All’Archivio di Stato in mostra i giochi antichi

Il carretto, campana, la corsa coi sacchi. Poi la trottola, il gioco con le noci, il telefono con il filo e il cerchio. Sembra ancora di sentire il vocio di bambini. Si trascorrevano i pomeriggi insieme per le strade del paese che pullulavano di vita. Nessuno comprava nulla: i giochi, realizzati con materiali semplici come il legno e la stoffa, venivano fatti dagli artigiani del paese. L’atmosfera di quegli anni si è respirata sabato all’Archivio di Stato di Cosenza, dove è stata inaugurata la mostra ‘Eppur… si gioca’, un evento dedicato alla riscoperta e alla valorizzazione dei giochi della tradizione. La mostra è nata grazie alla collaborazione con l’associazione Accademia dei Giochi Tradizionali, presieduta da Pietro Turano, che riunisce soci accomunati dalla volontà di riscoprire i giochi del passato. “Un’occasione per rivalutare i giochi di ieri che, secondo me, sarebbe utile riproporle perché i bambini oggi giocano poco. L’avventura è iniziata 20 anni fa. Ho fondato l’Accademia dei giochi tradizionali insieme a un gruppo di persone, ho creato le basi culturali di questo progetto pubblicando l’enciclopedia dei giochi tradizionali. Per anni abbiamo proposto alla Villa vecchia di Cosenza le Olimpiadi che hanno coinvolto gli studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado che si sono cimentati in queste discipline.

Le Olimpiadi le abbiamo esportate anche in regioni come l’Emilia Romagna e la Lombardia dove ogni anno vado a presentarle nelle scuole. Scuole e comuni ci invitano per presentare e far conoscere i giochi. Quando andiamo è sempre una grande festa che coinvolge adulti e bambini”. A spiegarlo a Parola di vita è Pietro Turano. Qualche bambino conosce già questi giochi attraverso i racconti dei nonni, “però c’è sempre l’effetto novità. I bambini rimangono affascinati quando proponiamo qualcosa di nuovo. In questi 20 anni ho visitato tante scuole di tutta la regione per presentare i giochi. I bambini erano entusiasti dell’esperienza”. Inclusione, tradizione, socialità, però il gioco è fatto anche di regole: “Le regole sono una delle cose principali. I giochi per molti anni, nei secoli scorsi, sostituivano addirittura la scuola perché l’analfabetismo era dilagante. I bambini cominciavano ad avvicinarsi al mondo dei grandi proprio attraverso il gioco, imparavano a rispettare le regole; se un bambino non rispettava le regole, veniva espulso dal gioco. Rispettando le regole di gioco ci abituiamo a rispettare le regole anche da adulti”. Il gioco dà anche una grande lezione: imparare dalle sconfitte: “i bambini una volta erano più forti, forse perché già da piccoli si affacciavano a questo modo di giocare, cominciavano ad assaporare la sconfitta. I bambini oggi sono molto fragili emotivamente, faticano a reagire. In passato i bambini capivano che una sconfitta si può superare lottando, impegnandosi, cercando delle alternative”.

L’Archivio di Stato ha tirato fuori dai cassetti un corpus di documenti-tratti da alcuni Fondi dell’Archivio come Atti Notarili, Processi penali del Tribunale di Cosenza, Miscellanee di documenti storici demaniali, Prefettura- che offrono uno spaccato suggestivo del ruolo del gioco nella società del passato. “I documenti riguardano prevalentemente il gioco d’azzardo. Si parla di giochi tradizionali come la morra, la beneficiata, la zecchinetta, il gioco delle carte, tutti che si giocavano nelle botteghe. Dai fondi notarili apprendiamo che i processi penali riguardavano le persone che giocavano d’azzardo”, ha spiegato la direttrice Maria Spadafora. Così, da un atto del 1569 apprendiamo che il notaio Ottaviano Migliori, vittima del ‘maledetto gioco’ delle carte, oltre alla perdita de denaro ha rischiato anche ‘l’infamia et pericol di perdere la vita et l’honor’. Inaugurata sabato, la mostra sarà visitabile fino al 21 febbraio con i seguenti orari: dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13; lunedì e mercoledì dalle 15 alle 16:30.