Reportage. La Basilica del Santo a Padova

Visita alla basilica di Sant'Antonio nella città patavina. Tra le reliquie e la tomba del Santo, un luogo di spiritualità raggiunto quotidianamente da migliaia di fedeli.

La strada che conduce alla Basilica di Sant’Antonio è silenziosa. Quando l’attraversiamo, sono pochi i turisti che la frequentano, anche seppi, arrivati alla grande chiesa, sono in tanti a far la fila per le reliquie del santo di Lisbona. I frati minori convenutali custodiscono una fede incorrotta, che tutti i giorni dell’anno si rende manifesta nelle centinaia di confessioni giornaliere e nella preghiera al santo dei miracoli, la devozione verso il quale davvero non ha confini. 

La basilica accoglie le spoglie del “caro Sant’Antonio”, come recitano alcune delle preghiere che i pellegrini, in ginocchio davanti alla sua tomba, recitano, immaginette alla mano. La maestosità del tempio, ricco di bellezza artistiche, non intaccano la bellezza e la semplicità del giovane Sant’Antonio, che in vita (1195 – 1231) fu insigne predicatore del Vangelo e protettore dei poveri e dei sofferenti. Un santo “buon samaritano”, che oggi è pregato e venerato come uomo dei miracoli e dei più grandi miracoli. 

Così, la penitenzieria e la presenza dei frati, diventano l’occasione, per l’intercessione di Sant’Antonio, per ritrovare le cose perdute, anzi la fede, grande dono spirituale di Dio. Un dono che si fa visibile nella bellezza del creato che sembra enclave all’interno della vasta area conventuale. I chiostri che fanno da corona all’aula liturgica riconsegnano ai credenti il verde della natura e il silenzio del cuore.

Era il 1233 quando iniziarono i lavori dell’attuale basilica del Santo. Un anno prima Gregorio IX aveva impegnato l’infallibilità della Chiesa per elevare agli onori degli altari il frate. I lavori si protrassero fino al 1310. Da allora Padova è legata fortemente a Sant’Antonio, le cui immagini e simulacri adornano il centro storico patavino, quasi a ribadire una devozione viva da sempre e che oggi richiama nella città veneta centinaia di pellegrini dall’Italia e dal mondo.  

A colpire, fra le altre cose, oltre all’Arca del Santo, anche le sue reliquie. Da sinistra, seguendo il percorso dei visitatori, si trova la cassa di legno che ha “ospitato” il corpo di Sant’Antonio, il drappo che lo ha avvolto, e poi i resti del suo corpo. Anzitutto, la mascella con l’arcata dentaria, poi la lingua. Una lingua che sapeva benedire, quella di Antonio, e che ancora oggi si fa testimonio della vita di carità e di fede del Santo. E’ proprio a questo punto che i fedeli si soffermano, e lo faranno qualche istante dopo, in ginocchio, davanti ai pezzi lacerati della tonaca. Lo zelo con cui i frati hanno conservato la veste monacale di Sant’Antonio proietta il visitatore in un’altra dimensione, quella di 700 anni fa, di cui colpisce la semplicità del vestiario del Santo, indice di una vita ancor più semplice. 

Nella sala, anche alcune reliquie di altri Santi, fra cui i martiri del Perù, frati che offrirono la vita per la loro fede, venendo barbaramente uccisi in odio a essa. La Chiesa si regge sul sangue, su quello di Cristo e su quello dei martiri, testimoni privilegiati dell’amore di Dio, vere e proprie colonne. Come quelle che reggono la chiesa, come la Vergine, che accoglie all’ingresso del tempio i fedeli e che, guarda caso, ha il nome di Madonna del Pilastro.