L’esempio tedesco e austriaco

Germania e Austria aprono le frontiere ai migranti. Non tutti i problemi sono risolti, ma cambia la prospettiva dell'accoglienza. Il ruolo della Chiesa.

La scelta dei governi federali della Germania e dell’Austria di aprire le frontiere all’arrivo dei profughi, coinvolgendo vari livelli della società civile e il volontariato nelle procedure di assistenza, è una svolta che segna una strada nuova nell’ambito delle regole e delle procedure che i Paesi dell’Unione europea potranno seguire in ambito migratorio. I due Paesi ora sono sotto gli occhi ammirati di buona parte d’Europa. E la Chiesa cattolica è in prima fila per l’accoglienza. La sospensione da parte della Germania delle norme dettate dal Trattato di Dublino che prevedono la conferma dello status di rifugiato e la presa in carico della domanda di asilo nel primo Paese che li accoglie, con la contemporanea conferma della previsione di oltre 800mila domande nel solo territorio tedesco per il 2015, mettono in crisi la linea dogmatica finora seguita su scala europea. Altrettanto si può dire della concertazione tra i governi e le Chiese, che in Germania e Austria sta dando frutti insperati. Sicuramente le scelte da parte dei due Paesi andranno misurate nel medio periodo: comunque si è di fronte a due Stati che hanno dimostrato come una buona organizzazione e una capacità di interventi che coniughino l’azione statale e l’appoggio delle istituzioni confessionali può portare a scelte come quelle che sono testimoniate in questi giorni, con le immagini della frontiera tra Austria e Ungheria o della stazione dei treni di Monaco di Baviera. Fede e accoglienza. “Essere ostili ai profughi ed essere cattolici sono due concetti che non vanno d’accordo”. Aveva detto il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco-Frisinga e presidente della Conferenza episcopale tedesca. E tra gli oltre mille volontari che dal 4 settembre si alternano nella stazione di Monaco di Baviera per dare accoglienza ai profughi stipati sui treni provenienti dall’Ungheria c’era anche il porporato con il vescovo protestante Heinrich Bedford-Strohm, presidente del Consiglio delle Chiese evangeliche di Germania. Non un gesto dimostrativo ma una reale partecipazione. Il loro lavoro li ha portati a parlare con agenti di polizia, paramedici, funzionari ferroviari e altri soccorritori: Marx ha elogiato la dedizione dei tanti volontari, ma anche il lavoro delle autorità a tutti i livelli. Una chiara risposta alle manifestazioni xenofobe delle settimane passate contro profughi siriani ed eritrei. Polizia di frontiera e orsacchiotti. Un ruolo fondamentale nella gestione dell’afflusso dei profughi nel sud della Germania lo sta giocando la Polizia di frontiera che in alcuni punti strategici, come il villaggio di Piding, sul confine austro-tedesco, ha messo in campo reparti preparati all’assistenza di persone traumatizzate dalla guerra. Monsignor Andreas Simbeck, cappellano della Polizia di Stato bavarese ribadisce che  “è un obbligo essere presenti, e la polizia non reagisce agli insulti di chi osteggia i profughi, sono pronti allo speciale carico emotivo che procura il confronto quotidiano con la sofferenza”. L’ispettore Johannes Reiter, di stanza a Piding, ha rivelato al Münchner Kirchennachrichten, quotidiano telematico della arcidiocesi di Monaco, che “quando i profughi attraversano il confine austro-tedesco, in furgoni senza finestre, sono stipati e schiacciati sino a terra, con la perdita dei sensi…”. Ma lo shock arriva quando si incrociano gli occhi dei bambini: e così il reparto della polizia di frontiera di Piding ha ricevuto una grosso quantitativo di orsetti di peluche per provare a dare ai bambini un primo sorriso. Un piatto caldo. La Caritas di Monaco di Baviera ha trasformato il proprio centro Pater Rupert Mayer, vicino alla stazione centrale, in una grande cucina per sfornare continuamente piatti caldi, panini, e per gestire lo stoccaggio dei generi di prima necessità da distribuire ai profughi in arrivo. Non una azione improvvisata ma una scelta organizzativa ben precisa con la copertura 24 ore su 24, grazie soprattutto ai turni continui di giovani studenti e famiglie che si sono messe a completa disposizione: “La Pater Rupert Mayer Haus – ha spiegato il direttore della Caritas locale, mons. Hans Lindenberger – è stata messa a disposizione per poter aiutare tutti volontari che si sono messi al lavoro per cucinare per i rifugiati”. Per mons. Lindemberger  “l’azione dei cittadini nell’accoglienza dei profughi nei pressi della stazione centrale è davvero impressionante. Dato che l’assalto dei profughi non è certamente in declino, il forte impegno della popolazione civile è anche quasi indispensabile”. Yvonne Möller, direttrice del Centro volontariato Caritas München Ost sottolinea come sia già iniziata la predisposizione del servizio di “adozione culturale” per “l’insegnamento del tedesco e il tutoraggio per le questioni amministrative e l’ambientamento sociale”, che va di pari passo con la colletta di abbigliamento e beni essenziali:  “È fantastico che la gente porti cose belle  e nuove, ma la cosa più  bella è quanto si ottiene di ritorno dai rifugiati che si sentono molto più motivati e sono grati per tutto ciò che ricevono”.