Giustizia tardiva, ora è tempo di verità anche per le Brigate Rosse

La stagione del terrorismo rosso, così come di quello nero, rappresenta un nervo ancora scoperto per il  nostro Paese che ha sacrificato sull’altare della follia brigatista alcuni dei suoi migliori cittadini e servitori

Un acceso dibattito ha suscitato l’arresto di sette brigatisti rossi avvenuto la scorsa settimana in Francia, dove grazie alla protezione del governo transalpino hanno potuto vivere in libertà per quasi cinquant’anni dal verificarsi dei gravi delitti per cui sono stati condannati in Italia. La stagione del terrorismo rosso, così come di quello nero, rappresenta un nervo ancora scoperto per il  nostro Paese che ha sacrificato sull’altare della follia brigatista alcuni dei suoi migliori cittadini e servitori, non riuscendo a volte, peraltro, neanche a scoprire gli assassini e le ragioni di chi ha scelto la strada della violenza per condurre una battaglia politica perdente. Dopo gli arresti in Francia, si apre ora un iter giudiziario che tra circa tre anni forse porterà all’estradizione in Italia dei condannati. A quel punto si apriranno le porte del carcere per i terroristi arrestati, alcuni ormai vecchi e malati? Dubito. E non c’è bisogno di scomodare il grande Cesaria Beccaria che nel suo “Dei delitti e delle pene” scriveva già qualche secolo fa che una giustizia tardiva è una giustizia negata. E non solo perché viene meno alla finalità punitiva che pure a ogni pena appartiene. Oggi mettere in galera dopo cinquant’anni persone che sono alle soglie della morte fa venire meno anche quella finalità rieducativa che la nostra Costituzione riconosce alla pena detentiva. Cioè si corre il rischio di vendicarsi, ma non di fare giustizia. In questi casi, però, la giustizia non può e non deve essere sganciata dalla verità. Ecco, forse è solo un’illusione, ma mi piacerebbe che i terroristi, dopo aver vissuto per decenni la propria vita in libertà, restituissero al proprio Paese e alle famiglie delle loro vittime quel pezzo di verità sulla propria attività oscura che ha segnato la storia del nostro Paese e inesorabilmente la vita familiare altrui. Fare chiarezza: questo può essere il vero modo con cui i vecchi brigatisti potranno veramente oggi pagare il proprio debito con la società. Perché una cosa è certa: devono a tutti noi la possibilità di capire cosa avvenne per decenni in questo Paese in cui al sangue delle vittime innocenti sono seguiti processi farsa, coperture più o meno nascoste da parte di alcuni poteri deviati dello Stato, accordi internazionali segreti che hanno fatto sì che in Italia la Storia la scrivessero “gli altri”. Chissà se questi terroristi ritroveranno in vecchiaia quel sussulto morale che possa oggi dare un senso anche alla propria vita che verrà ricordata altrimenti solo per il male fatto. Ce lo auguriamo.