Mons. Pizzaballa: “la pace si costruisce dal basso”

L'Amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme a Cassano ha ricevuto il Premio “Giorgio La Pira”.

A Cassano all’Jonio, monsignor Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, ha ricevuto il premio “Giorgio La Pira”, promosso dall’omonimo Centro Studi locale, presieduto dal giornalista Francesco Garofalo. Mons. Pizzaballa, in Cattedrale, ha tenuto una lectio “Il Mediterraneo come il lago di Tiberiade. Uno spazio di dialogo tra popoli e religioni”. Lo abbiamo intervistato. 

Che significato ha questa giornata?Oggi si commemora il grande visionario, “pazzo” se si vuole, ma dallo sguardo profetico, di Giorgio La Pira, e soprattutto il suo contributo per la pace nel Medioriente e nel mondo mediterraneo.A che punto è il processo di pace nel Medioriente?La pace è un cantiere sempre aperto. Il processo di pace vive di alti e bassi, siamo in un periodo un po’ basso, di grandi incomprensioni. Ma noi non demordiamo. Dobbiamo sempre lavorare nel piccolo, nel concreto, perché le occasioni di pace non manchino mai.Cosa va e cosa non va?Quello che va sono le persone, le associazioni, i gruppi, che continuano a scommettere, a mettersi in gioco per fare qualcosa insieme. Sono ebrei, cristiani, musulmani, israeliani e palestinesi di buona volontà. Quello che non va è l’assenza della politica, di una politica che non ha visione ampia e vive sull’oggi, e questo lo vediamo nella catastrofe umanitaria che coinvolge tutto il Medioriente. Insomma, la pace viene dal basso?La pace, posso dire secondo la mia esperienza di ormai trent’anni, in quelle zone, nasce solo dal basso.Dopo la chiusura per le tassazioni minacciate dal Governo, è stato riaperto il Santo Sepolcro.Il dialogo è ricominciato, quello che è successo è stata una sorta di prova di forza seria soprattutto per scuotere le coscienze delle parti. Ora che il dialogo è ripartito, però, bisognerà arrivare alla conclusione di questa particolare diatriba che dura da venti anni.Cinque anni di pontificato di papa Francesco. Cosa ha portato alla Terra Santa?“Ha fatto del dialogo il criterio di lettura del proprio pontificato con tutte le realtà del territorio, con tutte le fedi, con i credenti e i non credenti. Una Chiesa in uscita è una Chiesa che va incontro e che dialoga”. È comunicato bene al mondo quando accade in Terra Santa?Purtroppo no. La comunicazione, per quanto riguarda la Terra Santa, è sempre un po’ orientata, o si sta da una parte o da un’altra. È anche vero che la comunicazione oggi vuole essere breve e immediata e in una realtà così complessa è sempre difficile essere brevi, per cui si va sempre a finire nelle generalizzazioni. Avremmo tutti bisogno di comunicare più e meglio sulla Terra Santa. Che Pasqua sarà per i cristiani nella terra di Gesù?La Pasqua sarà sempre la stessa: Cristo che muore e risorge ed è il fondamento della nostra speranza, che ci dice che, nonostante tutto, la vita continua a scorrere. Noi, questa speranza, dobbiamo testimoniarla anche lì, nella terra di Gesù.