Giubileo, il decentramento ha vinto

L’anno santo voluto dal Papa va nella direzione della conversione personale e dell'impegno verso coloro che si trovano in difficoltà, in quelle periferie dell’esistenza dove non deve mai mancare il messaggio di amore e di speranza che è proprio di ogni Giubileo.

La notizia è di quelle che non siamo abituati a leggere: diecimila Porte Sante aperte in questo Anno della misericordia. Oltre due milioni ottocento mila persone che le hanno attraversate in questi primi cento giorni di Giubileo. Diciamo subito che ogni confronto con l’appuntamento giubilare del Duemila, ed anche con i precedenti anni santi, non è possibile: Papa Francesco ha voluto che non ci fosse solo la Basilica di San Pietro ad avere il privilegio di accogliere i fedeli.

La parola chiave è stata “decentramento”:

Roma e la basilica vaticana restano sicuramente il punto focale di questo cammino di conversione, ma nelle diocesi di tutto il mondo è possibile, per volere del Vescovo di Roma, compiere lo stesso pellegrinaggio penitenziale. C’è chi storcerà un po’ il naso per questa decisione che non esclude San Pietro, ma non ne fa l’unico punto di riferimento. È nello stile di Francesco, si dirà, offrire strade nuove, prospettive innovative. Ma come non ricordare che proprio San Giovanni Paolo II in uno dei suoi primi viaggi internazionali, parlando con i giornalisti, sottolineava la novità del tempo: “Sono il parroco del mondo e non è pensabile che la parrocchia più lontana non possa vedere il suo parroco, almeno una volta”. Ecco allora che il viaggio diventa elemento chiave del magistero del Papa “venuto da un paese lontano”. L’origine, in un certo senso, la possiamo trovare in questo pellegrinare di Papa Wojtyla; ma per Francesco aver decentrato il cammino della misericordia, significa portare in tutti i luoghi del mondo l’invito a non restare indifferenti di fronte alle ferite, alle sofferenze che colpiscono donne, uomini e bambini.

Non è un caso che anticipando di otto giorni la data d’inizio del Giubileo, Papa Francesco abbia voluto essere nella capitale della Repubblica Centroafricana, a Bangui, per il primo momento dell’Anno santo: aprire la porta della cattedrale di quella nazione che ancora non conosce una tregua che permetta di vivere in pace: “una terra – dice Francesco – che soffre da diversi anni la guerra e l’odio, l’incomprensione, la mancanza di pace. Ma in questa terra sofferente ci sono anche tutti i Paesi che stanno passando attraverso la croce della guerra. Bangui diviene la capitale spirituale della preghiera per la misericordia del Padre. Tutti noi chiediamo pace, misericordia, riconciliazione, perdono, amore”. E c’è una seconda porta santa che, credo, stia particolarmente a cuore al Papa: quella del centro Caritas della stazione Termini a Roma. Una porta che segna l’ingresso in mondo di sofferenza e emarginazione; storie ferite dall’incomprensione e dall’indifferenza. Sono gli ultimi del Vangelo ai quali Francesco porta il suo abbraccio e la sua solidarietà.  Un ultimo tema, da mettere in risalto, la questione dei numeri. Non credo che per Francesco siano le cifre a fare la differenza.

E infatti il numero maggiore di presenze si è registrato nei giorni dedicati a Padre Pio e san Leopoldo Mandic, due pilastri della misericordia, ai quali migliaia di fedeli hanno voluto rendere omaggio in San Pietro. Facile prevedere che analoghe folle ci saranno il prossimo 4 settembre in occasione della canonizzazione della “piccola matita nelle mani di Dio”, Madre Teresa di Calcutta, che Papa Francesco proclamerà santa. La religiosa, famosa in tutto il mondo, fondatrice di numerose opere di carità, ha vissuto una vita di donazione all’altro, a cominciare dai poveri malati ed emarginati raccolti lungo le strade di Calcutta. Il primo a farle visita fu Papa Montini, che, nel suo viaggio in India, non volle mancare la tappa nella casa di accoglienza dei moribondi. A Madre Teresa Paolo VI donò la macchina utilizzata durante gli spostamenti. Qualche mese dopo ricevette in Vaticano una lettera della religiosa che, ringraziandolo, scriveva: “Ho venduto la macchina che mi ha donato, e ho comprato latte e riso per i miei bambini”.L’anno santo voluto da Papa Francesco va proprio in questa direzione: conversione personale e impegno verso coloro che si trovano in difficoltà, in quelle periferie dell’esistenza dove non deve mai mancare il messaggio di amore e di speranza che è proprio di ogni Giubileo.