Un percorso di fede e teatro nel Carcere minorile di Catanzaro

“Dalla pedagogia dei diritti all’educazione dell’anima”, il titolo del progetto. 

Difficilmente nel sistema giustizia italiano la pena tende alla effettiva rieducazione del reo, eppure in Calabria abbiamo esempi virtuosi che dimostrano come la detenzione possa diventare per la persona reclusa momento di crescita non solo umana ma anche spirituale. In particolare nell’’Istituto Penale per i Minorenni “Silvio Parternostro” di Catanzaro è stato realizzato un progetto di educazione alla fede, rivolto ai giovanissimi presenti nella struttura, dal quale è scaturito un cortometraggio molto interessante che verrà presto diffuso anche nelle scuole. “Dalla pedagogia dei diritti all’educazione dell’anima”: questo il titolo del progetto che si è svolto nei mesi scorsi, ideato e realizzato dall’avvocato Luca Muglia e dalla mediatrice Alessandra Mercantini, grazie alla collaborazione dell’IPM di Catanzaro e del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità. Il percorso suggerito, tratto dal libro “Educazione e fede: alle sorgenti dell’anima” (Edizioni Parva 2016), si rivolge ai ragazzi difficili e, più in generale, a coloro i quali vogliano sanare le loro ferite avvicinandosi a Dio. Il cortometraggio porta lo spettatore a percorrere il viaggio interiore compiuto dai giovani detenuti e ad ascoltare dalla loro voce l’esperienza di riscoperta di sé e della fede. Le diverse tappe di questo viaggio vengono presentate utilizzando spezzoni di film e slides. Dall’abbandono degli egoismi alla riscoperta delle virtù è stato possibile per i ragazzi individuare quei talenti che spesso giacevano sepolti sotto sensi di colpa o di inadeguatezza. Le testimonianze personali, che si susseguono nel video, evidenziano la ricerca di una direzione fatta di perdono e riconciliazione che porti a scrutare nuovi orizzonti di vita e di libertà. Il cortometraggio ha il grande merito di riuscire a mettere a nudo anche l’anima dello spettatore il quale viene chiamato così ad interfacciarsi con una realtà, troppo spesso nascosta, che non può e non deve essere dimenticata. Un’iniziativa da emulare in quanto ben rappresenta come l’educazione alla fede, incastonata nelle varie attività della pastorale, possa diventare pietra miliare di cambiamento e reinserimento sociale.