Le Comunità Energetiche Rinnovabili nel solco della Laudato Si’

Ampio servizio sulle colonne di Parola di Vita del 30 ottobre con l'intervista al direttore dell'Ufficio per i problemi sociali e del lavoro della CEI don Bruno Bignami, all'ingegnere calabrese esperto in CER Gianluca Vumbaca, e a Graziella Catozza, che guida il Movimento Laudato Si' calabrese. 

Parola di Vita del 30 ottobre 2024 ha dedicato un ampio focus sulle Comunità energetiche Rinnovabili (CER). Tre pagine, dalla 11 alla 13, dal tema: “Una strada solidale ed etica per la nostra Casa Comune”. 

Il messaggio che proviene dalle CER è chiaro: esse rispondono alle esigenze di solidarietà e sostenibilità sollecitate da papa Francesco nell’enciclica “Laudato Si'”. Attenzione posta all’impegno della Chiesa cattolica con la proposta del Tavolo Tecnico all’interno dell’ufficio per i Problemi sociali e il lavoro. Le Comunità sono una nuova forma di carità a servizio della collettività.

Che cos’é una CER? 

Si è svolta il 22 maggio 2024, presso la sede della CEI di Circonvallazione Aurelia 50 a Roma, la presentazione istituzionale del Vademecum per le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), preparato dal Tavolo Tecnico sulle Comunità Energetiche Rinnovabili della Segreteria Generale.

Per tale vademecum, “la Comunità Energetica Rinnovabile (CER) è una forma partecipativa volta a promuovere lo sviluppo, la produzione, il consumo e la condivisione di energia prodotta da fonti rinnovabili il cui principale obiettivo è quello di fornire benefici economici, sociali e ambientali al territorio in cui opera. Sebbene le CER per legge non possano avere finalità di lucro (per le imprese, questo significa che la partecipazione alle CER non può costituire l’attività commerciale principale), possono rappresentare un’occasione di risparmio economico per i membri”.

Importanti le indicazioni per le parrocchie che volessero aderire a una Comunità Energetica, nel solco dell’enciclica di papa Francesco sulla Casa Comune. “La CER – si legge ancora nel Vademecum – si costituisce come soggetto giuridico autonomo, dotato di un proprio statuto, e si basa sulla partecipazione aperta e volontaria dei suoi membri, che possono decidere di recedere e uscire in qualsiasi momento dalla configurazione”. Info e normativa su tavolo energia.chiesacattolica.it

Ma al Sud le CER non decollano

A dialogo con Graziella Catozza (Movimento Laudato Si’ Calabria)

Sul territorio regionale le comunità energetiche rinnovabili non decollano. Rimangono soprattutto legate a progettualità amministrative sparse, ma non ci sono iniziative diffuse. È quanto emerge da una chiacchierata con Graziella Catozza, presidente regionale calabrese del Movimento Laudato Si’, l’iniziativa internazionale nata all’indomani dell’enciclica di papa Francesco sulla cura della “casa comune” (24 maggio 2015). In Calabria, insomma, nonostante le buone intenzioni di tanti attori sociali coinvolti, non si è ancora varato lo switch culturale per operare con le nuove forme di energia rinnovabile. Anche le parrocchie potrebbero essere coinvolte, ma per ora – evidenzia Catozza – non c’è una risposta. Eppure, spiega, “le comunità energetiche non si riducono a una scelta tecnica, ma sono il frutto di un cammino spirituale e antropologico fatto insieme in questi anni come Chiesa in ascolto del territorio. Sono il sogno comune di una comunità che coopera e cammina insieme”. Cita l’esperienza virtuosa dell’Umbria, ma soprattutto evidenzia che “scegliere di investire sulle comunità Energetiche è un segno della conversione personale e sociale”, proprio sulla scorta dell’insegnamento del pontefice, “per ridare senso e alternativa in un quadro di economia integrale a una idea di ambiente che poneva in conflitto sviluppo e sostenibilità, crisi ambientale e crisi sociale, globale e locale”. Poi approfondisce, in senso tecnico, cosa comporti creare una comunità energetica. “Richiede competenze multidisciplinari. E per questo bisogna dotarsi di un gruppo operativo: un contenitore di capacità professionali che servono alla realizzazione di questi progetti perché non basta essere bravi progettisti e bravi installatori – come quando si proponevano impianti fotovoltaici ai singoli, alla casa, al capannone, all’industria – ma occorre una serie di altre capacità: il legale per fare i contratti tra produttori e consumatori, un commercialista e, se vogliamo, anche un giurista che identifichi la forma giuridica da scegliere”. Verrebbe da asserire: in Calabria non mancano competenze e capacità, non è neanche una questione di risorse. Forse manca proprio la “conversione ecologica”.

Passi essenziali per la costituzione di una CER

Il primo passo da fare è la costituzione di un’entità legale tra i futuri soci della comunità. Dal momento che lo scopo di una comunità energetica non è il profitto, le forme più comunemente utilizzate per ragioni di praticità/convenienza sono quelle dell’associazione non riconosciuta o della cooperativa, ma non sono le uniche. Il passo successivo consiste nell’individuare l’area dove installare l’impianto (o gli impianti) di produzione, che dev’essere in prossimità dei consumatori. L’impianto non deve necessariamente essere di proprietà della comunità: può essere messo a disposizione da uno solo o più dei membri partecipanti o da un soggetto terzo (Comuni, enti pubblici). I partecipanti alla comunità energetica avranno un contatore intelligente che rileverà in tempo reale le informazioni di produzione, autoconsumo, cessione e prelievo dalla rete dell’energia. Successivamente la comunità può fare istanza al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) per ottenere gli incentivi previsti dalla legge. In alternativa l’energia in eccesso può venire immagazzinata in sistemi di accumulo e poi utilizzata quando le fonti rinnovabili non sono sufficienti o utilizzabili. 

Vumbaca: aderire a una CER conviene a tutti

L’ingegnere calabrese spiega i vantaggi di una comunità energetica anche per le parrocchie

Gianluca Vumbaca, ingegnere, originario di Locri, tra le altre cose si occupa di comunità energetiche. Lo abbiamo sentito.

Quanto sono sensibili alle nuove scelte ecologiche le comunità del sud?

Non conosco le dinamiche del nord ma dal mio punto di vista non c’è una differenza a livello culturale. Il cittadino meridionale comprende l’opportunità della condivisione dell’energia, anche perché, tra l’altro, è solo un vantaggio per chiunque, quindi secondo me non c’è una differenza a livello geografico.

Ci racconta la sua esperienza?

Io ho promosso una comunità energetica, e le prime iniziative che abbiamo portato avanti nel fare aderire alla comunità sono state ben accolte. È anche più semplice far aderire le persone, perché per loro non c’è alcun costo, c’è solo un’opportunità economica.

Vuol dire che aderire a una comunità energetica conviene?

Conviene ai produttori perché, oltre ai vantaggi soliti che loro hanno, quindi il risparmio in bolletta, la possibilità di vendere l’energia in eccesso, possono ricevere una quota parte della tariffa incentivante che arriva alla comunità energetica per effetto dell’energia che essi stessi mettono sulla rete. Per i produttori è l’opportunità di avere un ritorno economico maggiore dell’investimento che hanno fatto nell’autoprodurre l’energia da fonti rinnovabili. Anche per i consumatori è un’opportunità perché loro comunque qualcosa ricevono ogni anno gli incentivi per il fatto stesso che hanno condiviso la loro energia con i produttori all’interno della comunità. Quindi per i consumatori non c’è nessun tipo di costo a monte, ma semplicemente l’opportunità di ricevere qualcosa di anno in anno.

Anche perché c’è un ritorno sociale da favorire…

Le comunità energetiche devono destinare una parte della tariffa non solo ai produttori e ai consumatori, ma anche al cosiddetto bene comune, al territorio, con indubbi vantaggi a favore dell’ambiente, nonché delle persone più svantaggiate. La comunità energetica diventa una risorsa per aiutare il territorio in cui vivono.

Occorre una sensibilità etica quindi? Ma anche una formazione?

Personalmente, laddove mi rivolgo a enti che hanno a che fare con tante persone, metto sempre a disposizione il mio tempo per fare un momento d’incontro, una tavola rotonda tesa a spiegare più dettagliatamente l’opportunità delle comunità energetiche, così come faccio quando mi interfaccio con gli enti pubblici, i comuni. Questi hanno un bacino di utenti più ampio, che si può raggiungere più facilmente organizzando un incontro pubblico.

Da un punto di vista burocratico ci sono ostacoli oppure è una cosa fattibile?

No, non ci sono ostacoli, ma come tutte le cose vanno capite e sapute organizzare. Purtroppo in tanti casi ho incontrato, a mio dire, delle comunità energetiche per nulla etiche. Certamente il messaggio che bisogna dare a chi sta valutando di aderire è di scegliere con consapevolezza, perché non tutte le comunità energetiche sono uguali.

Quale consiglio per i cittadini?

I cittadini debbono sapere che, per quanto magari il proprio Comune, il proprio territorio, abbia deciso in maniera più formale, più ufficiale attraverso l’amministrazione comunale di aderire a una qualche comunità energetica, questo non vuol dire che non si possa partecipare a una comunità energetica diversa da quella proposta dall’amministrazione. Ciascuno è libero di condividere l’energia con la comunità energetica che ritiene più opportuna.

Don Bignami: l’impegno della CEI per le CER

Il direttore dell’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro spiega l’impegno della Chiesa sulle energie rinnovabili e il valore etico dell’adesione delle parrocchie

Don Bruno Bignami è direttore dell’ufficio per i problemi sociali e del lavoro della Conferenza episcopale italiana, al cui interno è costituito il Tavolo tecnico per le comunità energetiche. Lo abbiamo intervistato.

Come può essere definita in breve una comunità energetica e perché questo interessa le parrocchie?

La comunità energetica è una delle modalità con cui è possibile produrre energia, superando la dipendenza dall’energia fossile per andare verso l’energia rinnovabile. L’innovazione della comunità è data dal fatto che non c’è più un grande produttore di energia, ma è possibile oggi produrre l’energia stessa che si consuma. Questa è l’innovazione della comunità energetica. In tal modo la produzione di energia si colloca come iniziativa legata al bisogno di una comunità, di una parrocchia, di un ente, di un’associazione, di un comune e anche di una famiglia. L’opportunità della comunità energetica è data dal fatto che ci si mette insieme.

Quale il compito del Tavolo tecnico e dell’Ufficio che lei guida?

Noi seguiamo, accompagniamo tutte le realtà che ce lo chiedono, facciamo formazione. È un mondo molto variegato che sta lievitando in questi mesi.

Parlava di corsi di formazione, quindi di accompagnamento. Si può dire che c’è una domanda, quindi che le comunità energetiche hanno mercato e pertanto che c’è una sensibilità sempre crescente?

La sensibilità è crescente, e nella Chiesa soprattutto è legata a due fattori. Il primo è una scelta che è stata fatta durante la settimana sociale che vivemmo a Taranto, quando si decise di accompagnare la nascita di comunità energetiche nelle parrocchie e nelle diocesi, anche come opportunità di scelta e di coerenza nei confronti della Laudato Si’. L’altro elemento è la necessità oggi di abitare questa stagione con il cambio di paradigma di un’energia rinnovabile, così anche facendosi vicino alle nuove forme di povertà, tra cui in particolare la povertà energetica. Come ci dicono i dati di Caritas, infatti, questa rappresenta una delle forme di povertà più in aumento negli ultimi anni.

Le diocesi stanno rispondendo?

La scelta di diversi diocesi, anche di diverse parrocchie, di andare verso questa forma di produzione e consumo energetici, permette in qualche modo di rispondere a tutte queste esigenze. In tal senso, si comprende quanto è importante accompagnare queste fasi, a partire da una formazione a più livelli, anzitutto di tipo motivazionale, cioè di senso, proprio alla luce della Laudato Si’. La seconda ragione dell’opportunità della formazione è legata alle caratteristiche più tecniche delle comunità, e qui operiamo in sinergia con l’ufficio giuridico e l’economato, che mettono in campo idee e competenze per accompagnare le comunità.

Possiamo dire dunque che è un’interazione fra competenze diverse?

Noi abbiamo messo insieme di fatto sei uffici. C’è un’interazione fortissima tra l’ufficio per i problemi sociali, l’ufficio giuridico, l’economato, la Caritas, l’ufficio beni culturali, perché ovviamente non dappertutto è possibile mettere dei pannelli o delle pale eoliche, e poi anche l’ufficio della salute. Quest’ultimo, ad esempio, è stato abbastanza coinvolto nella scelta soprattutto delle strutture di case sanitarie o cliniche che fanno riferimento alla Chiesa Cattolica così da cercare di aiutare a capire come renderle sostenibili anche dal punto di vista energetico. Quella delle comunità energetiche è un esempio di pastorale integrata.

Ha riscontrato differenze tra nord e sud del Paese rispetto a queste esigenze di comunità energetica?

C’è una maggior richiesta di accompagnamento al nord, questo lo verifichiamo, però c’è curiosità e attenzione anche in diverse realtà del sud. Finora abbiamo riscontrato una maggiore organizzazione e determinazione al nord probabilmente anche perché ci sono contesti diversi, e ci si è subito raccordati. Si consideri pure che ci sono maggiori aiuti dal settore pubblico. Ad esempio, alcune fondazioni comunitarie, oppure alcune regioni del nord hanno messo a disposizione fondi e bandi per la parte progettuale.