C’erano una volta… le favole!

Un tempo c'erano le fiabe, con eroi pronti a battersi per far trionfare il bene sul male. Oggi ci sono avventure raccontate in episodi conclusi in se stessi, che narrano la vita di tutti i giorni, come spiega la sociologa Marina D'Amato. Il rischio del silenzio sulle favole gender.

“C’era una volta…”. Così iniziavano le favole… Ma oggi, al tempo di internet, app e televisione, i nostri bambini leggono ancora le favole che hanno per protagonisti eroi pronti a tutto per far trionfare il bene? Negli Stati Uniti la National Rifle Association, un’organizzazione che agisce in favore dei detentori di armi da fuoco, sul suo blog ha iniziato a riscrivere i classici per bambini mettendo in mano ai protagonisti fucili e pistole. E che dire delle favole “gender” che sono state al centro di polemiche in alcune scuole in Veneto e in Toscana? Di tutto questo parliamo con Marina D’Amato, docente di Sociologia, Sociologia delle comunicazioni di massa, Sociologia dell’infanzia all’Università di di Roma Tre. Insegna anche all’Università Renè Descartes Sorbona Parigi 5, all’Università di Vincennes Parigi 8.

Professoressa, cosa leggono oggi i bambini?

Leggono soprattutto storie che riguardano la quotidianità. Abituati, in qualche modo, dai cartoni animati, dalla televisione, dalle app e dai video che usano, i bambini sempre di più vivono l’immaginario come fatti della loro vita quotidiana. Non esistono più storie come quelle del passato che offrivano miti, valori e modelli di comportamento attraverso eroi, che compivano un grande gesto solitamente raggiunto con fatica e generosità, per ottenere un risultato, che nelle fiabe antiche era sostanzialmente sempre lo stesso: raggiungere il bene e sconfiggere il male.In tutte le culture del mondo le favole hanno avuto e continuano ad avere in parte il grande ruolo di trasmettere da una generazione all’altra il senso dell’etica, della morale e della giustizia per predisporre i bambini a una vita morale, etica, giusta.

Cos’è cambiato?

L’immaginario dei bambini di tutto il mondo è diventato un unicum a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, quando le televisioni private hanno invaso tutto l’Occidente con cartoni animati provenienti dal mondo nipponico. La novità è che queste storie venivano raccontate a episodi. Un esempio è rappresentato dai cartoni animati che hanno come protagonista Remi o Heidi. La scrittrice svizzera Johanna Spyri a fine ‘800 scrisse la storia di Heidi, del nonno, del rispetto della natura e della solidarietà verso un’amica meno fortunata. Quando è stata resa a cartoni animati si è trasformata in 92 piccole storie, ognuna delle quali racchiusa in un episodio. Così Heidi è diventata un intrattenimento durato tre mesi, in cui ogni giorno la storia cominciava e finiva. Se si perdeva una puntata precedente, il bambino poteva lo stesso comprendere l’episodio che vedeva in televisione.Questo trend si è affermato sempre di più nell’invenzione di personaggi fantascientifici, sentimentali, di vita quotidiana, protagonisti di vicende che cominciano e finiscono nell’episodio.

Questo cosa comporta?

Cambia completamente l’idea di un racconto che non è più epico: non c’è più un eroe che compie qualcosa di difficile da ottenere, ma è un episodio di vita quotidiana, come perdere e ritrovare un oggetto, compiere un dispetto come avviene ad esempio in Peppa Pig.Sono piccolissime situazioni, che non contengono più l’idea di un’etica di fondo, di un progetto ideologico, politico, religioso, morale, ma hanno solo un fine di intrattenimento.Questo è il primo grande cambiamento.

Posso paragonare questo ‘furto’ ai danni di fiabe celebri solo al fatto che la maggior parte dei siti pedofili nel mondo, poi più o meno tutti bloccati, cominciava con la parola ‘Disney’. È un’analogia di perversione. Il bambino cliccava alla ricerca di una favola e trovava un orco.