Attualità
La piccola Miriam e il dovere di costruire ponti
Continuano a ritmi incessanti gli sbarchi sulle nostre coste. Una storia commuove, e solleva nuovi interrogativi.
L’ennesima tragedia in mare si è consumata lo scorso giovedì nelle acque a nord di Tripoli. Sabato dalla nave Dattilo, che ha tratto in salvo 717 migranti, è sbarcata a Palermo la piccola Miriam (ndr. nome di fantasia). In braccio ad un uomo della Sierra Leone, probabilmente suo connazionale, la bambina, in lacrime, è stata subito soccorsa e trasportata presso la chiesa Santo Curato d’Ars da padre Sergio Mattaliano, direttore della Caritas di Palermo. Considerata la drammatica situazione in cui versava la piccola, la task force dell’Asp e la Prefettura hanno velocizzato le procedure di accoglienza per lei e il suo accompagnatore. Questa è la sua storia. La storia di una bambina africana che ha attraversato il mare abbracciata al suo orsacchiotto, mentre la madre accarezzava il suo volto per tranquillizzarla durante la traversata. La mamma di Miriam e altre 12 persone, però, hanno perso la vita durante il semi-naufragio del gommone che le trasportava. L’ultimo viaggio insieme Miriam e la sua mamma lo hanno fatto sulla nave Dattilo che ha tratto in salvo la prima e che ha recuperato il corpo della seconda. Questa è la storia di una bambina salvata che, lontana da casa e senza la sua mamma, non abbraccia più il suo orsacchiotto, lo tiene per mano a penzoloni. Un particolare non irrilevante, un’immagine che rappresenta l’immane tragedia che sono chiamati a subire bambini provenienti da Ghana, Gambia, Senegal, Eritrea, Nigeria, Sierra Leone. Eppure nel buio dolore della perdita brilla una piccola luce. É quella dell’accoglienza che si sperimenta nei tanti centri, anche diocesani, che si prodigano affinché chi arriva possa trovare un aiuto concreto. In mare aperto il passato può annegare e con esso l’identità ed ogni piccola o grande certezza sulla vita. Ma il mare aperto è anche il luogo in cui la linea che congiunge terra e cielo sembra più vicina. A questo orizzonte bisogna guardare affinché la speranza rimanga a galla come compagna di vita. É un dovere civile, è la carità cristiana più grande verso questi fratelli piccoli. Miriam tornerà ad abbracciare il suo orsacchiotto in Italia se “costruiamo ponti piuttosto che muri”, come ci ricorda Papa Francesco.