Editoriali
Prove di tripolarismo nascente
Il 5% in meno di votanti su base nazionale (62,14% rispetto al precedente 67,42%) non deve al momento preoccupare, anche perché si è votato nella sola giornata di domenica. Preoccupa, piuttosto, e deve indurre tutti a riflettere, il più marcato astensionismo nelle grandi città, mentre la provincia italiana profonda ha tenuto. Il voto amministrativo sembra accreditare il superamento classico del bipolarismo (centrodestra-centrosinistra) con la pretesa del Movimento Cinquestelle di scalare posizioni e di farsi competitor nazionale del Pd o del futuro Partito della Nazione.
L’Italia non è stata travolta da uno tsunami astensionista. E’ questo il primo dato politico che il voto amministrativo del 5 giugno 2016 restituisce a un Paese frastornato e preoccupato. Quel 5% in meno di votanti su base nazionale (62,14% rispetto al precedente 67,42%) non deve al momento preoccupare, anche perché si è votato nella sola giornata di domenica, mentre nelle precedenti Amministrative il voto si era protratto sino al lunedì. Preoccupa, piuttosto, e deve indurre tutti a riflettere, il più marcato astensionismo nelle grandi città, con Roma in controtendenza, mentre la provincia italiana profonda ha tenuto. E’ un segnale di malessere che va interpretato in uno con la complessità della gestione amministrativa di grandi città le cui dimensioni accentuano i disagi dei cittadini e in cui più forte si è manifestata l’inadeguatezza del personale politico e della sua proposta. Invece nell’Italia dei mille borghi e cittadine, gli italiani continuano a votare e a scegliere il proprio sindaco con maggiore convinzione e partecipazione. La dimensione di prossimità sembra premiare, mentre nelle grandi città tutto è distante. Sideralmente distante.
Il Palazzo municipale, pensate a una città enorme come Roma, è percepito come lontanissimo, se non addirittura ostile ai cittadini. I quali hanno due misuratori eccellenti per giudicare: le tasse locali (enormi) e i servizi pubblici (spesso scadenti). Perciò va detto, con un filo di cinismo e di realismo, che il voto nelle grandi città, sia pure stentato, è di per sé un piccolo miracolo di partecipazione. Una seconda considerazione generale ci riporta ad un esame più politologico di questo voto amministrativo: nelle grandi città (Roma, Milano, Torino, Bologna e Napoli), si va dappertutto al ballottaggio fra coalizioni di tipo diverso. Per chiarirci,
non si appalesa una conferma del bipolarismo classico (centrosinistra-centrodestra) e si afferma una sorta di tripolarismo spurio. In cui la parte del terzo incomodo la svolgono, a turno, i candidati sindaco dei Cinquestelle (gli unici a correre in solitaria) e altri candidati dal profilo civico. E’ il segno della nascita di un sistema tripolare, con i Cinquestelle seconda forza nazionale? E’ presto per dirlo. La prova del nove verrà dal turno di ballottaggio. Ma un dato politico emerge con chiarezza: in molti casi, sia i Cinquestelle sia le forze di centrodestra, saranno arbitri delle elezioni amministrative. Sempre che riescano ad orientare i propri elettori che, in un tempo di labili appartenenze e di sussulti populisti e rivendicativi sono difficilmente controllabili. Ma la nascita di un sistema tripolare potrebbe avere altre e più profonde conseguenze. Inevitabile appare per il premier e segretario del Pd, Matteo Renzi, rilanciare il suo progetto di Partito della Nazione. Sui tempi è difficile fare previsioni, ma la scelta di rompere con la sinistra tradizionale e anche con la sua sinistra interna, è un segnale chiarissimo. Inoltre, giorno dopo giorno si va rafforzando il suo asse con Denis Verdini e i suoi. Da mesi, ormai, i parlamentari di Ala votano in Parlamento in simbiosi con il Pd (per ultimo in occasione dell’approvazione della riforma costituzionale). Quando e come saranno assimilati alla maggioranza di governo e quando entreranno al governo non è dato sapere. Ma l’appuntamento referendario dell’autunno potrebbe avere come conseguenza immediata l’allestimento di una maggioranza parlamentare più ampia che sosterrebbe un nuovo governo per l’ultimo tratto della legislatura. Un tempo che vedrebbe i tre contraenti (Renzi, Alfano e Verdini) riproporsi come alleati in vista delle elezioni politiche, magari con alcune correzioni alla legge elettorale ritenute essenziali per la sopravvivenza degli alleati minori.
Altrettanto inevitabile appare un riassetto del centrodestra italiano, in cui il declino di Berlusconi sembra inarrestabile, mentre i progetti espansionistici di Salvini e della sua Lega appaiono a questo punto velleitari. Il mancato ballottaggio a Roma è una brusca frenata che dovrebbe indurlo a ripensamenti di coalizione. Ma la verità è che il centrodestra, a differenza del centrosinistra e dei Cinquestelle, non ha un leader indiscusso. Tutto il tempo che passa nell’attesa che si appalesi, è spazio politico guadagnato per i Cinquestelle che certamente vorranno provare a consacrarsi come secondo asse, dopo il Pd, del nascente tripolarismo.
E allora, ci chiederete, chi ha vinto? Impossibile dirlo… non solo perché bisogna aspettare l’esito dei ballottaggi che possono sempre riservare delle sorprese, ma soprattutto perché nessuno dei tre maggiori contendenti sembra avere un grande smalto. Non il centrodestra ancora in confusione, non il Movimento Cinquestelle aggrappato al voto rancoroso anti-sistema, non il centrosinistra con un Pd appannato e logorato dalle battaglie interne. Silvio Berlusconi, Beppe Grillo e Matteo Renzi? Non stanno per nulla sereni.