Grazie all’amore di Enrico

Sarebbe bello se potesse parlarne ai ragazzi e alle ragazze.

Il male fa rumore, il bene invece suona, è sempre una musica. Il primo si sente, anche quando non vuoi, il secondo bisogna ascoltarlo.Un pensiero semplice che credo possa condividere chi si ponga con onestà al centro dei flussi comunicativi della nostra Rete contemporanea, ma ancor più profondamente nel viluppo di relazioni di cui è fatta ogni vita.Una musica inebriante ho ascoltato non molti giorni fa in occasione del quarto anniversario della nascita al cielo di Chiara Corbella Petrillo. A parlare era suo marito, giovane vedovo dagli occhi ancora lucidi di amore. Poco prima aveva testimoniato della sua storia stra-ordinaria davanti a Papa Francesco, per il Giubileo degli ammalati e delle persone disabili. In Piazza San Pietro aveva detto con forza di amare e credere in un Dio della misericordia più che della giustizia, perché non è “giusto” rimanere vedovo con un figlio di pochi anni, dopo averne affidati al Signore due, vissuti pochi minuti ciascuno ed essersi dovuto separare da una sposa, tanto bella quanto impotente di fronte ad un male troppo aggressivo.“Siamo nati e non moriremo mai più”, “Piccoli Passi Possibili” sono solo alcune delle espressioni che molti stanno imparando a conoscere, non solo nella città di Roma. Sono parole di Chiara divenute i titoli dei primi volumi pubblicati per raccontare questa storia di santità tanto sublime quanto a portata di mano. Una ventottenne che ama talmente la vita, il matrimonio, suo marito e i suoi figli, che si affida così tanto al Signore da essere pronta a donarsi in pienezza, accogliendo un’impaziente sorella morte senza disperazione. Ma immaginando che molti lettori sappiano già di Chiara, in queste righe io vorrei parlare di Enrico Petrillo perché il suo percorso, come quello di un nuovo Giuseppe, non è stato meno impegnativo di quello della sua sposa. È lui che ora vive nella memoria feconda della donna con cui ha condiviso un’avventura di dolore, di fede, ma anche di gioia e speranza a tratti davvero indicibile; lui che è chiamato quotidianamente ad una testimonianza infaticabile a cui con coraggio e passione non si sottrae. Lui che ha lasciato che Chiara andasse al cielo col vestito da sposa, lui che al funerale di sua moglie suonava il canto scritto per lei, trattenendo le lacrime, un canto come scandito dal ritmo gioioso delle campane. Lui che ora è padre di Francesco e si scontra e confronta ogni giorno con il mistero di un disegno che continua a rimandare ad un Altro, a una logica che non ha niente in comune con quelle che ci riguardano tutti i giorni, ma che è in modo spiazzante la logica del Vangelo.Ascolti Enrico e ogni sua parola ti sembra Chiara: perdonate il gioco di parole, ma è così! Ti sembra che lei non sia solo nelle immagini che scorrono alle sue spalle, ma che il suo spirito, anzi, anche il suo corpo e la sua bellezza siano al suo fianco.Vorrei che questo giovane uomo potesse parlare a migliaia e migliaia di ragazzi e ragazze che fanno i primi passi nella stagione degli amori. Vorrei che tanti scoprissero in lui la via da seguire per non perdersi, per nutrirsi di cibi solidi, di parole vere, di avventure che portano al traguardo!Enrico non è un supereroe ma è un uomo vero. Una persona come noi, cresciuta in questa nostra distratta città, che ha camminato sulle stesse strade, si è innamorato come tanti altri giovani, ma in tutto questo si è ostinatamente fidato che il Signore era lì con lui, sempre, anche nella prova più incomprensibile. Ecco, allora, perché non si stanca di dire che la Croce è leggera – il testamento, quasi le ultime parole di Chiara – perché sotto quella croce Enrico ci è stato tenendo costantemente in una mano sua moglie, nell’altra il Padre.Grazie Enrico, a nome di tutti gli sposi, di tutti gli uomini, di tutta la Chiesa. La tua parola fatta di vita vale più di mille saggi, mille convegni, ed è in sé una stupenda “esortazione”. Tu, con Chiara, ci indichi che il matrimonio è davvero via di santità e che il Regno è già qui per chi lo cerca.