La via del servizio
«Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti». Mc 10,45
Vangelo di Domenica 20 Ottobre 2024 (XXIX Domenica del Tempo Ordinario)
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10, 35-45)
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Commento al Vangelo a cura di Padre Francesco Patton (Custode di Terra Santa)
Questa domenica siamo invitati a comprendere la persona di Gesù a partire dalla categoria del servizio: la prima lettura ci presenta infatti il Servo del Signore che ci rende graditi a Dio attraverso la propria sofferenza; la seconda lettura ce lo fa contemplare come Figlio di Dio che svolge la funzione sacerdotale di mediatore tra Dio e gli uomini attraverso la condivisione del nostro essere uomini e particolarmente delle nostre sofferenze; nel vangelo lo stesso Gesù si auto descrive come Figlio dell’uomo che si fa servo e dona la sua vita per riscattare noi.
Sono tre quadri di un unico affresco e ci fanno cogliere in un colpo d’occhio perché Gesù Cristo è l’unico nostro salvatore: perché è contemporaneamente Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, perché ha in sé tutta la pienezza di vita, di grazia e di santità di Dio, ma ha anche assunto la nostra debolezza, la nostra povertà, la nostra mortalità. Ci fanno capire perché la vocazione e la missione di Gesù passano attraverso la passione e la croce: perché solo così può prendere su di sé e riscattare la nostra debolezza che noi non siamo in grado né di portare né tantomeno di riscattare: cioè il nostro essere deboli, peccatori, mortali. Ci fanno intuire perché Gesù è in grado di comprenderci e al tempo stesso di salvarci: perché come Figlio dell’uomo si è posto al nostro stesso livello e sotto il nostro livello, ci capisce dall’interno vivendo la nostra vita; ma come Figlio di Dio riempie la nostra stessa umanità della forza del suo Spirito, della grazia e della misericordia del Padre.
Questo nostro addentrarci nel cuore del mistero della redenzione non deve farci dimenticare l’occasione dalla quale scaturisce l’insegnamento di Gesù: lo scatenarsi dell’ambizione tra gli stessi apostoli. Gesù li aiuta a comprendere cosa vuol dire essere grandi nella prospettiva evangelica, significa servire e dare la vita: «Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10,45). Perciò, se vogliamo seguirlo, se vogliamo partecipare alla sua vocazione e alla sua missione, anche noi dobbiamo assumere questo stile di vita, fatto di servizio fino al dono di sé, di condivisione della sofferenza e dei limiti, fatto del rifiuto di una mentalità di potere all’interno della comunità cristiana. Servire significa dare la vita e dare la vita è il modo più sublime di servire.
Vien da chiedersi come potrebbero diventare le nostre famiglie, le nostre comunità religiose e quelle parrocchiali se tutti noi facessimo nostro questo stile evangelico? Come potrebbero diventare la nostra società e il nostro mondo se ai rapporti di forza e di interesse, generatori di violenza e di contese, di guerre e di morte, si sostituisse lo stile del servizio reciproco fino a donare la vita?
In una delle sue Ammonizioni, san Francesco ci ricorda: “Beato il servo il quale non si ritiene migliore, quando viene magnificato ed esaltato dagli uomini, di quando è ritenuto vile, semplice e spregevole, poiché quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non di più. Guai a quel religioso che dagli altri è posto in alto, e per sua volontà non vuole discendere. E beato quel servo che non viene posto in alto di sua volontà e sempre desidera stare sotto i piedi degli altri” (Amm XIX: FF 169).