Madre Isabella De Rosis da Rossano

La vita e la testimonianza di fede della religiosa che desiderava essere “la vittima dell’amore”

Isabella de Rosis è nata a Rossano il 9 giugno 1842. Primogenita di nove figli. I suoi genitori i baroni Domiziano De Rosis e Gabriela Francesca Berlingieri, nobili rossanesi provvidero alla sua educazione inviandola al convitto del monastero di Santa Chiara a Napoli. Mentre era in collegio, viveva il quotidiano delle sorelle, condivideva la loro vita di preghiere, mortificazione e penitenza. Era un esempio di pietà, fermezza, disciplina e silenzio. A 19 anni, nel 1861, ritornò in famiglia, con l’intento di abbracciare lo stato religioso. Tuttavia, i suoi genitori si opposero, pur senza riuscirci, perché intenzionati a farle fare un matrimonio conveniente. Nel 1869, a 27 anni, Isabella entrò come postulante tra le Figlie della Carità a Napoli. Da lì fu trasferita a Parigi, che lasciò dopo due anni per motivi di salute. Dopo un breve periodo trascorso a Rossano, ritornò a Napoli per curarsi. Nel 1874 fece domanda per essere ammessa nella Società di Maria Riparatrice a Roma, ma fu scoraggiata da padre Carlo Piccirillo, confessore di papa Pio IX: il Signore, come aveva dichiarato il Papa, voleva altro da lei.  Nei tre anni che trascorse a Rossano, Isabella fu molto abbattuta da vari malanni fisici e dall’ambiente frivolo in cui si trovava a vivere. Trovava conforto solo nella preghiera davanti al Tabernacolo della cappella del suo palazzo. Incoraggiata dal suo confessore, padre Aniceto Ferrante, poi vescovo di Gallipoli, diffuse nella diocesi di Rossano Calabro l’Apostolato della Preghiera. In più, attingendo al suo patrimonio, cominciò a procurare arredi sacri, spesso ricamati proprio da lei, per le chiese povere. Trovava anche il tempo d’insegnare il catechismo ai bambini poveri. Nel 1856, quindicenne, compì la sua prima consacrazione al Sacro Cuore, con la formula di Santa Maria Margherita Alacoque, promettendo amore e riparazione al Signore. I suoi anni al collegio ebbero su di lei un impatto decisivo. Al collegio ottenne le basi della sua formazione spirituale e maturò la vocazione religiosa. Col tempo, meditò l’idea di fondare un istituto dedito alla riparazione delle offese e del mancato amore al Sacro Cuore di Gesù. Cominciò ad attuarla nel 1875, quando, insieme a una compagna, Giuseppina Spina, si ritirò in una piccola casa in affitto alla periferia di Napoli. La compagna, però, se ne tornò a casa, ma Isabella non rimase sola per molto: la raggiunse Marianna Ramauro. Il 24 ottobre 1875, l’arcivescovo di Rossano, monsignor Pietro Cilento, trovandosi di passaggio a Napoli, celebrò la vestizione religiosa di Isabella e Marianna. Era l’atto di nascita delle “Povere Suore Riparatrici del Santissimo Cuore di Gesù”. La sua spiritualità viene rappresentata dalle sue espressioni più tipiche: l’amore, la pratica della virtù, la preghiera, la consacrazione, la penitenza e la riparazione. Isabella non visse per se stessa, ma per il Signore, nel tentativo continuo di dimenticarsi per compiacere Dio, mantenendo sempre il suo cuore libero dalle molte attrattive del mondo. Si occupò unicamente del pensiero di servire Dio e il completo adempimento della sua volontà. Era determinata a cercare la perfezione con ferma decisione e non si accontentava di una vita comoda, ma piuttosto di una vita santa raggiunta attraverso la pratica di tutte le virtù con determinazione nel vivere in meditazione, mortificazione e ritiro, desiderando di essere la “vittima dell’amore”. Madre Isabella sopportò tutto con amore, rimase sempre fedele agli ideali di riparazione. Il 12 luglio 1906 fu emanato dalla Santa Sede il Decreto di lode. Da allora in poi l’Istituto fu denominato “Suore Riparatrici del Sacro Cuore”. Il 7 agosto successivo, madre Isabella e altre suore emisero i voti perpetui. Nel 1909, però, si profilò un’altra grande prova per madre Isabella. A causa dell’avversione di alcune persone, fra cui qualche suora, fu inviato da Roma un Visitatore Apostolico, il redentorista padre Carmine Cesarano. Di lì a poco, questi chiese la destituzione della fondatrice come superiora generale e ne ordinò la relegazione in una camera separata. Madre Isabella, privata del contatto con le sue figlie, arrivò annotò nelle sue riflessioni spirituali: «Isabella, ti sia dolce la vita in quest’angolo appartato, lungi da ogni cosa: il tuo Dio vuole così, e l’anima tua si tenga sul Calvario, innamorata di Gesù Crocifisso».  Le incomprensioni e le sofferenze minarono in breve le sue forze. Morì l’11 agosto del 1911 a Napoli, a 69 anni. La fama della sua santità e le grazie a lei attribuite mossero l’arcivescovo di Napoli, il cardinal Alessio Ascalesi, ad aprire la causa di beatificazione. A distanza di diversi decenni il 19 dicembre 2005, papa Benedetto XVI autorizzava