«Sua madre ‘tesoreggiava’ tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2,41-52)

Commento al Vangelo di Domenica 29 Dicembre 2024 (Festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe) a cura di Suor Nicoletta Gatti (Missionaria in Ghana)
Le letture di questa domenica accostano due famiglie lontane nel tempo ma connesse nella stessa esperienza di Dio. La prima, formata dal Elkana, Anna e il piccolo Samuele abitava a Rama; la seconda composta da Giuseppe, Maria e il figlio adolescente Gesù, proveniva da Nazareth. Entrambe varcano la soglia del tempio per incontrare una Presenza che ascolta, consola, interroga e pone in cammino. Seguendo l’invito della liturgia, fissiamo lo sguardo sulla seconda famiglia mentre percorre le strade di Gerusalemme alla ricerca del figlio.
Notiamo prima di tutto che Luca conclude i racconti dell’infanzia proprio dove erano iniziati: nel tempio. Nello stesso luogo, inoltre, si chiuderà l’intero vangelo con l’immagine dei discepoli in preghiera (24,53). Ma perché Luca conduce e riconduce i propri personaggi, e noi con loro, nel tempio?
Il testo spiega che il tempio è il luogo dell’incontro con una Parola che stupisce (letteralmente, “conduce fuori di sé”), perché socchiude le porte del mistero e obbliga a riconoscere una Presenza altra: «Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (2,49). Lo stupore sperimentato dai dottori della legge (v. 47), raggiunge anche Maria e Giuseppe (v. 48) come avvolgerà in seguito le folle che seguiranno Gesù (4,32; 9,43). I genitori di Gesù avevano già sperimentato il medesimo stupore al momento della presentazione del figlio a Dio, ancora nel tempio (2,22-40). Nell’incontro con Simeone ed Anna avevano udito parole incomprensibile: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima – affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (2,34). “La spada” non indica soltanto il dolore vissuto da Maria sul calvario ma il quotidiano, difficile cammino del discepolo. Anche per Maria e Giuseppe, Gesù è un «segno di contraddizione» che svela i pensieri nascosti e chiama a scelte sempre più radicali. Ora, nuovamente nel tempio, Gesù rilancia la medesima sfida: invita ad abbracciare la logica del Padre uscendo dai perimetri ristretti dei propri pensieri e delle proprie sicurezze.
Affermando che i due genitori non compresero, Luca suggerisce che la famiglia di Nazareth, come ogni famiglia, si costruisce nell’accettazione del proprio limite: l’impossibilità di accedere al mistero dell’altro, l’altro-assoluto – Dio e l’altro-quotidiano – moglie/marito, figlio/ figlia, sorella/fratello. La risposta di Maria è “tesoreggiare” parole e fatti nel cuore lasciando che indichino il cammino e illuminino il passo successivo. Come al momento della nascita (2,19), Maria lascia che la Parola “abiti” in lei, sciolga ogni resistenza, liberi da ogni possesso, anche dalla preoccupazione per la vita di un figlio che non le appartiene. Intanto, insieme a Giuseppe, custodisce e guida con amore e responsabilità il figlio perchè cresca «in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (2,52).
Solo l’amore, infatti, permette la crescita perché non lega a sé ma si pone al servizio; non conquista ma accoglie; non vuole vincere a ogni costo ma si apre al dialogo. L’amore non pretende di capire ma “tesoreggia” l’altro nel cuore come dono prezioso, in attesa che la vita stessa ne riveli il mistero.
Chiediamoci allora: come guardo ‘l’altro’ che appartiene alla mia stessa famiglia? Come lascio che la sua presenza mi interroghi, sia un “segno di contraddizione”? Come generiamo insieme Cristo nel nostro quotidiano?