Torna a Gubbio la Madonna del Melograno

Il dipinto del quattrocento, rubato negli anni settanta, è stato ritrovato dopo anni di ricerche

Il quadro La Madonna del Melograno è stato ritrovato e riportato a Gubbio, grazie all’intervento dei Carabinieri Tutela e Patrimonio Culturale. È stato ricollocato nella sua sede originaria all’interno della Pinacoteca di Palazzo dei Consoli in piazza Grande. Lo scorso 11 dicembre si è svolta la cerimonia di consegna che ha visto la presenza, tra gli altri, del sindaco di Gubbio, Vittorio Fiorucci, del vescovo di Gubbio, mons. Luciano Paolucci Bedini, e dei comandanti del Gruppo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Monza. Il dipinto, che presenta elementi di usura, era stato rubato tra il 18 e il 19 marzo del 1979 da alcuni malfattori, che erano penetrati di notte nella Pinacoteca della città umbra. Da allora il Comando dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale ha intrapreso varie indagini, finalizzate al ritrovamento della pregevole opera d’arte, divulgando perfino la notizia tramite i media. Il suo possessore, ignaro del valore storico del manufatto, contattò in seguito il Nucleo TPC di Bologna per avere maggiori delucidazioni sul valore dell’oggetto, che aveva ricevuto da un musulmano rispettoso delle reliquie raffiguranti la Vergine. Le forze dell’ordine registrarono la foto dell’effige mancante nella “Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, notando la perfetta corrispondenza tra l’immagine in loro possesso e l’originale rubato. Le investigazioni hanno appurato che il capolavoro venne nascosto, per un certo periodo di tempo, ad Imola, prima di essere ceduto al possessore che lo custodì in buona fede. Pochi giorni fa le autorità competenti l’hanno sequestrato e riconsegnato ai funzionari della Pinacoteca di Gubbio, che hanno effettuato un attento esame autoptico sulla tavola, convalidando la sua autenticità. La Madonna con Bambino e San Giovannino, nota anche con il nome di Madonna del Melograno (1460-1470) è stata dipinta dal Pier Francesco Fiorentino, pittore nato a Firenze nel 1444 e morto nel 1499. Ricevette la sua prima formazione artistica presso la bottega del padre Bartolomeo di Donato, per poi approfondire le sue competenze lavorando al fianco di Benozzo Gozzoli a San Gimignano e guardando, con molto interesse, all’arte e allo stile di Alesso Baldovinetti. Nel 1475 collaborò con il Ghirlandaio alla decorazione di una volta nella navata centrale del Duomo di San Gimignano. Pier Francesco Fiorentino doveva essere un pittore molto attivo nella Firenze della seconda metà del XV secolo, titolare di una bottega da cui uscivano copie di quadri devozionali, in particolare Madonne col Bambino e santi, ispirati principalmente ai pittori Filippo Lippi (1406-1469) e a Pesellino (1422-1457). L’imitazione costante di questi maestri convinse l’artista Creighton Gilbert, nel lontano 1988, ad anteporre al nome di Pier Francesco il prefisso “Pseudo”, per sottolineare l’attenzione che questi doveva avere per gli altri due maestri. La Madonna del Melograno si contraddistingue per la bellezza dei colori e per la meravigliosa espressione dei volti. Raffigura Maria col volto rivolto verso il basso e fisso su Gesù, in atteggiamento tipicamente adorante, attorniata da due angeli. La Vergine adorante è una tematica ripresa dalla letteratura mistica del XIV secolo, in particolare della “Rivelazioni” di Santa Brigida. È simbolo di protezione e cura, la madre di tutti capace di accogliere e unire la comunità. In basso a destra è visibile un melograno che, con i suoi chicchi racchiusi in un guscio protettivo, è metafora della cittadinanza di Gubbio, che si pone sotto il manto di Maria e valorizza le sue radici storiche. Le figure hanno fisionomie aguzze, le gote arrossate e gli occhi puntiformi, cerchiati da palpebre rigonfie. La composizione comunica una certa intimità che viene mutuata dalla pittura fiamminga coeva al maestro. Il disegno è contraddistinto da una naturale levigatezza e da un colorito chiaro e limpido, comprensibili dall’impiego di tenui colori a tempera riportati su vesti elegantemente lineari. In particolare il blu richiama la regalità di Gesù mentre il dorato è appropriato alla sua natura divina. Il quadro è stato attribuito per molto tempo a Filippo Lippi, di cui abbiamo detto che Pier Francesco fu diretto imitatore nonché discepolo, per la presenza di alcuni tratti tipici della sua arte: il ricorso ad una cornice classicheggiante, che conferisce una certa proporzionalità allo spazio nel quale si stagliano le figure, e la scelta di uno stile altrettanto classico nell’abbigliamento dei personaggi, che sono accompagnati da ornamenti aurei fantastici dal sapore fiammingo. L’atto di emulazione da parte di Fiorentino è giustificato per il fatto che egli conosceva molte opere di Lippi, tra cui l’Annunciazione del Bambino, un tempo sull’altare della cappella di Palazzo Medici e oggi alla Gemäldegalerie di Berlino, la Pala di Annalena agli Uffizi e l’Annunciazione della Galleria Doria Pamphili. Sono possibili anche influssi da parte di Pesellino, allievo e collaboratore di Lippi, frequentatore della bottega del Beato Angelico e noto per aver studiato pittura e tecnica della miniatura. Il ritorno dell’opera nella cittadina umbra è un faro di speranza cristiana, di rinascita, di fede e di unità per i suoi cittadini, che si apprestano a celebrare le festività dopo aver innalzato l’albero di Natale più grande al mondo. “La Madonna è cara a tutti, nelle tantissime forme con cui gli artisti l’hanno rappresentata. Il suo ritorno è come riabbracciare un pezzo della nostra casa, un gioiello di famiglia che torna al suo posto” ha detto mons. Bedini.