«… sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,5)

Commento al Vangelo di Domenica 09 Febbraio 2025 (V Domenica del Tempo Ordinario) a cura di Suor Nicoletta Gatti (Missionaria in Ghana)
Le letture di oggi ci conducono a riflettere sulla vocazione, sull’irruzione di Dio nella nostra vita. Il quadro maestoso della chiamata di Isaia introduce al contesto più umile nel quale avverrà l’incontro di Simone, Giacomo e Giovanni con Gesù. La visione del trono celeste lascerà il posto alle rive di un lago, e la gloria inesprimibile di Dio sarà nascosta dal volto umano di Gesù, ma le due narrazioni offre la stessa sequenza: incontro con il divino; reazione umana; invito a «non temere» e mandato missionario.
Il vangelo si apre con l’entrata in scena di uno dei protagonisti del racconto, la folla. Attirata dalla fama di Gesù si raduna per «ascoltare la parola di Dio» (5,1). La folla riconosce Gesù come il profeta mandato ad annunciare la parola definitiva, una parola che seminata nella storia ha un potere enorme di crescita e di trasformazione. Luca nota, tuttavia, come la presenza pressante/incombente della folla diviene un ostacolo alla proclamazione stessa. Alla ricerca di uno spazio che renda possibile l’annuncio, Gesù fissa lo sguardo su due barche ormeggiate presso la riva del lago e su alcuni pescatori che scesi a terra stanno lavando le proprie reti. Chiede allora la collaborazione di Simone per trasformare uno strumento di lavoro in un “pulpito” dal quale annunciare la parola ad una folla assetata.
«Quando ebbe finito di parlare» Gesù rivolge a Simone un comando che entra in conflitto con la sua esperienza di pescatore: hanno faticato tutta la notte invano, com’è possibile pescare di giorno quando le reti diventano visibili ai pesci? È una richiesta assurda, come testimonia la reazione di Simone. Eppure, egli aggiunge: «…sulla tua parola getterò le reti» (5,5). Simone decide di fidarsi della Parola. È come se affermasse, «Non credo ma mi fido perché sei tu», trasferendo in questo modo il comando della barca al profeta di Nazareth. Il risultato è sorprendente: la pesca è talmente abbondante che rischia di rompere le reti.
Simone comprende che si trova faccia a faccia con Dio e si sente perduto perché sperimenta la distanza tra il suo essere creatura e la santità di Dio. Eppure, questo Signore inavvicinabile e inesprimibile sceglie proprio Simone e i suoi compagni per essere la Sua presenza nella storia. Dio pronuncia su di loro il suo SI definitivo, il suo amen: ed è su questo SI di Dio che si fonda la vita e la missione stessa della chiesa.
Come Simon Pietro, ognuno di noi è chiamato a fidarsi della Parola, a seguirla, perché la salvezza possa raggiungere ogni creatura immersa nel mare della storia. La nostra realtà di peccatori non spaventa Gesù perché è venuto proprio a cercare ciò che era perduto (Lc 19,10). L’importante è ciò che accade «da ora in poi»: la rottura con il passato e l’adesione ad un cammino nuovo, segnato da un lasciare per aderire alla persona di Gesù. Luca sottolinea che il distacco è definitivo: «tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono» (5,11). Tutto indica ogni forma di sicurezza, quella proveniente dal lavoro (economica, posizione sociale) e quella derivante dai rapporti familiari (identità, coscienza di sé). I tre pescatori non calcolano: seguono l’intuizione dell’amore, perché soltanto chi è innamorato può compiere scelte totali e apparentemente irrazionali. Lasciano tutto ed iniziano a seguire Colui che, passo dopo passo, diventerà la loro casa, la loro vita e la loro identità.
Chiediamoci: mi ‘fido’ della Parola? Credo che l’ascolto sia un incontro che cambia la vita?