Cultura
Una docente appassionata di pedagogia e legata ai valori cristiani
Un’insegnante che amava i giovani, era attenta alla loro educazione e sempre pronta a trasmettergli i valori umani e spirituali. Questa era Adele Corradi, la professoressa che affiancò Don Milani nello svolgimento della sua attività didattica nella scuola popolare gratuita di Barbiana, dal 1963 fino alla scomparsa del priore nel 1967. La donna si è spenta lo scorso 23 novembre nella sua casa vicino a Piazzale Michelangelo a Firenze, quasi centenaria. Nata sul Monte Giovi nel Fiorentino nel 1924, un anno dopo la nascita di Don Milani, insegnò prima nella scuola media di Pozzolatico, una frazione del comune chiantigiano di Impruneta, per poi passare in ruolo nell’anno della nascita della scuola media statale in Italia nel 1963, ricevendo la cattedra a Castelfiorentino nella Valdelsa. Il 29 settembre 1963, giorno di San Michele, si recò con un’amica a far visita a Barbiana e rimase colpita dall’approccio educativo messo in campo da Don Milani. Quel giorno il maestro iniziava ad impartire ai suoi allievi lezioni di scrittura collettiva, basata sul rispetto del pensiero altrui. Adele fu interessata a questo metodo didattico e voleva capire come i ragazzi imparavano a scrivere in questa scuola. Vi tornò più volte, sempre con il consenso del priore, perché desiderava interagire e insegnare a quei ragazzi poveri, nonostante la distanza da casa sua. Nel 1964 ottenne il trasferimento alla scuola media di Borgo San Lorenzo, dove lavorò fino al 1974, prima di essere mandata all’istituto di Galluzzo vicino Firenze, dove rimase fino al 1991. Adele seguì l’intero lavoro di redazione collettiva del volume “Lettere a una professoressa” (1967), l’opera più celebre che il sacerdote e pedagogista fiorentino scrisse insieme ai suoi studenti di Barbiana, nella quale rivolge un’accusa efferata alla scuola pubblica italiana di quegli anni, selettiva e classista, un’istituzione che impediva qualsiasi scalata sociale ai poveri accentuando il divario con i ricchi. Adele volle bene a Don Milani del quale apprezzò e seguì il suo modello di vita, ispirato alla Parola del Vangelo e ad una Chiesa viva che sta vicino ai bisognosi. Condivideva con lui l’idea che il riscatto sociale dei meno abbienti consistesse nella cura dell’istruzione, attraverso un percorso di crescita e accompagnamento fatto di amore, e mediante l’applicazione di un metodo pedagogico basato sull’uso della lingua diretta, sulla scrittura creativa, sulla lettura di quotidiani e sulla redazione di commenti.
Adele Corradi difese il priore dai periodici attacchi che gli furono rivolti, anche da parte dalla rigida ortodossia ecclesiastica, per la sua esplicita presa di posizione contro ogni forma di ingiustizia sociale, di autoritarismo e di guerra, per la sua convinzione che l’obbedienza non fosse più una virtù, e per il suo essere un prete riformatore e rivoluzionario lontano dai canoni prestabiliti dalla Chiesa, sempre proiettato al di là degli stereotipi e alla ricerca del vero. L’aiuto che Adele diede a Don Milani, per quattro anni, le valsero la dedica che il sacerdote le fece su “Lettera a una professoressa” qualche giorno prima di morire: “Parte quarta. Poi finalmente trovammo una professoressa diversa da tutte le altre che ci ha fatto tanto del bene”. Scomparso il prete, Adele insieme a Michele Gesualdi e ad altri studenti aiutò alcuni ragazzi a completare i loro studi, portando avanti l’eredità culturale del suo mentore. 45 anni dopo Adele pubblicò il libro “Non so se don Lorenzo” (Feltrinelli) nel quale traccia la storia del suo legame con Don Milani, un legame che lei stessa definisce “sconvolgente e problematico” e che ricostruisce affidandosi, con amore, ai suoi ricordi e usando uno stile sciolto, leggero e umoristico. La donna si concentra sull’esemplarità della vita di un uomo di Dio, che è diventato modello spirituale e pedagogico per tanti. Parla anche della sua vita, della sua professione di insegnante, portata avanti fino all’età di 67 anni, e del fatto di essere identica alla professoressa descritta da Don Milani nella sua famosa opera. Nello stesso libro Corradi condivide la sua visione della religione, in linea con quanto pensava il noto pedagogista. Per lei la religione è un “fatto personale e comunitario” e non privato perché deve necessariamente avere un risvolto pubblico. La scuola di Barbiana sorta nel 1954 è esempio di Chiesa in uscita, che guarda e agisce nella società. Nel 2023, in occasione dei cento anni dalla nascita di Don Milani, Adele Corradi insieme a José Luis Corzo e a Federico Ruozzi curò la pubblicazione di “Duecento lettere” (Edb editore), accuratamente selezionate tra le oltre mille scritte da Don Milani. Questo contributo editoriale è stato un ulteriore tentativo di Adele di riaccostarsi alla figura del sacerdote, presentandolo come uomo autentico, più padre che maestro, capace di trasformare la scuola in un ambiente domestico, a tratti ironico, scherzoso e, perché no, spesso dissenziente e poco confidente. Adele, poco prima di spegnersi, ha chiesto di essere seppellita a Barbiana, luogo che ha scavato un solco nella sua vita e ha dato tanto alla sua professione, ed è lì che ora riposerà per sempre. La sua morte è una perdita enorme perché con lei va via una giusta testimone dell’esperienza milaniana, che andava alla ricerca sempre del buono e del bello in tutte le sue giornate, tenendo stampato sul volto un sorriso radioso. Mons. Gherardo Gambelli, arcivescovo di Firenze, l’ha ricordata con queste parole il giorno delle esequie: “Adele Corradi arriva a Barbiana da un altro mondo, quello di un privilegio sociale non diverso da quello del Priore. Ma lo farà diventare il suo mondo, a cui è stata legata per tutto il resto della sua vita. Il suo contributo alla Scuola è stato soprattutto la sua umanità, la premura, l’attenzione”.