Diocesi
Uomini e donne di accoglienza e di speranza
Il resoconto del primo degli incontri organizzati da Ufficio Famiglia, Caritas e Migrantes. La catechesi di padre Pino Stancari
L’Ufficio per la Pastorale Familiare ha dato il via al cammino di formazione sull’accoglienza, organizzato in collaborazione con l’Ufficio Migrantes e la Caritas diocesana: “Dove sei? Dov’è tuo fratello?”, un percorso laboratoriale in tre tappe (25 gennaio, 15 marzo, 10 maggio) sotto la guida di formatori esperti come Maria Letizia Lombardi, Giuseppe Dardes e Ignazio Punzi dell’Impresa sociale “L’aratro e la stella”.
L’itinerario di formazione s’inserisce nel cammino giubilare proposto dall’Ufficio Famiglia dal titolo “Finché c’è Accoglienza, c’è Speranza!” che prevede una peregrinatio a misura di famiglia sui luoghi giubilari della nostra Diocesi e per il 23 febbraio 2025 il Giubileo diocesano dei Fidanzati e delle Famiglie.
Il primo incontro è stato con la Parola di Dio, commentata da padre Pino Stancari sj che ha accompagnato gli sposi nel Mistero dell’accoglienza, attraverso la lettura di alcuni capitoli del vangelo di Luca.
Dall’intreccio di sostantivi e verbi greci presenti nel testo lucano è emersa la volontà divina di fare del rifiuto subìto da Cristo lo spazio dell’accoglienza dell’intera umanità.
Tre le parole chiave della riflessione del gesuita: deporre (ἀνακλίνω), alloggio (κατάλυμα), alzare gli occhi (ἀναβλέπω ).
ll verbo greco usato per indicare l’azione compiuta da Maria che ‘depone’ il neonato Gesù nella mangiatoia (Lc 2,7) viene usato anche per significare l’imbandire una mensa, il mettere a proprio agio coloro che si dispongono a partecipare a un banchetto. Un verbo, dunque, che rinvia all’accoglienza e che si oppone al sostantivo presente nello stesso versetto, ‘alloggio’ – tradotto anche con ‘albergo’ – dove “non c’era posto” per Maria partoriente e Giuseppe.
Colpisce che lo stesso sostantivo usato per “alloggio” si ritrovi anche in Lc 22, 11 per indicare la ‘stanza’ dove Gesù insieme ai suoi discepoli celebrerà la pasqua ebraica: il luogo del rifiuto diviene, dunque, il cenacolo, sede per eccellenza dell’accoglienza: lì viene imbandita una mensa; lì Gesù istituisce l’eucarestia.
Il mistero di Dio, manifestato a noi attraverso la missione del Figlio, ha trasformato il rifiuto nel modo di accogliere la moltitudine umana: dove non c’era posto per Lui, Lui fa posto; dove Lui è rifiutato, Lui accoglie.
Gesù si rivela ancora una volta maestro di una sapienza rovesciata, Lui che nel rifiuto realizza il disegno del Padre.
Ma, innanzitutto, ci insegna che c’è uno spazio non circoscritto da pareti, dove noi tutti possiamo fare esperienza di accoglienza piena: il cuore infinito del Padre, verso cui Gesù alza gli occhi, come quando deve sfamare la folla (Lc 9,16) o come quando, trafiggendo con lo sguardo Zaccheo (Lc 19,5), attraversa e accoglie le contraddizioni umane. O, ancora, come quando, sulla strada per Emmaus, si fa compagno di strada di Cleopa e – probabilmente – di una donna, che non capiscono di avere di fronte Cristo: “i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo”. Gesù, infatti, è per loro uno straniero: “Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?” (Lc 24,18). La coppia non è in grado di scorgere Gesù e di fare accoglienza. Capita anche oggi: tutte le volte che il nostro sguardo è oscurato dal pregiudizio, dalla paura, dall’indifferenza. Crescere nell’accoglienza è possibile ed è un dovere per essere uomini e donne di Speranza.