Pino Caiazzo, Arcivescovo di Matera

C’è grande attesa a Sibari per la seconda domenica del mese di luglio — che quest’anno cade giorno 12 — data della tradizionale festa della protettrice, la Madonna delle Grazie.  

Quest’anno le due parrocchie sibarite di San Giuseppe e San Raffaele, guidate dal parroco Pietro Groccia, accoglieranno S. E. Mons. A. G. Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, che presiederà la solenne concelebrazione delle ore 19.00 in onore della Madonna. La S. Messa avrà luogo all’aperto, nel piazzale accanto la chiesa di Gesù Buon Pastore. In questi giorni, la comunità si sta preparando alla festa con un triduo di celebrazioni presieduto da diversi sacerdoti che intessono panegirici mariani ispirati alla meditazione del Magnificat.

Mons. Caiazzo è l’Arcivescovo di Matera, città che dal 1950 si fregia del titolo di Civitas Mariae e che da Giovanni Paolo II nella visita pastorale 27 aprile 1991, è stata definita la diocesi della Visitazione e del Magnificat.

La festa della Madonna delle Grazie si celebra a Sibari dal 1965, anno in cui l’allora vescovo della Diocesi di Cassano all’Jonio, mons. Raffaele Barbieri, commissionò al benedettino siciliano Raffaele Stramondo una tela raffigurante la Madonna in trono con Bambino tra i Santi Eusebio, papa — secondo una tradizione non suffragata da documenti nativo di questo territorio — e Lucia, vergine e martire, patrona di Belpasso, città natale dello Stramondo. Il titolo mariano “delle Grazie” si deve alla volontà del vescovo Barbieri, in accordo con la comunità di Padri liguorini che allora reggevano le parrocchie di Sibari. Lo stesso titolo di “Madonna delle Grazie” fu dato in quegli anni all’ex Clinica di Sibari.

Maria, ha detto Pietro Groccia, è per Sibari il volto che rappresenta il faro del comune navigare, il volto che in­canta i bimbi, commuove i giovani, intenerisce gli adulti, conforta i vecchi. Il volto che sazia i poveri e provoca i ricchi, il volto che incanta, rasserena e richiama. Sibari, ha continuato Groccia, desidera confrontarsi con Cristo, con il suo Vangelo e mettersi di più alla scuola di Maria, la serva fedele, la grande maestra e testimone dell’umanità nuova, per vivere in comunione con ogni povertà, quella materiale e quella morale, quella culturale e soprattutto quella sociale.

Maria nella fede del popolo è colta innanzitutto come madre. Il popolo sente Maria intuitivamente come madre di Cristo e degli uo­mini nuovi in Cristo. La coglie come un dono di Dio, come colei che ma­nifesta in un cuore che è materno, — il cuore della madre, diceva il poeta, è d’ogni dio più forte! — coglie la potenza dell’amore infinito di Dio, coglie che è colei che ha generato nella carne e nella fede il Figlio di Dio. Sottolinea, infatti, della maternità di Maria soprattutto due volti: la po­tenza – ma la potenza nel senso materno: “colei che tutto può”, si recita in certi canti popolari – e la misericordia. La coglie, in sintesi, come colei che media tutte le grazie.

Questa teologia della mediazione universale di Maria coglie in Maria la via attraverso la quale Dio è venuto e attra­verso la quale Dio viene in maniera sempre nuova.

In breve, ha concluso, Maria è per noi una «profezia» perché mentre la cultura contemporanea sembrerebbe cantare il requiem di Dio, la madre di Gesù, ci convoca ancora a cantare la vita, con la immediatezza degli spiriti puri.