Mons. Bertolone: c’è bisogno di padri e madri

La riflessione del presidente della CEC a Calabria Ecclesia su famiglia ed educazione. "C'è bisogno d'amore"

«Tutti siamo d’una stoffa nella quale la prima piega non scompare mai più». Massimo D’Azeglio, genero di Alessandro Manzoni, nel libro autobiografico “I miei ricordi” ricorre alla metafora dell’impronta che lascia in ognuno la prima educazione, quella ricevuta in famiglia. Difficile dargli torto, se sol si considerano le tracce indelebili impresse nell’anima di ciascuno da persone sagge, eventi importanti ed incontri indimenticabili. Eppure, tutto ciò potrebbe svanire, per decreto!In questi giorni cominciano a manifestarsi gli effetti della norma introdotta nel 2017, tra i provvedimenti attuativi della riforma della scuola, ovvero quella che nello specifico istituiva «un sistema integrato di istruzione e educazione per i bambini, dalla nascita fino ai sei anni». Si stabilisce che l’educazione dei fanciulli fino ai tre anni d’età rientri tra le competenze statali, nell’ambito di un percorso educativo codificato, il cui fine è integrarsi con i cicli scolastici. In altri termini, alle famiglie viene proposto di inserire i propri figli in un percorso che sfocerà poi nel mare della scuola dell’obbligo.Buone intenzioni, non tradotte però nel migliore dei modi: pensate per dare risposte adeguate alle famiglie, esse sortiscono effetti pratici di tenore opposto, dal momento che invece di andare incontro alle esigenze specifiche di ciascun nucleo familiare, propongono un “format” valido per tutti allo stesso modo, che solleva i genitori dall’incombenza di curare, educare ed istruire i bambini, affossando – al tempo stesso – il valore dell’aiuto e dell’autonomia, visto che anche le Regioni, spogliate d’ogni competenza, si ritrovano a svolgere un ruolo di mera programmazione. Teoricamente, insomma, a far la parte del leone è lo Stato, che trattiene la funzione di indirizzo, coordinamento, monitoraggio, assegnazione delle risorse, definizione degli orientamenti educativi, eccetera. Ai genitori nemmeno la presenza in organi collegiali di valutazione, riservata ad un coordinamento pedagogico territoriale di esperti.Ce n’è abbastanza perché sorga qualche dubbio: i bambini non «sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere», come osservava già Plutarco e dopo di lui anche Quintiliano. E i genitori sono i primi educatori dei loro figli: a meno di non ritenere abolita per legge la famiglia, è suo compito prioritario e primario curare una formazione capace di trasmettere valori ai figli, affinché le nuove generazioni conquistino il senso della libertà e la dimensione della responsabilità. La capacità di amare dei genitori diventa l’anima dell’educazione, nel momento in cui inculcano lo spirito di servizio, il senso del sacrificio e l’impegno nella gratuità.Ecco: di tutto questo v’è ancora bisogno. Per dirla con Italo Calvino, «ciò che i genitori m’hanno detto d’essere in principio, questo io sono: e nient’altro. E nelle istruzioni dei genitori sono contenute le istruzioni dei genitori dei genitori, a loro volta tramandate di genitore in genitore in un’interminabile catena d’obbedienza».* Presidente della Conferenza Episcopale Calabra