Davvero l’Islam è incompatibile con i diritti umani?

La religione di Maometto predica la parità tra l'uomo e la donna nati dallo stesso Dio

Sconvolgente e preoccupante è la recente approvazione della legge islamica per “promuovere la virtù e prevenire il vizio”, ratificata dal governo talebano in Afghanistan per limitare i diritti e la libertà di azione delle donne. Potremmo dire anche ingiusta, apertamente e violentemente contraria al riconoscimento dei diritti dell’uomo di cui le Nazioni Unite si fanno strenue sostenitrici. Da quando i talebani hanno ripreso il controllo di Kabul nel 2021, ripristinando il loro dominio sul paese dopo vent’anni di presenza occidentale, la crisi umanitaria si è aggravata, c’è stata una continua violazione dei diritti, l’accentuarsi dell’apartheid di genere e un vero e proprio stallo diplomatico. Il gruppo fondamentalista afghano non perde occasione per trasgredire il quadro normativo internazionale, nonostante le richieste avanzate dalla diplomazia euroatlantica di puntare su un governo inclusivo, contrassegnato da pari opportunità fra tutti gli individui e dalla lotta al terrorismo di matrice jihadista. A pagare le conseguenze di questo clima soffocante sono in particolare le donne, alle quali la nuova deplorevole normativa, costituita da 35 articoli, vieta di far sentire la loro voce in pubblico, gli proibisce di intrattenere amicizie con gli “infedeli” non musulmani e di pubblicare contenuti ostili alla Sharia, oltre ad obbligarle a sottomettersi agli uomini e a portare il velo. Queste sono solo alcune delle prescrizioni che devono rigorosamente osservare, pena il carcere o, nel peggiore dei casi, la morte.

Ma davvero l’Islam, come religione e filosofia, è contro le donne e contro i diritti umani?

Per capirlo bisogna osservare la condizione femminile prima e dopo l’arrivo del credo di Maometto. Nella società pre-islamica le donne non godevano di alcun diritto, neanche quello della vita, vivevano isolate, comandate a bacchetta dal padre, dal marito o dal tutore. La nascita di una bambina era considerata una disgrazia di cui liberarsi, seppellendo il corpo della nascitura ancora in vita. La società negava qualsiasi protezione alle appartenenti al gentil sesso, adducendo come pretesto la debolezza fisica che rendeva la donna – in base alla mentalità delle antiche tribù beduine – incapace di fornire un aiuto pari a quello maschile per la ricerca di acqua e bestiame. La femmina era vista come una via di mezzo tra un animale e un essere umano. Con il fiorire della religione musulmana nel VII secolo d.C. c’è stato un grande cambiamento riguardo alla condizione delle donne. A loro fu riconosciuto il diritto alla vita e, pian piano, iniziarono ad acquisire privilegi mai avuti prima. Potevano svolgere le faccende domestiche, cavalcare cammelli e cavalli, ma anche ricercare la conoscenza, studiare, insegnare e scegliersi il marito. Il grande sapiente vissuto nell’VIII secolo, l’imam al Shāfi, andò addirittura a studiare da una donna di nome Rafisa. L’Islam, quindi, ha liberato le donne dall’oscurantismo, riconoscendogli la stessa dignità dell’altro sesso e la possibilità di condividere lo stesso carico di lavoro e di responsabilità. Il profeta Maometto diceva che “le donne sono i fratelli degli uomini“. Il Corano e i Detti del Profeta Maometto vanno assolutamente contro l’idea di costringere qualcuno a sposare qualcun altro, sostengono la necessità di un rapporto sessuale consenziente e l’obbligo dell’uomo di aiutare la donna nei lavori di casa. Nell’Islam, come nel Cristianesimo, l’uomo e la donna sono entrambi creati da Dio-Allah, ed i generi maschile e femminile hanno un’origine comune. Ciò vuol dire che è infondata l’idea della superiorità del maschio sulla donna. I due esseri umani sono uguali dinnanzi al divino e sono tenuti a perseguire il bene. Maometto predicò e praticò apertamente la priorità assoluta tra donne e uomini come principio cardine della vera spiritualità. Varie disposizioni (sure) contenute nel libro sacro dei musulmani esortano il maschio a trattare gentilmente la donna (Sura IV an-Nisa sulle donne: “Comportatevi verso di loro convenientemente. Se provate avversione nei loro confronti, può darsi che abbiate avversione per qualcosa in cui Allah ha riposto un grande bene“)Durante la civiltà islamica le donne si sono contraddistinte anche per le loro conoscenze scientifiche e letterarie, offrendo contenuti culturali di grande importanza. E poi la questione del velo. Viene indossato per due motivi: come segno di rispetto verso Dio e per mantenere il pudore e la modestia. È un’indicazione che vale per entrambi i sessi, nonostante ci sia sempre stata una certa pressione sociale verso la sessualità della donna che va preservata. Il velo è un mezzo di difesa ma è anche frutto di un percorso consapevole, che non può essere imposto. La scelta di vestirlo parte da dentro e da una condizione interna, per cui non ci deve essere alcun obbligo esterno. Morto il profeta, la donna è andata incontro ad un progressivo deteriorarsi della sua condizione, sia sul versante familiare che su quello socio-politico, per via di un accentuato maschilismo che ha adombrato la società, soggiogandola alla logica del più forte, e per un irrobustimento del modello patriarcale. Come sostiene la scrittrice e sociologa marocchina Fatima Mernissi, riflettendo sui risvolti della religione islamica a ridosso del XXI secolo, “se è vero che tutte le religioni monoteiste vivono il conflitto tra il divino e il femminile, nessuna però si è spinta tanto lontano quanto l’Islam, che ha optato per l’occultamento del secondo, almeno simbolicamente”. La società attuale secolarizzata ha portato a snaturare l’Islam che, originariamente, è nato come fenomeno educativo e poi aggregativo e politico. L’emancipazione richiede la consapevolezza di quelli che sono i veri principi dell’Islam. La donna potrà elevarsi ed emergere a livello sociale e politico, non assumendo i modelli occidentali – che è la tendenza maggiormente perseguita e puntualmente disattesa – ma rendendosi cosciente del fatto che è proprio la sua religione, di cui il Corano si fa autentico testimone, che vuole il suo bene e la sua libertà. L’ostruzionismo imposto dai talebani si può abbattere puntando sulla vera formazione a quella che è la ricca tradizione musulmana, che non vuole separazione tra uomini e donne ma unione, non vuole prevaricazioni ma pari diritti e dignità.  

Si suggerisce la lettura di questi volumi per approfondire questa tematica storico-culturale di estrema delicatezza e attualità:

  • Giovanni Filoramo (2007), L’Islam, Editore Laterza

  • Fatima Naseef (2005), La donna nella luce dell’Islam, Al Hikma

  • Samir Khalil (2011), Islam e Occidente. Le sfide della coabitazione, Lindau